commento di Massimo PadoinSummary:
La metamorfosi del male – Avvocati e lupi mannari
Insolita uscita orrorifica nel periodo vicino a Natale per la distribuzione italiana, che generalmente predilige i mesi subito precedenti a dicembre per far uscire in sala pellicole horror, ma tant’è. Wer – La metamorfosi del male è un film che mescola elementi fantastici a un approccio, almeno intenzionalmente, realistico con personaggi alla ricerca di un punto di vista oggettivo agli eventi.
In un panorama orrorifico in cui abbonda la tendenza a mettere in scena possessioni di qualsiasi tipo, lo stesso regista di Wer William Brent Bell ne ha già avuto esperienza in L’altra faccia del diavolo un paio di anni fa, decidere di realizzare una pellicola dedicata al lupo mannaro sembra quasi andare in controtendenza. Si perché proprio di questo si parla ne La metamorfosi del male, della licantropia. Seppur siamo lontani dall’aura romantica che innervava L’uomo lupo di George Waggner con Lon Chaney Jr. targato 1941, ma anche dalla vena comica dark del cult Un lupo mannaro americano a Londra di John Landis oppure dal gotico di Wolfman, ultima incarnazione del mannaro in ordine di tempo, con Benicio del Toro e diretto da Joe Johnston.
Con Wer invece ci avviciniamo ai sussulti che la nostra mente si ritrova a compiere se messa di fronte all’incredibile, il tentativo di sfuggire dal fantastico per mantenere una visione reale delle cose diventa la vera idea drammatica di fondo, attraverso un percorso medico che va alla ricerca dei sintomi per spiegare il fenomeno. Ed è questo che spinge la giovane avvocatessa, difensore del gigantesco Gavin Flernying e accusato d’aver sterminato un’intera famigliola a mani nude, a cercare la via razionale per spiegare l’accaduto, nonostante una serie di tratti caratterizzino l’uomo come uno scherzo della natura, se non peggio.
L’ibridazione tra legal movie e horror era già stata messa in scena con buoni risultati da Scott Dirrickson in The exorcism of Emily Rose, in cui la divisione tra un passato inconoscibile oggettivamente si scontrava con il lavorio del procedural che necessita di prove, anche se non tangibili, quantomeno comprovate dalla razionalità. Il conflitto in quel caso si sviluppava in modo più sottile e meno diretto, in costante bilico tra la fantasiosa ricostruzione e l’infida inquietudine che tutto fosse reale. La metamorfosi del male decide d’intraprendere una strada meno ambigua per lasciare pochi dubbi su cosa realmente sia Gavin Flernying, ma la ricerca di una razionalità e oggettività agli eventi messi in scena allo stesso lo lega al filone horror che negli ultimi anni ha guardato alla realtà come via principale per coinvolgere lo spettatore. Siamo lontani dall’effetto found footage di The Blair witch project e affini, ma è innegabile che la strada presa da William Brent Bell (sceneggiatore della pellicola assieme a Matthew Peterman) sia idealmente simile.
Insomma una formula alla ricerca di una strada che porti all’inquietudine facendo sì che essa si appoggi direttamente nella possibilità di situazioni reali. Non basta più il concetto “Non è possibile, non è reale” che spesso i protagonisti dell’horror hanno usato come difesa dall’orrore, ma come alternativa il genere si rivolge direttamente allo spettatore. Seppur Wer – La metamorfosi del male guardi spesso anche a situazioni più smaccatamente action, è senza ombra di dubbio parte integrante di un periodo in cui, progressivamente, diverse figure dell’horror si stanno affacciando a un cinema che vuole camuffare la finzione.
In sintesi, il lupo mannaro è tornato tra noi.
di Massimo Padoin per Oggialcinema.net