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La mia prima casa

Creato il 31 gennaio 2014 da Storiediritratti @GianmariaSbetta
La mia prima casa

La mia prima casa, Berlino

In una calda mattina d’estate vago affannato per la città. Il peso della valigia rallenta ogni mio movimento, prolungando l’atteso arrivo alla meta.

Tuttavia l’aria è frizzante intorno a me. Alberi e fiori emanano un buon profumo lungo tutto il viale ed i piccoli bar sfornano le prime brioches. Vista la bellezza del momento, ne approffitto per fare una pausa e dare un’occhiata alla cartina. La guardo bene e rimango in qualche modo perplesso; tutta stropicciata anch’ essa, proprio come la camicia che sto indossando. Inevitabilmente ne esce un sorriso, così rimetto via la mappa e continuo a cercare.

Insegne e vie lasciano intendere che dovrebbe mancare poco ed infatti, dopo alcuni minuti, eccomi di fronte alla porta. La porta di casa che lentamente si apre. Con voi sarò sincero, a prima vista non lo definirei un appartamento, bensì un covo. Presente nei film?

C’è un lungo corridoio stretto e basso. La luce fioca di una timida lampadina evidenzia i muri scrostati ed il legno scuro del pavimento che sembra ancora più scuro. Sulla porta delle uniche due stanze vi sono i resti di chissà quali poster e chissà quali cantanti vissuti ormai in un’altra epoca. Di case simili io non ne avevo mai viste prima, d’altronde non sono mai stato nella Berlino Est. Ma sono certo che con il tempo capirò. In generale comunque c’è poco da vedere. Posso contare i mobili sul palmo di una mano. Giusto quello che serve. In fondo, siamo tutti di passaggio e sappiamo già che ce ne andremo. Un letto, una mensola e l’appendiabiti. Punto. Ah, dimenticavo scusate. La poltrona da scrivania che tanto mi è servita nelle lunghe notti insonni passate davanti alla finestra a guardare la città dall’alto.

Ricordo inoltre molto bene l’odore di quelle quattro mura. Non puzza, ma odore. Di quelli che raccontano quante storie sono passate qui dentro, di quanto vissuto ci sia e di quanto ve ne sarà. Qualcosa di stantio e umido. Talvolta mischiato al forte odore del whisky e quello più dolciastro dell’erba. Sembrava cambiare di giorno in giono. Poi invece più nulla, mi ci ero abituato.

Comunque è bastato poco per entrare in un mondo ovattato, dove la mia camera era tutto ciò che avevo. Nonostante l’angolo destro del soffitto stesse per cedere. Nonostante la carta parati arancione si staccasse dal muro. Nonostante il pavimento fosse macchiato di vernice bianca.

Ecco, questa è la mia prima casa. Difetti tanti, pregi pochi. Ma è forse un un pò come le persone migliori, non tanto l’aspetto, ma i momenti che ti regalano. Ed io non potevo desiderare nulla di migliore. Grazie casa Bertermann. Grazie.

Gian

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