30 novembre 2013 • Recensioni Film, Vetrina Cinema •
Il giudizio di Mara TelandroSummary:
In Europa, ogni giorno, una donna su cinque subisce violenze domestiche. Negli ultimi 10 anni, nel nostro paese, il numero di omicidi da uomo su uomo è diminuito, mentre è aumentato il numero di donne uccise per mano di un uomo: oltre 100 ogni anno. In circa la metà dei casi il colpevole è un partner o l’ex partner. Ma in oltre il 90 per cento dei casi, la violenza domestica non viene denunciata alla polizia e resta dunque completamente invisibile…
Una bellissima e giovane coppia sposata, una bambina piccola. Lui un poliziotto biondo, lei una bella mamma piena di amore. Nella quotidianità di questa amorevole famiglia emergerà qualcosa di torbido e stridente, come le unghie sulla lavagna.
Philip Gröning è un talentuoso regista nato in Germania, che vive tra gli Stati Uniti e l’Europa, divenuto celebre per il suo film Il Grande Silenzio, pluripremiato dalla critica di tutto il mondo, in cui racconta la vita dei Monaci della Grande Chartreuse attraverso il vero, autentico silenzio che li avvolge durante la loro quotidianità, durante la loro vita. Con La moglie del poliziotto, Gröning cambia soggetto, ma non stile, infatti per questo film continua ad occuparsi lui stesso di quasi tutto: regia, sceneggiatura, fotografia e montaggio. La sua è una registrazione del quotidiano, cronaca di ciò che accade quasi come se non fosse, in fondo, affar suo: lui, come del resto noi, altro non siamo che meri spettatori di ciò che sta succedendo davanti ai nostri occhi.
“La moglie del poliziotto è diviso in capitoli per consentire allo spettatore il distacco necessario da quanto accade. Capitoli che hanno un inizio e una fine.” Questa divisione può, forse, ottenere l’effetto sperato dal regista, ma di sicuro non è un espediente facile da digerire per il pubblico, continuamente costretto a staccarsi dalla narrazione. La moglie del poliziotto non è un film adatto a tutti. Non è facile andare oltre la narrazione a capitoli (59 per l’esattezza, di varia durata) per le quasi tre ore di questa pellicola, ma chi riuscirà a farlo ne sarà sicuramente premiato.
Il vero protagonista del film è, senza dubbio, l’amore. “La moglie del poliziotto è un film sulla virtù dell’amore, la virtù della curiosità, la virtù della gioia. Questa giovane madre fa tutto il possibile per proteggere l’anima della bambina, per mantenerla pura ed aiutarla a crescere. Per insegnare alla bambina l’amore.” E lo fa nel modo più dolce e attento che conosce: si inventa sempre qualche nuova attività che possa stimolare la sua curiosità, la sua fantasia e che le possa insegnare qualcosa, come l’amore e il rispetto per gli animali, grandi protagonisti nella vita di Clara, che li ama, ma allo stesso tempo li teme, perché “L’orso picchia gli altri animali perché è il più forte.”
Una madre meravigliosa, innamorata del marito che sembra altrettanto premuroso nei confronti della figlia e della moglie. Finchè non arriva quel momento in cui quest’uomo bello e amorevole scatta come una molla e scatena una violenza incomprensibile e immotivata contro la sua donna, che lo guarda stupita e impotente, senza sapere cosa dire o fare.
Nulla è più violento dell’impotenza dell’amore
Non c’è mai un motivo per cui quest’ uomo, questo marito, questo poliziotto alza le mani sulla moglie. “Lui la picchia per l’assurdo senso di impotenza della sua vita, che lo soffoca fino ad annientarlo. L’impotenza nel volerle stare accanto; l’impotenza di fronte al rapporto madre-figlia nel quale l’uomo non riesce a trovare spazio. Nulla è più violento dell’impotenza dell’amore.” Le dice mentre la scaraventa giù dal letto: “Io non sono niente senza di te.”
Perché allora la moglie del poliziotto, così intelligente e protettiva nei confronti della figlia, non fa nulla? Non cerca aiuto? “Più la moglie del poliziotto si sente ferita, sola e in difficoltà, più desidera anche il minimo gesto di affetto, più cerca il contatto con suo marito. Una leggera carezza la mattina dopo avere subito maltrattamenti può prolungare la relazione per anni. Ma alla fine la donna è distrutta dall’incapacità di trovare aiuto per fronteggiare le violenze subite proprio dall’uomo che dovrebbe invece proteggerla. Basta un unico movimento per annientarla.”
La regia di Gröning è sublime e il suo racconto per immagini ci restituisce una testimonianza viva e vitale della storia che ci vuole raccontare, che non è fatta solo di brutti lividi e violenza, tutt’altro. Questa forza visuale è sostenuta da tutti i suoi protagonisti: gli attori Alexandra Finder (Brinkmanns Zorn), David Zimmershied (Der Gekopfte Hahn) e Pia e Chiara Kleemann (nel ruolo di Clara); la stessa campagna tedesca, la casa, gli animali… Tutti fanno parte della storia e tutti danzano in modo perfetto di fronte alla telecamera di Philip.
La moglie del poliziotto racconta quindi in punta di piedi dell’amore materno, smisurato, dell’amore famigliare e anche dell’angoscia più grande che prova una donna maltrattata dal proprio uomo: l’attesa del prossimo momento in cui lui perderà il controllo.
Dal 25 novembre 2013 al cinema.
Di Mara Telandro per Oggialcinema.net
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