Esistono due sport che sono epici per natura. La narrazione dei protagonisti, le dinamiche che intercorrono, i ritmi e le pause che si succedono, sono una sceneggiatura perfetta e già confezionata, senza la necessità di particolari modifiche o aggiustamenti. Sono avvolgenti per loro conto, spesso romantiche, spietate, leggendarie. Portano con sè una serie di implicazioni sociali e/o familiari ragguardevole, aumentano il peso specifico della narrazione, e dell’intensità della trama. Questi sport sono gli scacchi e la boxe (sapevate, per inciso, essere parola francese con cui si intende il pugilato italiano; boxing, nel mondo anglosassone?). Per gli scacchi vi consiglio, semplicemente, di leggere questo articolo. Vi renderete subito conto di come un resoconto giornalistico possa trasformarsi riga dopo riga in uno splendido racconto, se non già un soggetto per una sceneggiatura cinematografica. Un giovane adolescente norvegese -patria arida di tradizioni nel campo-, che non usa i computer per allenarsi al gioco perchè non lo stimolano, è arrivato all’età di 13 anni e spiccioli a essere nominato Gran Maestro e primo nella graduatoria mondiale. Ci sono praterie per l’analisi psicologica, caratteriale, comportamentale di un campione degli scacchi, molteplici riferimenti e connessioni con la magia dei numeri, della matematica, della probabilità; quanto ancora potremmo parlare della forza della mente, delle vastità della memoria, della forza del genio di osare e innovare. Non mi dilungo e vi lascio il piacere della lettura, ricordando solo, come ulteriore esempio di quanto gli scacchi siano narrativi, le implicazioni che l’avvento dei computer hanno avuto nella storia e nella tecnica di questo sport. Gli scacchi si sono trasformati nella metafora migliore e più facilmente accessibile della sfida uomo-macchina, topos letterario tra i più sfruttati e percorsi.
Gli scacchi e la boxe come metafore per raccontare la propria vita, la propria natura, oppure come semplici meravigliose narrazioni.