> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" />> LoSpazioBianco" height="200" width="600" alt="La militanza non solo cartacea di Paper Resistance >> LoSpazioBianco" class="aligncenter size-full wp-image-35068" />
“Handcuffs” si presenta come un catalogo di tessuti. I fogli, leggermente ingialliti, sono uniti tra loro da una vite d’ottone e presentano una serie di manette appartenenti a vari periodi storici.
Ogni manetta è disegnata in bianco e nero, quasi impressa sullo sfondo bianco del cartone dove appare in primo piano con una didascalia che riporta l’anno di produzione e il paese dove è stata utilizzata. Le immagini sono collocate in ordine temporale, a partire dalle manette in uso nel Regno Unito dal 1860. Ne seguono altre, in uso negli Stati Uniti, in Germania, in Sudafrica. Sono tutte in metallo e la loro forma (il loro design…) fanno pensare alle posizioni a cui sono obbligati i prigionieri. Ma Paper Resistance dedica l’opera a Houdini, il grande artista della fuga. Ed è suggestivo che la sequenza si chiuda con il modello in uso dal 1999, quello fatto con le fascette autobloccanti, in plastica indistruttibile, in puro stile Guantanamo, sottotitolate “World wide street”, come ad indicare una condizione di costrizione globale, dalla quale neanche Houdini può avere una minima speranza di scappare.
Lo stridore tra il messaggio libertario e il travestimento ludico dell’opera è ulteriormente sottolineato dalla confezione che contiene i fogli rilegati: un involucro su cui sono stampate tutte le manette pubblicate all’interno singolarmente e qui, invece, disposte come un tessuto della Naj Oleari.
L’opera si stratifica così su più livelli: narrativo, grafico e di design, oltre a poter essere fruita nella sua potenziale unicità. Sembra dunque che l’autore abbia voluto raccontarci una storia su come è andato il mondo sino ad un certo punto e come funziona oggi.
Il gioco è possibile grazie alla netta presa di distanza da riferimenti pittorici e fumettistici, pur essendo l’autore protagonista degli ambiti in cui si praticano le arti visive e il fumetto. Infatti Paper Resistance colloca il suo percorso in parallelo per poter disporre dei necessari canali di comunicazione: riviste cartacee, mostre, manifestazioni, performance. Ma poi la sua attività di visualizzazione riproduce la comunicazione che troviamo nelle città e nelle strade. Leggiamo storie e guardiamo illustrazioni, che in realtà sono manifesti, adesivi, magliette, insegne, loghi.
Una delle caratteristiche più interessanti dei suoi lavori diventa così la flessibilità che permette loro di viaggiare su più supporti, senza la necessità di particolari adattamenti.
E’ il caso della biografia dedicata a George Jackson, pubblicata in volume e disponibile sul blog dell’autore [1] . Sono sedici pagine, scritte da U-Net (Giuseppe Pipitone), dove testo e immagini sono giustapposte come in un volantino politico. In effetti, è una storia di rilievo politico, dove il protagonista ha pagato a caro prezzo il suo impegno antirazzista. Gli autori, raccontando, contestualmente comunicano il proprio sdegno, la propria adesione ideale, facendo militanza attiva attraverso una grafica di denuncia.
Eppure, una volta, eravamo noi a migrare in altri paesi.
Altri affreschi plastici dell’artista ricordano quel periodo. Altri ancora presentano poliziotti in tenuta antisommossa, pronti ad esercitare le proprie funzioni di controllo.
Il tratto omogeneo, per anni rigorosamente in bianco e nero, ha cementato ulteriormente l’intesa ideale e artistica con altri autori come Ericailcane, Gianluca Costantini e Alessandro Baronciani. Proprio con alcuni di loro, ha costruito alcune delle esperienze più note a chi segue il fumetto, come il collettivo inguine.net e la rivista che ne è scaturita “Inguine MAH!gazine” [3] . Anche in queste esperienze si può apprezzarne la versatilità nell’agire sia in collettivo che da solista.
Note:
- www.paper-resistance.org/wp/?p=156 [↩]
- www.paper-resistance.org/wp/?m=200907 [↩]
- inguine.nowhere.it/?cat=164 [↩]
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