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La maskirovka dello Zar (Parte I)

Creato il 19 dicembre 2014 da Zeroconsensus

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Dopo un lungo periodo di inattività, del quale zeroconsensus si scusa, riprendiamo oggi la compilazione di questo diario.

Senza dubbio in questo momento l’argomento cruciale è la tempesta valutaria che ha colpito la Federazione Russa in conseguenza al crollo delle quotazioni del barile di petrolio. Secondo la totalità degli analisti, sia economici che politici, la tempesta perfetta che ha colpito la Russia è una sorta di punizione inflitta dall’Occidente e dal suo paese leader per i comportamenti “non collaborativi” in relazione alla crisi ucraina e all’annessione della Crimea. Tale visione è accettata e avvalorata sia dai commentatori occidentali (e filo occidentali), sia dai pochi commentatori filorussi occidentali, sia dallo stesso Putin che ieri durante la conferenza stampa di fine anno con la stampa internazionale ha detto che il doppio crollo petrolio-rublo è legato al rifiuto della Russia di essere “vassalla” (testuale) dell’Occidente.

Se andiamo a valutare gli effetti reali di questa guerra economica scatenata contro la Russia però ci accorgiamo che non tutto quadra. Andiamo a verificare le conseguenze sulla Russia e sull’Occidente.

Conseguenze sulla Russia:

1) Sul bilancio statale della Federazione Russa il doppio crollo Petrolio-Rublo ha addirittura effetti positivi: l’agenzia Bloomberg ci informa che il crollo delle entrate statali derivanti dalla vendita del petrolio sono ampliamente compensate dal crollo del Rublo, questo grazie al fatto che il cambio è sfavorevole ma il petrolio russo viene pagato in dollari ipervalutati. Infatti vediamo che il saldo fiscale del bilancio statale nel mese di Novembre (dunque con l’attacco speculativo in corso) ha regalato un surplus di 1270 miliardi di rubli contro i 600 miliardi del Novembre del 2013. Dunque allo stato non è ipotizzabile nessun taglio al welfare state russo per sistemare il bilancio che anzi si è rafforzato;

2) Gli aumenti monstre del tasso ufficiale di sconto (ormai al 17%) hanno senza dubbio l’effetto di restringere gli investimenti soprattutto nel tessuto delle piccole imprese ma potrebbe esserci una compensazione dovuta allo sviluppo delle relazioni commerciali con la Cina. Per quanto riguarda l’onere del debito pubblico statale (per la verità abbastanza basso) invece è da notare che la Russia ha cancellato, nel 2014, ben 24 aste di propri titoli pubblici proprio grazie all’andamento dei conti pubblici.

3) Per quanto riguarda il rifinanziamento del debito delle grandi aziende strategiche colpite dalle sanzioni finanziarie occidentali (è fatto divieto alle banche europee e americane di concedere prestiti alle aziende russe per un tempo superiore ai 30 giorni) è da notare che queste possono attingere al Fondo sovrano statale (National Welfare Fund) che ha un patrimonio di circa 150 miliardi di dollari. Inoltre sono previste privatizzazioni parziali come quella del colosso petrolifero Rusneft (lo stato passerebbe da circa il 68% delle azioni al 51%) per attrarre capitali stranieri, verosimilmente cinesi. In generale credo si possa azzardare come la situazione sia tutt’altro che fuori controllo.

4) Sicuramente visti gli attuali tassi di cambio dollaro-rublo alla nascente classe media russa saranno preclusi i beni di alta gamma occidentali. Questo potrebbe creare in prospettiva del malcontento ma vista l’enorme popolarità di Putin è veramente difficile ipotizzare una rivoluzione nel nome dell’Ipod.

Conseguenze sull’occidente:

a) Per quanto riguarda gli USA le conseguenze dirette possiamo azzardare che saranno veramente modeste: l’interscambio tra le due nazioni (fonte: dogane russe) è molto basso ed equivalente a soli 22,3 miliardi di dollari nei primi nove mesi del 2014. Nulla che abbia, manco lontanamente, rilevanza sistemica dunque.

b) In relazione all’interscambio commerciale tra Unione Europea e Federazione Russa la situazione è ben diversa. Innanzitutto l’interscambio è di proporzioni enormi: le Dogane Russe ci informano che esso equivale a 293 miliardi di dollari nei primi nove mesi del 2014 e in diminuzione del 4,5% rispetto allo stesso periodo del 2013 (si noti che le sanzioni anti russe a settembre erano già entrate in vigore). Giusto a titolo esemplificativo solo l’Italia, da quando sono iniziate le sanzioni, ha perso fino ad Ottobre circa 3,2 miliardi di euro di esportazioni. Una cifra enorme anche in considerazione allo stato comatoso dell’economia italiana. Non migliore è comunque la situazione degli altri paesi europei, Germania compresa.

c) Dal punto di vista finanziario le conseguenze potrebbero essere molto gravi  L’agenzia di rating S&P proprio oggi all’atto del declassamento del sistema bancario italiano ad un passo dal livello “spazzatura” ha sottolineato come la crisi del rublo colpirà i sistemi bancari dell’Italia, della Francia e dell’Austria fortemente esposti in Russia.

d) Il prezzo del petrolio particolarmente basso andrà a colpire l’industria del fracking oil americana e il sistema finanziario fortemente esposto con questa industria (non è difficile però ipotizzare qualche forma di “compensazione” dalla FED). In maniera ancora più potente, secondo gli esperti, i prezzi bassi andranno a colpire la Gran Bretagna che vede totalmente spiazzato il petrolio del Mare del Nord che ha dei costi di estrazione molto alti.

Insomma andando a valutare (nel limite delle capacità di zeroconsensus) assistiamo ad una ben strana situazione: la guerra economica scatenata dall’Occidente per punire la Russia va a colpire, probabilmente, in maniera più forte l’attaccante rispetto a chi dovrebbe essere la “vittima sacrificale”.

L’analisi di questa strana guerra economica ha spinto zeroconsensus a indagare un po’ più approfonditamente la genesi del crollo del barile, non accontentandosi della narrazione totalitaria (paradossalmente sia gli “obamiani” che i “putiniani” convergono) secondo la quale sono stati gli USA a costringere i propri alleati di ferro sauditi a far crollare il prezzo per punire l’insubordinato Putin.  Invece secondo gli esperti le cose sono andate diversamente: alla riunione dell’OPEC del 27 Novembre a Vienna i sauditi erano disposti a tagliare la produzione per evitare il crollo dei prezzi ma – ragionevolmente – volevano che anche i russi tagliassero la loro produzione. I russi non hanno accettato questa condizione. Fossero andate così le cose la responsabilità del crollo del prezzo del petrolio sarebbe totalmente imputabile alla volontà dei russi. E dunque sarebbe anche spiegato lo strano fenomeno di questo doppio crollo (rublo-petrolio) che va a colpire in maniera più forte l’Occidente che la Russia.

Vista sotto questa luce, la guerra economica dell’Occidente contro la Russia assume un aspetto totalmente diverso e appare come una guerra economica della Russia contro l’Occidente. Una situazione che solo per chi non conosce la storia può apparire impossibile. La storia della grande diplomazia e dell’arte militare  russa è costellata di “maskirovke” e di inganni contro il nemico. Basti pensare a Napoleone che fu fatto avanzare fino a Mosca (che i russi bruciarono) facendogli credere di avere la vittoria in tasca per poi – una volta sfiancato – travolgerlo con la cavalleria cosacca.

Infine, va comunque sottolineato che l’Occidente – al di là di chi ha scatenato la guerra economica – non è esente da colpe, anzi, è assolutamente responsabile dell’ira dell’orso russo avendolo umiliato per un intero decennio (l’era Yeltcin) e avendo addirittura appoggiato i fanatici sanguinari islamici che hanno insanguinato il Caucaso. La dirigenza occidentale rischia di essere travolta dal caos da essa stessa generato per tronfia arroganza e per ignoranza della storia: ci sono cento modi per far uscire l’orso russo dalla tana, non ce n’è nessuno per farlo rientrare.


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