Genere: Contemporaneo, Women’s fiction
Ambientazione: Umbria, Italia
Pubblic. originale: Bertoni Editore, collana Women@work, dicembre 2013, pp. 404, €14 (lo trovi qui)
Parte di una serie: No
Livello sensualità: BASSO
Disponibile in ebook? Sì
TRAMA: ”La Locanda dei Libri” è il nome di un agriturismo sul lago Trasimeno, in Umbria, un posto che è diventato negli anni il punto di riferimento per amanti dei libri e per scrittori. Qui, dopo trent’anni, si ritrovano Matilde, ex psicoterapeuta e proprietaria della locanda, e Matteo, avvocato di professione e scrittore per passione. La loro storia si è interrotta bruscamente anni prima e solo grazie alle pagine del romanzo scritto da Matteo, dai risvolti dichiaratamente autobiografici, i due, in qualche modo, si ritrovano ma devono fare i conti con il tempo che è trascorso, con le loro vite attuali e con gli errori commessi in nome dei rispettivi egoismi. Parallelamente, per due individui che cercano di (ri)scoprirsi, altri due, Ginevra e Riccardo, in balia dei propri demoni, faticano a lasciarsi andare, seppur consapevoli della potenza del legame a cui, loro malgrado, non possono sottrarsi.
Due storie agli antipodi, un unico, potente e devastante sentimento.
Un romanzo dal sapore retrò in cui sono proprio “le emozioni di carta”, lette e scritte, quelle da cui tutto ha origine e a cui tutto torna.
“La locanda delle emozioni di carta”, di Viviana Picchierelli (Bertoni editore), è un romanzo al quale mi sono avvicinata con un misto di aspettativa e dubbio. La ragione di questo mio insolito atteggiamento di lettrice si spiega facilmente: al centro del libro, insieme a un nucleo forte di sentimento, che pur non lo rende associabile ai romance classici, sta proprio la passione per la carta scritta, e la locanda del titolo, un magico casale umbro dove ogni dettaglio parla di letteratura, stracolmo di libri di ogni genere, e dove vanno e vengono scrittori e lettori, assomiglia fin troppo a certi miei sogni segreti. Di conseguenza, la curiosità era quasi pari al timore di restare delusa. Vi dico subito che la paventata delusione non c’è stata: pur lasciandomi alcune riserve, il romanzo mi ha coinvolta, le pagine scorrono con facilità e, quasi a ogni riga, è pervaso da quel non codificato “linguaggio amoroso” che solo chi nutre una devozione totale per le “emozioni di carta” conosce. Avrete già capito che l’aspetto librario-per così dire- insieme alle descrizioni evocative, sia di bellezza e quiete, sia, per contrasto, dove occorre, di squallore e smarrimento. e al tema della ricerca di un luogo che appartenga nel profondoa noi stessi, alle nostre esigenze, a uno spirito talvolta sopito o travolto dai casi della vita, sono assoluti punti di forza della narrazione. A renderli tali è soprattutto la capacità dell’autrice di non cadere nella facile trappola di uno scenario seducente ma non inedito, fatto di campagna, ricerca di autenticità, scelte radicali alla “fuggo dalla metropoli”, che, se appaga e rilassa, nel contempo presenta insidie di non poca banalità in continuo agguato. Apprezzabile è il giusto disincanto con cui l’autrice si muove fra le allusioni ai romanzi “di tendenza”, che tanto spesso propongono storie di ritorno a una qualche remota località in cui riscoprire se stessi, di attività agli antipodi rispetto al carrierismo o alla routine di ufficio, e magari tioli che strizzano l’occhio a sapori e profumi.
E la trama? La definerei una vicenda sul conflitto interiore, dipanato fra le vicissitudini di cuori divisi e occasioni, perdute e ritrovate. Come ho già accennato, più che il romance, il genere a cui si accosta il libro, anche per la scelta di protagonisti non più ragazzini e costretti a fare i conti prima col passato e solo dopo col futuro, è la women’s fiction: senza fare spoiler, posso accennarvi che due personaggi per cui farete “il tifo” sono un ex psicoterapeuta che davvero ha mollato tutto, e un avvocato “per volontà altrui”, che sente se stesso vivere solo nelle vesti di scrittore. E proprio la scrittura, non solo quella dei tanti romanzi che affollano fisicamente e idealmente la locanda, ma anche quella di una storia autobiografica che riannoda fili e fornisce spiegazioni inespresse, diviene protagonista. Nella passione palpabile dell’autrice per significati, risonanze, profondità della scrittura, sta la cifra speciale de “La locanda delle emozioni di carta”, ma, a mio avviso, anche il suo limite, ovvero la peculiarità che potrebbe non convincere le cultrici di storie d’amore assolutamente tradizionali. Nell’insieme io lo consiglio, per i dialoghi brevi e freschi, l’intreccio semplice ma non troppo scontato, e per la passionalità verso i libri che sembra eco di certe insopprimibili conversazioni fra aniche “malate di carta scritta”. Una locanda così, l’avrete capito, vorrei proprio gestirla io…