“Quand d’un passé ancien rien ne subsiste, après la mort des êtres, après la destruction des choses, seules, plus frêles, mais plus vivaces, plus immatérielles, plus persistantes, plus fidèles, l’odeur et la saveur restent encore longtemps, comme des âmes, à se rappeler, à attendre, à espérer, sur la ruine de tout le reste, à porter sans fléchir, sur leur gouttelette presque impalpable, l’édifice immense du souvenir.”
Ti ritrovi a fare cose che non avresti mai pensato.
Lei arrivava da noi tutta fiera e desiderosa di vedere le nostre espressioni.
“Guarda, ho fatto il pulcino, lo vedi?”
“Ih! Nonna! Che carino!”
“E questo è il cestino.”
“E quello?”
“U’ palumm!”
“Il colombo?”
“Essì…”
“Bello!”
“…. che l’uovo si mangia eh? Assaggia… quello è lo zucchero!”
Ma io preferivo non mangiarle. Mi piaceva conservare le scarcelle, per andarmele a rimirare ogni tanto. Erano profumate.
Quando le ho preparate per la prima volta con la stessa ricetta ho sentito quell’odore. Era il profumo di lei, erano le sue mani bellissime e delicate che nella sua piccola cucina impastavano e davano forma a qualcosa di speciale, per i suoi nipoti speciali. Era l’amore che ci metteva nelle cose.
E ti ritrovi a pensare che avresti potuto farlo prima… per condividerle con lei e vedere stupore e soddisfazione nei suoi occhi. Ma forse… va bene così.
“Ma, quando niente sussiste d’un passato antico, dopo la morte degli esseri, dopo la distruzione delle cose, più tenui ma più vividi, più immateriali, più persistenti, più fedeli, l’odore e il sapore, lungo tempo ancora perdurano, come anime, a ricordare, ad attendere, a sperare, sopra la rovina di tutto il resto, portando sulla loro stilla quasi impalpabile, senza vacillare, l’immenso edificio del ricordo.”
(À la recherche du temps perdu – Marcel Proust)