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La misura del mondo nelle mani di un falegname

Creato il 31 agosto 2011 da Tnepd

La misura del mondo nelle mani di un falegname

La misura del mondo nelle mani di un falegname

Stele sumera

“Ora… Non sono un matematico professionista perciò potrei spiegarmi male od essere addirittura incomprensibile. Fai molta attenzione, interrompimi soltanto se necessario e cerca di non perdere il filo… Parliamo di sistemi numerici, in particolare di un sistema numerico che prevede solo le cifre dallo 0 al 7.” “Ciò cosa comporta?” “Che la progressione dei numeri è questa: 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 10 e poi ancora 11, 12, 13, 14, 15, 16, 17, 20 e via dicendo. Credo si definisca un sistema numerico a base sette, o a base otto… o qualcosa del genere.” “Credo si chiami sistema ottale.” “Trovo ridicolo definire ‘ottale’ un sistema numerico che l’otto non ce l’ha. Se sei d’accordo, io lo chiamerei settenario in onore al numero 7. Ora… Questo cosa comporta? Che, fatti salvi i numeri dallo 0 al 7, tutte le altre composizioni di cifre scritte con un sistema numerico a base otto indicano in realtà quantità reali diverse da quelle che noi ci immaginiamo. O viceversa, possiamo dire che alle medesime quantità reali corrispondono definizioni numeriche diverse. Mi rendo conto che non sia facile immedesimarsi in un sistema diverso da quello decimale, ma con uno sforzo ce la si fa. Sarà che ci ho passato sopra tutta la notte, ma a me viene già intuitivo adesso, soprattutto dopo una tazza di caffè. Facciamo un esempio. Tu ragionerai in base 10 ed io in base 7. Metto sul tavolo cinque noccioline. Quante sono?” “Cinque.” “Esatto, anche secondo me sono cinque. Ora ne aggiungo tre. E adesso quante sono?” “Direi otto.” “Per come la vedo io sono dieci.” “Cioè?” “Una, due, tre, quattro, cinque, sei, sette, dieci! Otto e nove non esistono, perciò io dal sette salto al dieci. Questa quantità di noccioline, che è la medesima per entrambi, tu la chiami 8 io la chiamo 10… Ma proseguiamo… Abbiamo appurato che 10 nel mio sistema settenario corrisponde a 8 nel tuo sistema decimale. Ora… chiediamoci per esempio, a quale quantità reale di arachidi corrisponda il numero 100 se pensiamo in base otto o in base dieci.” “Bè… nel sistema decimale sono cento, non saprei come dirlo altrimenti…” “Hai ragione, ma poiché stiamo cercando di visualizzare la quantità reale, potresti dire che 100 corrisponde a dieci file da dieci arachidi ciascuna.” “Se nel sistema decimale sono dieci file da dieci, nel sistema settenario avremmo invece file da otto… Quindi… in questo caso sarebbero ugualmente dieci file e se ognuna delle dieci file fosse composta da otto arachidi, il totale sarebbe 10 volte 8… quindi dovrebbero essere 80 arachidi.” “Ci sei quasi… Ma per come la vedo io il mio 10 corrisponde al tuo 8.” “Aspetta un momento. Nel sistema decimale 10 per 10 fa 100.” “Su questo non ci piove.” “E nel sistema settenario?” “Fa sempre 100. Mi spiego… per me il 100 è il numero immediatamente successivo al 77, non al 99. Perciò io ho solo otto “decine”, o “ottine”, nel mio 100, perciò per me scrivere 100 significa enumerare una quantità che per te è otto volte otto, cioè 64. Ed allo stesso modo scrivere 1.000, per te indica dieci volte dieci file da dieci mentre per me indica una quantità che tu chiami 512, ossia otto volte otto file da otto. Così il mio 10.000 è per te 4.096, il mio 100.000 corrisponde ad una quantità reale che tu, in forma decimale, chiami 32.768, il mio 1.000.000 è il tuo 262.144, ed il mio 10.000.000…” “2.097.152.” “…e come hai già notato tutte queste quantità corrispondono ad una cosuccia che si studia credo in terza elementare – e se non si fa si dovrebbe fare – ossia la progressione esponenziale del 2.” “Due alla terza, sesta, nona, dodicesima, quindicesima, diciottesima, ventunesima.” “Non è così che ragionano i computers..? 64 bit, 512, eccetera? Mi torna in mente il vecchio Commodore 64 che mio padre portò a casa una ventina di anni orsono. Forse è proprio lui che mi ha ispirato l’idea.” “Interessante… Ma con questo dove vorresti arrivare?” “Alla conclusione che forse il tanto decantato sistema decimale non è così bello come sembra. Ma, a prescindere dal giudizio estetico, i computers sembrano avere maggiore sintonia con il sistema a base otto che con quello decimale. Oggi diciamo 64 bit quando sarebbe in realtà molto più intuitivo parlare di 100 bit… quanti Giga di memoria RAM ha il tuo computer portatile?” “Quattro Giga.” “Come puoi tu stesso constatare, hai involontariamente arrotondato… e non di poco. Per la precisione sono 4,096 Gigabyte di RAM. Parlando in “settenario” invece sono esattamente 10 Giga. Semplice, intuitivo ed anche decisamente più corretto.” “Allora perché noi utilizziamo il sistema decimale?” “Non ne ho idea…” “Forse perché abbiamo dieci dita?” “Può darsi. Certo, se esistesse una specie senziente dotata di otto dita sarebbe più propensa all’utilizzo del mio sistema che del tuo. Avrebbero quattro dita per mano ma, bada bene, sarebbero tutti convinti di averne dieci in totale… e probabilmente avrebbero più ragione loro di noi…” “Non riesco ad abituarmi all’idea…” “Solleva quattro dita, senza il pollice. Fai come se i pollici non esistessero.” “E sono quattro.” “Sollevane tre dell’altra mano.” “E fanno sette.” “Solleva l’ultimo dito.” “E sono…” “Dieci!” “Dieci?” “Esatto. Ora tieni a mente dieci, abbassa le dita e prosegui a contare oltre il dieci sollevandole una per volta.” “Undici, dodici, tredici, quattordici, quindici, sedici, diciassette… venti.” “Vedi che è facile. Ora… mi pare evidente che il sistema numerico settenario è più in sintonia del nostro col linguaggio della tecnologia che noi stessi utilizziamo. Ti prego, mi puoi ricordare la nostra tradizionale progressione del 2?” “0, 2, 4, 8, 16, 32, 64, 128, 256, 512, 1.024, 2.048, 4.096, 8.192, 16.384, 32.768, 65.536, 131.072, 262.144…” “Grazie.Per adesso fermiamoci qui. Converrai con me che non è facilmente memorizzabile. Inoltre presenta degli evidenti difetti estetici. La progressione del 2 ottenuta utilizzando il sistema settenario per indicare le medesime quantità reali è invece, udite udite… 0, 2, 4, 10, 20, 40, 100, 200, 400, 1.000, 2.000, 4.000, 10.000, 20.000, 40.000, 100.000, 200.000, 400.000, 1.000.000, eccetera, eccetera, eccetera…” “Decisamente più carina, più intuitiva.”

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Sistema numerico azteco

“Più naturale… Ora… Consideriamo un’altra evidenza che salta all’occhio precocemente: in entrambi i sistemi i primi numeri, cioè 0, 1, 2, 3, 4, 5, 6 e 7 indicano le medesime quantità reali, poi abbiamo un 8 decimale che corrisponde ad un 10 settenario, un 16 decimale per un 20 settenario, un 32 per un 40. Si discostano un po’… ma non così tanto. Per esser precisi il rapporto è 1 a 1,25, il divario è del 25 percento, se vogliamo dirla così. Se però prendiamo i successivi, ad esempio il 64 sul 100, il divario aumenta notevolmente ed il rapporto diventa di 1 a 1,5625. Lo stesso accade in seguito ed il rapporto passa a 2,44, poi 3,05 e via andare in moto univoco di crescita accelerata infinita.” “Non ti seguo.” “In altre parole… i due sistemi numerici si allontanano sempre più in fretta mano a mano che le quantità aumentano.” “In pratica, per definire le medesime quantità reali il sistema settenario utilizza numeri più ‘grandi’, se così possiamo dire, rispetto al sistema decimale.” “Esattamente. Inoltre, più le quantità si fanno cospicue, più il divario si amplia. Per esempio, abbiamo detto che tra 8 e 10 il divario è del 25%. Ebbene, il rapporto tra il decimale 2.097.151 ed il settenario 7.777.777, che indicano la medesima quantità, è di 1 a 3,71 cioè il divario è del 371%.” “Detto in questo modo fa di certo più effetto.” “E più sali peggio è… Ho notato però un’altra cosa. Segui il mio ragionamento prendendo come metro di misura il sistema settenario. Abbiamo visto che da 0 a 7 il rapporto fra i due sistemi numerici è di parità, cioè di 1 a 1. Dopo il 7, nel sistema settenario c’è il 10. Al 10 settenario corrisponde l’8 decimale, per un rapporto di 1,25 a 1. Idem per il 20 col 16 decimale, idem per il 30, il 40 e così via. Quindi… per quelle che potremo chiamare le cifre tonde il rapporto tra i due sistemi è sempre lo stesso fino al numero 100. A quel punto ha un nuovo picco di crescita a 1,56 ed il rapporto 1,56 ritorna al 200, al 300, al 400 fino a che, al 1.000 passa a 1,95, valore che ritroviamo al 2.000, al 3.000 e via dicendo.” “Fin qui ci sono.” “Per i numeri intermedi, l’11, il 12, il 13 e via dicendo, i corrispettivi decimali sono 9, 10, 11. Ebbene, il rapporto tra l’11 settenario ed il 9 decimale non è 1,25.” “Sarà di più… Se all’aumentare dei valori reali aumenta la distonia dei due sistemi…” “Ed invece no. E’ di meno, esattamente 1,222222. E se consideriamo il 12 settenario col 10 decimale, il rapporto cala ancora all’intuitivo 1,2 e poi cala progressivamente fino al 17 settenario, che precede il 20, e che corrisponde al15 decimale con un rapporto di 1,133333. A 20 la quota del rapporto fra i due sistemi numerici si stabilizza nuovamente all’1,25 ricominciando immediatamente a scendere fino ad un nuovo minimo di 1,173913 tra 27 settenario e 23 decimale. A 30, settenario beninteso, il rapporto torna a 1,25. Per farla breve… Il divario cala, all’interno di ogni ottina, da 1,25 fino ad un valore inferiore ad 1,25, ma superiore a quello minimo dell’ottina precedente. Prendiamo in esame le coppie 17/15, 27/23 e 37/31 che precedono le cifre tonde in cui il rapporto torna ad 1,25. I rapporti relativi alle tre coppie sono all’incirca 1,13 per la prima, 1,17 per la seconda e 1,19 per la terza. All’unità successiva i due sistemi tornano a distonare del 25% fino al nuovo picco che troviamo al 100 settenario, che segue il 77 settenario. Al 77 settenario corrisponde il 63 decimale, con un rapporto di 1,222222. Aggiungendo una unità, al 100 settenario corrisponderà il 64 decimale, con un rapporto di 1,5625, il nuovo picco cui seguiranno discese sempre più lente e risalite verticali a 1,5625 fino al 1.000 settenario. E più si sale, più aumenta la “dissonanza”, chiamiamola così, tra i due sistemi numerici.” “La funzione che definisce il rapporto tra i due sistemi numerici potrebbe descrivere una figura frattale.” “E’ possibile. Potrebbe essere una spirale, come quella di una conchiglia, oppure potrebbe assomigliare ad un’onda la cui intensità cala all’avvicinarsi della battigia.” “Forse è a questo che sono dovuti i cali di efficienza del software all’aumentare delle prestazioni dell’hardware.” “Forse… Più aumentano le prestazioni, più aumentano le quantità reali di dati da elaborare. Maggiore è la quantità di dati, maggiore è la dissonanza tra il nostro modo di definirli nel software, utilizzando il sistema decimale, e la loro “naturale” predisposizione all’architettura del sistema a base otto.” “Scusa, ma in effetti non si tratta che di dare nomi diversi alla stessa cosa.” “La faccenda non è così banale. Ora dispongo sul tavolo otto file di otto noccioline e sotto il quadrato risultante altri piccoli gruppi di due, quattro, otto, sedici, trentadue noccioline. Il nostro problema è definire la realtà ed al contempo comunicarne la natura ad un interlocutore, uomo o macchina che sia. Ma la differenza tra i due sistemi non è solo formale. A mio parere è sostanziale perché fonda su architetture geometriche profondamente differenti. I due sistemi fanno fondamento su diverse idee sulla distribuzione delle quantità, fanno girare il cervello in modo diverso. Il sistema a cui siamo abituati è lineare, ordina le quantità per file di dieci. Il sistema settenario invece per quadrati bidimensionali. Mi sto convincendo che ci stiamo ostinando a non voler parlare col linguaggio della natura che, volenti o nolenti, scopriamo essere ordinata su base otto e non dieci. Queste che indico quante sono?” “Due.” “Queste?” “Quattro.” “Esatto. Ora aggiungo un quadrato identico accanto a quello già disegnato sul tavolo. Adesso quante?” “Otto.”

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Sistema numerico Maya

“Certo, in decimale, ma noi le chiameremo 10.” “Hai ragione, continua.” “Qui abbiamo un quadrato il cui lato è formato da quattro noccioline. Queste per il sistema decimale sono 16 arachidi, ma per il sistema settenario sono 20, quattro quadrati da quattro arachidi ciascuno… 4 X 4 fa 20… e se raddoppiamo ancora la quantità reale, cioè costruiamo un altro quadrato identico accanto a questo, saranno 40. E se l’oste sarà stato generoso nella porzione di arachidi per il nostro tavolo, riusciremo a realizzare quattro quadrati di lato quattro, ossia quattro volte quattro quadrati da quattro arachidi ciascuno, 4 X 4 X 4, cioè una quantità che nel sistema decimale è definita 64 mentre nel sistema settenario si chiama 100.” “Quattro quadrati da 16 fanno 100.” “In decimale quattro quadrati da 16 noccioline fanno 64, in settenario quattro quadrati da 20 noccioline fanno 100. Prova a ricostruire geometricamente la progressione del 2 utilizzando l’architettura logica del sistema decimale… I risultati non saranno mai rotondi, efficaci, belli come quelli del sistema a base otto. “Però le quantità reali sono sempre le stesse.” “Certo. Quello che possiamo permetterci di mettere in discussione non è la realtà… ma il nostro modo di darle un nome, di raffigurarcela nella testa e di darle un ordine logico. Per questo motivo, intorno alle quattro di mattina sono arrivato alla conclusione che il nostro sistema numerico decimale, il nostro linguaggio matematico, risulta per così dire più lento della realtà, inadatto, non congruente ai ritmi della materia.” “Questa non la capisco… Non dovrebbe essere, al contrario, più efficace se per definire la stessa quantità utilizza numeri più piccoli?” “Non necessariamente. Fin dai tempi di Parmenide l’uomo si chiede cosa sia la realtà, cosa esista e cosa non esista. L’essere ed il non essere diceva lui, lo Yin e lo Yang dicono i taoisti, il bianco ed il nero, il vero e il falso, il bene e il male direbbe un cattolico. Diciamo che, prima di qualsiasi ulteriore distinzione, la realtà è fatta di interi opposti, di cose che sono o che non sono… fin qui siamo d’accordo?” “Certo, grande o piccola che sia quest’arachide esiste ed è una.” “Okay. Il numero più piccolo per il quale possiamo moltiplicare una qualsiasi quantità reale è 0.” “Qualsiasi numero moltiplicato per 0 dà come risultato 0.” “Ora ho moltiplicato l’arachide per 0 ottenendo di non aver alcuna arachide. Essa non esiste più, non è.” “E per quanto ne sappiamo non è mai stata e non sarà mai.” “Di questo non sono del tutto certo… Effettivamente si tratta di un procedimento puramente mentale, perché nessuno dei cinque sensi ci dà percezione di qualcosa che non è, possiamo esclusivamente immaginare la non presenza di alcuna arachide o di alcuna altra cosa rifacendoci al ricordo di un’arachide vista nel passato… Se sul tavolo ci fosse un’arachide talmente piccola da esserci invisibile, da ciò non dovremmo dedurre la sua non esistenza bensì l’inadeguatezza della nostra capacità di percepirla. Direi che questo sforzo immaginativo, di pensare a qualcosa che non c’è, si traduce nel passaggio da un qualsiasi numero allo 0. Lo 0 rappresenta il non essere di qualsiasi cosa. Che cosa fosse prima di esser nulla… non possiamo saperlo a meno che non fossimo presenti quando la sua condizione era di essere, prima di subire la moltiplicazione per 0. Non mi risulta che qualcuno sia mai stato testimone di tale passaggio, come non mi risulta che vi sia qualcuno capace di visualizzare la moltiplicazione per 0. In questo momento, il nostro modo di visualizzare il passaggio dell’arachide dall’essere al non essere è stata un’operazione sottrattiva, non moltiplicativa.” “Prima c’è, poi non c’è.” “Infatti… Direi pertanto che l’atto distruttivo che traduce l’arachide dalla condizione di essere a quella di non essere non è alla nostra portata come non ci è possibile visualizzare l’atto di moltiplicazione di una quantità reale per 0. Ma proseguiamo mettendo una nocciolina sul tavolo. Il secondo valore per il quale possiamo moltiplicare una quantità è 1.” “E siamo a uno.” “In questo caso possiamo apprezzarne l’esistenza, il fatto che essa sia… che esista. La possiamo toccare, accorgerci che è un’arachide sola, che non ce ne sono altre ma fondamentalmente l’importante è che ci accorgiamo che adesso qualcosa c’è. L’1 rappresenta l’essere, l’esistere. Ora l’arachide è visibile, toccabile, odorabile e via dicendo, ma non lo è l’operazione moltiplicativa che l’ha generata, quella resta impercettibile. Ora che c’è, possiamo moltiplicarla per uno infinite volte senza constatare alcun cambiamento. Adesso sappiamo che stiamo parlando di arachidi e non, che so io, di fagioli ma la situazione è statica. Possiamo dire che l’operazione moltiplicativa ‘per 1’ è percepibile solo quando è preceduta dallo 0, dal suo opposto proprio come l’operazione inversa. Prima ci siamo accorti dell’assenza, ora della presenza, solo perché tale condizione era preceduta dalla sua opposta e come prima la nostra raffigurazione mentale è comunque scorretta poiché noi visualizziamo un’addizione in luogo di una moltiplicazione. In realtà noi non percepiamo l’atto creativo che deriva dalla moltiplicazione per 1, non riusciamo ad immaginare lo 0 trasformarsi in un 1, noi visualizziamo un 1 accanto allo 0. Non vediamo l’arachide apparire dal nulla, ma arrivare dalla scodella o uscire dalla mia mano. L’essere si percepisce solo quando prende il posto del non essere.”

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Sistema numerico babilonese

“E viceversa.” “Altrimenti non sarebbero opposti degni di questo nome… Dopo di che, anche ripetendo all’infinito la medesima operazione, non avviene più alcun cambiamento. L’arachide resta quella. Ad occhio direi che lo 0 è il nulla, moltiplicare per 0 significa distruggere, smaterializzare qualcosa. L’1 è al contrario l’essere e la moltiplicazione per 1 è l’atto della creazione e l’atto creativo non si può ripetere su qualcosa di già creato. L’atto creativo, la prima moltiplicazione per 1, è percepibile solo se è preceduta dal nulla o da una precedente moltiplicazione per 0. La creazione divina, ad esempio, da questo punto di vista appare possibile ma per sua stessa natura indimostrabile.” “Non credo di aver capito bene. L’1 è dio?” “Qui infatti si pone un problemino non da poco…” “Ossia?” “Che la presenza del nulla, dello 0, esclude la presenza di qualcosa, ossia l’1, il creatore. L’essere esclude il non essere…” “E viceversa.” “Naturalmente… e su questo Parmenide deve aver trascorso molte più notti insonni di me, ma ci sono due vie per superare l’impasse. La più semplice consiste nel considerare che ciò che percepiamo è solo una parte di ciò che esiste. Il creatore potrebbe essere qualcosa di estraneo alla nostra realtà, qualcuno che, imbattutosi in un nulla abbia voluto e potuto trasformarlo in qualcosa con un atto creativo. Sembra una stronzata ma non lo è. La seconda via consiste nello smettere di porre in dubbio l’esistenza della realtà e di trasferire l’analisi solamente alla sua esistenza rispetto alla nostra percezione e, nel migliore dei casi, comprensione.” “Cioè qualcosa esiste solo se la vediamo?” “Non esattamente… Diamo per scontato che la realtà esiste, d’altronde non possiamo fare altrimenti. Possiamo però chiederci se ciò che crediamo di percepire è effettivamente la realtà, se la realtà corrisponde all’idea fisica che ce ne siamo fatti. Se la nostra architettura mentale interpreta correttamente ciò che i sensi percepiscono. Ti sei mai chiesto se quello che entrambi chiamiamo colore giallo sia in effetti lo stesso ai nostri occhi? Se per tutta la vita quando vedi un certo colore lo chiami giallo, ovunque sia ripetuto, e tutti intorno a te lo chiamano giallo perché ognuno percepisce quei pigmenti colorati sempre allo stesso modo, ma che ne sai che tutti vedano realmente la stessa cosa? Che ne sai che il tuo cielo azzurro non sia il mio cielo della tinta che tu chiami rosso e che io chiamo azzurro come te benché siano diverse? Ma lo stesso azzurro sulla confezione di pennarelli, sul telaio della bicicletta, in un quadro di Monet… quello stesso azzurro forse è in realtà sempre lo stesso rosso.” “Credo che in qualche modo sia stato dimostrato che vediamo tutti gli stessi colori…” “Credo anch’io. La ricerca scientifica opera (o dovrebbe operare) a questo fine, cioè ridurre il divario tra la nostra interpretazione della realtà e la realtà stessa. L’obiettivo della ricerca pura, non di quella porcheria che chiamano ricerca applicata e che va in tutt’altra direzione, è di progredire nella comprensione della realtà. La ricerca scientifica è biologia, fisica, astronomia, matematica ma anche filosofia, storia e se vogliamo teologia.” “Quindi l’arachide sul tavolo esiste perché noi sappiamo che è lì?” “Quell’insieme di frutto, buccia, forse olio e sale… esiste, è. Noi lo chiamiamo arachide, ma potremmo decidere di definirlo chimicamente o con termini botanici che specificherebbero quel particolare tipo di arachide differente da molte altre, la scienza ci fornisce coi suoi progressi, strumenti interpretativi sempre migliori. Quell’essere reale sul tavolo esiste a prescindere da noi, ma assume definizioni diverse a seconda dell’osservatore. Se tu fossi un professore di agronomia ed io un tuo studente sotto esame e tu mi chiedessi se quella è un’arachide, la domanda sarebbe banale e fuori luogo, per lo meno insospettirebbe la commissione giudicatrice. Probabilmente mi chiederesti se quella che esiste sul tavolo è, che so, una arachidis oleosa della famiglia delle nocciolensis oppure no. L’arachide non esiste perché noi la percepiamo. L’arachide esiste di suo. E’ la nostra comprensione della sua esistenza che è soggetta alla nostra capacità di percepirla e riconoscerla come tale. C’è gente che non ha mai visto un’arachide con la buccia, perché ha sempre e solo acquistato quelle già sbucciate. Dal mio punto di vista posso dirvi solamente che questa è un’arachide dalla buccia chiara mentre sulla costa orientale ne ho trovate di un’altra tipologia dalla buccia più rossiccia. Non sapremo mai esattamente che cosa è ed in effetti potrebbe essere cose differenti a seconda di chi la osserva, ciò che permetto di definire innegabile è che quella cosa esiste, c’è. La moltiplicazione per uno è avvenuta.” “E noi abbiamo percepito la moltiplicazione per uno, la creazione come passaggio dal non esserci all’esserci.” “Purtroppo no. L’atto creativo non soggiace alla nostra presenza per avvenire, anzi direi il contrario. Se l’arachide fosse già stata sul tavolo, non avremmo avuto alcuna percezione dell’atto creativo che è comprensibile solo se preceduto dal non essere. Ciò non esclude che la moltiplicazione per 1, l’atto creativo, si ripeta innumerevoli volte di cui non ci accorgiamo poiché ci manca la memoria del non essere precedente. L’1 è dio, ma dio è del tutto ininfluente nella realtà attuale poiché nessuno ha avuto percezione del nulla che ha preceduto l’atto creativo, perciò nemmeno dell’atto creativo in sé. Possiamo solamente arrivare alla conclusione induttiva che un atto creativo deve esserci stato poiché la condizione attuale di essere non avrebbe fondamento e ragion d’esistere senza il suo opposto necessario, ossia la condizione di non essere.” “Perdonami ma mi sono perso… Come è collegato questo discorso al problema della scelta del miglior sistema numerico?” “In effetti mi sono lasciato un po’ andare… Dicevamo che una quantità reale può essere moltiplicata per 0, dando luogo al non essere, per 1 dando luogo all’essere. Entrambi i processi ci sono ignoti e ci accontentiamo di darli per scontati. Comunque, dal nulla siamo passati a qualcosa che esiste ma che è statico, immutabile se non si considera almeno un altro fattore moltiplicativo fondamentale, il 2. Aggiungo una nocciolina accanto alla precedente. Ora possiamo percepire il mutamento e se ripetiamo ancora l’operazione moltiplicativa ‘per due’ otteniamo altri mutamenti percepibili.” “Perciò secondo te lo 0 è la non-essenza, l’1 è l’essenza ed il 2 è il mutamento.” “Esattamente. E dei tre fattori moltiplicativi fondamentali abbiamo percezione solo dell’ultimo.” “Sarà per questo che si dice che il 3 è il numero perfetto… In ogni caso, nonostante mi sforzi, non riesco a visualizzare l’operazione moltiplicativa.”

La misura del mondo nelle mani di un falegname

Sistema numerico indo-arabico

“Perché la nostra mente predilige istintivamente l’addizione e sottrazione. Quando pensiamo alla moltiplicazione per 2 non pensiamo ad un’arachide che si materializza in due arachidi ma immaginiamo di aggiungerne una accanto a quella già esistente. Questo nostro handicap è aggravato dall’uso del sistema decimale che, essendo lineare, si avvicina al concetto di moltiplicazione solamente per multipli di 10.” “Effettivamente se penso all’operazione 3 per 2 visualizzo due file di tre arachidi ciascuna che realizzano insieme una fila di sei. Se invece penso a 10 per 2 visualizzo due file da dieci arachidi disposte una sopra l’altra.” “Il sistema settenario, al contrario del nostro, è fondato su un’architettura geometrica bidimensionale. Lo 0 è l’assenza di punti, l’unità è un punto, il 2 è un segmento che unisce due punti. Tutte le altre quantità sono costruzioni geometriche ottenibili con queste componenti di base. il 3 è una L, il 4 è un quadrato e via dicendo. Il 10 è realizzato graficamente con due quadrati di quattro punti ciascuno. Tu come lo immagini il 20 settenario?” “Direi come quattro quadrati da quattro arachidi ciascuno.” “Che realizzano un quadrato più grande avente quattro arachidi per lato.” “Vero.” “E’ l’architettura della progressione del 2 attribuita al linguaggio numerico. Perciò se, come pare, l’architettura della progressione del 2 è quella più congruente alla realtà, il linguaggio numerico che la adotta è a sua volta il più adatto a descriverla e la dissonanza fra i due sistemi numerici è la prova che l’architettura di quello decimale non va d’accordo con l’architettura delle quantità reali che vuole descrivere. Il battito cardiaco del mondo non è in decimi, ma in ottavi, in quarti… come la musica d’altronde…” “E’ proprio vero che il destino è scritto sulle nostre mani…” “Conosco un falegname che ha ogni giorno l’occasione di contare in base otto… ma non credo si renda conto della fortuna che ha avuto.”

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