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La ministra Kyenge e la servitù dalla pelle nera

Da Vi
Con crescente sconcerto Marginalia ha registrato, negli ultimi mesi, le reazioni della stampa mainstream, così come di personalità politiche e non, alle manifestazioni di violento razzismo e sessismo di cui è stata fatta oggetto Cécile Kyenge da parte di diversi esponenti della Lega Nord e di altri partiti e gruppuscoli di destra ed estrema destra. Queste reazioni "indignate" come pure le espressioni bipartisan di solidarietà alla ministra, sembravano voler consolidare e confermare l'idea che il nostro non è un paese strutturalmente razzista e sessista, ma che simili episodi siano solo l'espressione dell'imbecillità di una minoranza ignorante, come se l'invito allo stupro, l'uso di epiteti come orango e bonga-bonga, il lancio di banane fossero gesti nati dal nulla, senza significato e conseguenze, senza storia, senza nessun legame con leggi infami, centri di identificazione ed espulsione, sfruttamento del lavoro e dei corpi, accordi per il controllo alle frontiere ... La valanga di messaggi di solidarietà e prese di distanza indignate da chi si è reso colpevole di "gesti incivili", tende in questa maniera anche a riconfermare in un certo qual senso il mito degli/delle italiani/e brava gente, di un popolo compattamente antirazzista e antisessista. Ma intanto ieri sera, in prima serata su Rai1, mi capita di vedere per caso l'ultima mezz'ora di una serie televisiva (scopro poi dal titolo Una grande famiglia) che ruota intorno alle vicende di una ricchissima famiglia lombarda, con azienda, villa e anche la servitù. Precisamente cameriera e autista con la "pelle nera" ... Scrivevamo tempo fa che Cécile Kyenge raccoglie così tanti insulti anche perché si trova in un posto dove «quelle come lei» non dovrebbero stare. Ora la mancanza di reazioni (indignate?) all'immaginario neocoloniale trasmesso dalla televisione italiana con la "servitù nera" di Una grande famiglia sembra confermarlo: gli insulti a Cécile Kyenge da una parte e la rigida linea del colore nella serie televisiva dall'altra ci dicono quanto un certo immaginario (sintomo di un razzismo/sessismo soggiacente che contribuisce a riprodurre) sia consolidato, operante e soprattutto condiviso nel nostro paese.

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