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"La morte della Pizia" di Friedrich Dürrenmatt: la ballata della verità

Creato il 19 aprile 2013 da Alessandraz @RedazioneDiario
Pubblicato da Valentina Coluccelli Titolo: La morte della Pizia Titolo originale: Das Sterben der Phythia Autore: Friedrich Dürrenmatt Traduttore: Renata Colorni Editore: Adelphi Pagine: 68 Prezzo: 8,00 Data pubblicazione: 1988 Quarta: «Stizzita per la scemenza dei suoi stessi oracoli e per l’ingenua credulità dei Greci, la sacerdotessa di Delfi Pannychis XI, lunga e secca come quasi tutte le Pizie che l’avevano preceduta, ascoltò le domande del giovane Edipo, un altro che voleva sapere se i suoi genitori erano davvero i suoi genitori, come se fosse facile stabilire una cosa del genere nei circoli aristocratici, dove, senza scherzi, donne maritate davano a intendere ai loro consorti, i quali peraltro finivano per crederci, come qualmente Zeus in persona si fosse giaciuto con loro». Con queste parole spigolose e beffarde ha inizio La morte della Pizia e subito il racconto investe alcuni dei più augusti miti greci, senza risparmiarsi irriverenze e furia grottesca. Ma Dürrenmatt è troppo buono scrittore per appagarsi di una irrisione del mito. Procedendo nella narrazione, vedremo le storie di Delfi addensarsi in un «nodo immane di accadimenti inverosimili che danno luogo, nelle loro intricatissime connessioni, alle coincidenze più scellerate, mentre noi mortali che ci troviamo nel mezzo di un simile tremendo scompiglio brancoliamo disperatamente nel buio». L’insolenza di Dürrenmatt non mira a cancellare, ma a esaltare la presenza del vero sovrano di Delfi: l’enigma.
RECENSIONE Ogni libro di Dürrenmatt che ho letto pare avere il coinvolgente, cadenzato, onirico ritmo di una ballata e la straordinaria capacità di trasformare la rivisitazione e manipolazione di un mito in un nuovo e universale archetipo. Come Il Minotauro (articolo su Speechless Magazine n° 1, pagine 108-111) rielaborava il mito del Labirinto come luogo della segnalazione dell’alterità e del riconoscimento dell’ineluttabile solitudine cui è destinato l’uomo, La morte della Pizia rianima il mito di Edipo come metafora dell’insondabilità e dell’inafferrabilità della Verità.
Nella versione di Dürrenmatt, capriccio, arroganza, premeditazione e corruzione hanno composto, con irriguardosa beffa nei confronti degli dei, la serie di oracoli che hanno fatto da guida alla vicenda di Edipo, Giocasta e Laio e della Sfinge. Qualcuno di questi personaggi ha creduto negli oracoli e ha seguito quello che considerava essere il volere degli dei; qualcun altro, invece, ha finto di crederci solo per tornaconto personale. Ma infine, qualunque sia stata l’intenzione al momento del vaticinio e qualunque sia stata la consapevolezza degli attori messi in scena, gli oracoli hanno comunque avuto compimento: forse amor fati, forse self-fulfilling prophecy o forse vero intervento divino, chissà.
E quando le ombre di ciascun personaggio coinvolto nella triste e crudele storia appaiono dinnanzi alla Pizia di Delfi e al veggente Tiresia, creatori e manipolatori dei messaggi “divini”, entrambi morenti, ognuna racconta il proprio ruolo, confida la propria sofferenza, ma soprattutto svela la propria verità. Che non è mai la Verità. Perché questa, come spiega bene Tiresia nel lungo e illuminato monologo finale, è inaccessibile:
La verità resiste in quanto tale soltanto se non la si tormenta.
La costruzione sapiente di Dürrenmatt, che intreccia, incastra, collide eventi e racconti, è diegeticamente magistrale: più si disvelano o vengono rivelate verità, più in realtà diventa immenso e insondabile il Mistero L'AUTORE Friedrich Dürrenmatt (1921 - 1990) è stato uno scrittore, drammaturgo e pittore svizzero. La sua  produzione letteraria è sempre stata caratterizzata da una pungente satira e da spirito critico nei confronti della società. Oltre a numerosi racconti, fra cui spiccano La morte della pizia, L’eclissi di luna, La panne, Il Minotauro, sono di grande interesse i romanzi Il sospetto, La promessa, Il giudice e il suo boia.

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