Come Garibaldi che, al grido di qui si fa l’Italia o si muore!, seppe riunire il Paese in un unico Stato, così Mario Monti, appena eletto Presidente del Consiglio dei Ministri, proclamò che, se non veniva approvata la sua manovra, l’Italia sarebbe sprofondata in default, trascinandosi dietro l’Europa e l’Euro.
A molti sembrò un ricatto (o fate quello che dico io o finiamo tutti nella m…a), ma destra, centro e sinistra, composti ormai da poveri disgraziati umiliati, politicanti da strapazzo che non hanno saputo fare altro, da 50 anni a questa parte, che fare i loro interessi (qualcuno anche sporchi) e portare alla rovina l’Italia, sono stati “costretti” a dare la loro disponibilità, ma a denti molto stretti.
Non ha ceduto la Lega, che ha capito che, se fosse stata
accondiscendente, sarebbe sparita nei meandri di un vortice politico senza uscita. Così facendo, invece, ha conservato la propria identità e si è dedicata a quella pagliacciata che da sempre la tiene in vita (alimentata con gli stipendi di Roma Ladrona), cioè alla richiesta di secessione, continuando a lavare il cervello di quei poveri pochi illusi che ancora seguono Bossi.
E così è nata la manovra “Salva-Italia”, che non è altro che una ricetta dove è prescritta una terapia con dosi da cavallo per un malato in fase terminale. E’ nata con le lacrime del Ministro del Lavoro Elsa Maria Fornero, e questo la dice lunga. Una manovra “lacrime e sangue”, con tante tasse (l’Italia era già la più tartassata delle nazioni europee) e pochi tagli alla spesa, con tante mani nelle tasche degli italiani e poche misure per lo sviluppo economico.
A parte l’enorme dimensione della stangata, non c’è nulla di veramente innovativo in questa manovra rispetto alle precedenti. L’unica cosa fatta per lo sviluppo è quella degli sgravi fiscali per l’occupazione e le imprese, ma finisce lì.
Per i ricchi non sono previsti grandi sacrifici, come poteva essere la patrimoniale, ma in compenso aumenteranno un pò le tasse su barche, aerei, elicotteri, auto di grossa cilindrata e l’una tantum dell’1,50% per i capitali “scudati”. E, soprattutto, non c’è quello che tutti si aspettavano: i tagli ai costi della politica. Solo un ridimensionamento delle giunte provinciali e del taglio degli stipendi delle altre cariche. Poca roba. Però è un inizio, nessuno dei suoi predecessori lo aveva mai fatto. Ma non è il taglio delle province dai più auspicato.
Aumento dell’Iva, intervento sulle pensioni, reintroduzione dell’Ici e aumento delle accise sui carburanti sono sacrifici richiesti ai solti noti, ai ceti medio-bassi, a chi non arriva a fine mese con pensioni e stipendi da fame. Pochi sono i tagli alla spesa e soprattutto niente o quasi i tagli ai privilegi della casta politica. Sono interventi che non sanano i conti, perchè deprimono l’economia, non servono per la crescita, anzi, fanno andare in default i più deboli, cioè i lavoratori e le famiglie.
Insomma, poco si è fatto per i ricchi, per il resto si è tagliato parecchio.
E la lotta all’evasione fiscale? Solo il tracciamento dei pagamenti sopra i mille euro. Anche qui grossa delusione. E l’Ici per la Chiesa? Niente!
Vedremo come andrà a finire.