La memoria imperfetta

Da Girolamo Monaco

La memoria imperfetta
1.
Io non ero ancora nato il sei agosto del
1945, e mio padre, appena quindicenne, ignaro di Germania e Giappone, si
trovava già uomo a ricostruire casa e famiglia, e mia madre appena signorina
sognava, tra travi e macerie, i piccoli giochi di ogni signorina.

Nessuno è morto in guerra dei miei
parenti.

Qualcuno partito in fretta è tornato
dopo dieci anni dal Kenya.

Mio nonno sfollato in campagna allevava
porcellini d'India.

Per noi non ci fu mai gran rischio a
procurare farina e olio.

Non ci fu da lamentarsi neppure quando i
carri armati passarono sotto casa, perchè tutti erano convinti di dover
continuare, anche se avevano raso al suolo il quartiere di San Berillo e della
Chiesa di San Euplio non fosse rimasta neanche la piazza.

Mio padre aveva paura solo degli
aeroplani, quelli dal suono cupo, perchè non aveva mai visto un carro armato
sparare, e invece aveva udito il rombo dei quadrimotori e il sibilo delle bombe.

Mio padre a quindici anni aveva i
capelli bianchi ma era ancora alto una spanna.

2.
Il sei agosto, giorno di San Domenico, a
casa mia si festeggia il compleanno di mio nonno, e quel sei agosto, dopo tanti
anni, vennero a Catania anche parenti lontani a presentar fidanzate e recar
doni per i bimbi più piccoli.

Eravamo in cinquanta a mangiare la carne
dei porcellini con i dolci e i gelati.

Si restò senza paura fino a tardi, con
il vicino della fisarmonica, i ragazzi con il pallone di stoffa e le bambine
con le bambole di porcellana.

Io non c'ero, ma ne ho visti tanti di
giorni sereni come quello, con il caldo che scoppia nelle vene, il sole alto e
banale, l'allegria spontanea della gente che se la merita.

Ne ho visti tanti di tramonti sereni in
cui è inutile aggiungere parole e accendere la radio.

3.
Il sei agosto io non c'ero, e neanche
mio padre, mio nonno, gli americani allegri e spensierati.

Nessuno di noi.
Non lo so.
O forse tutti siamo stati fin troppo
presenti, così presenti da dimenticarci delle persone e confondere tra padre e
figlio, ed ignorare se si tratta di un incubo del passato o di una paura del
futuro.

Ad agosto il riso costava ancora pochi soldi e la stagione delle piogge aveva lasciato gioia e silenzio nell'aria.
Mio padre si era abituato alla sirena
dell'allarme.

Mio padre si divertiva a guardare suo
padre che lavorava con quella nuova gamba di legno, e mia nonna era contenta di
vedere suo marito invalido.

Era così da sempre, al mattino si
correva in giardino per rallegrarsi del sole, e della notte che era passata, e
le voci degli istruttori militari ricordavano a tutti che tutto continuava
tranquillamente per il meglio.


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