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LA MORTE IN VERSIONE POETICA
Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Cesare Pavese Verrà la morte e avrà i tuoi occhi- questa morte che ci accompagna dal mattino alla sera, insonne, sorda, come un vecchio rimorso o un vizio assurdo. I tuoi occhi saranno una vana parola, un grido taciuto, un silenzio. Così li vedi ogni mattina quando su te sola ti pieghi nello specchio. O cara speranza, quel giorno sapremo anche noi che sei la vita e sei il nulla Per tutti la morte ha uno sguardo. Verrà la morte e avrà i tuoi occhi. Sarà come smettere un vizio, come vedere nello specchio riemergere un viso morto, come ascoltare un labbro chiuso. Scenderemo nel gorgo muti.
Una foglia Giacomo Leopardi Lungi dal proprio ramo, Povera foglia frale, Dove vai tu? - Dal faggio Là dov'io nacqui, mi divise il vento. Esso, tornando, a volo Dal bosco alla campagna, Dalla valle mi porta alla montagna. Seco perpetuamente Vo pellegrina, e tutto l'altro ignoro. Vo dove ogni altra cosa, Dove naturalmente Va la foglia di rosa, E la foglia d'alloro.
La tessitrice di Giovanni Pascoli Mi son seduto su la panchetta come una volta ... quanti anni fa? Ella, come una volta, s'e' stretta su la panchetta.
E non il suono d'una parola; solo un sorriso tutto pieta'. La bianca mano lascia la spola.
Piango, e le dico: Come ho potuto, dolce mio bene, partir da te? Piange, e mi dice d'un cenno muto: Come hai potuto?
Con un sospiro quindi la cassa tira del muto pettine a se'. Muta la spola passa e ripassa.
Piango, e le chiedo: Perche' non suona dunque l'arguto pettine piu'? Ella mi fissa timida e buona: Perche' non suona?
E piange, piange — Mio dolce amore, non t'hanno detto? non lo sai tu? Io non son viva che nel tuo cuore.
Morta! Si', morta! Se tesso, tesso per te soltanto; come, non so: in questa tela, sotto il cipresso, accanto alfine ti dormiro'. —
La cavalla storna G.Pascoli Nella Torre il silenzio era già alto. Sussurravano i pioppi del Rio Salto. I cavalli normanni alle lor poste frangean la biada con rumor di croste. Là in fondo la cavalla era, selvaggia, nata tra i pini su la salsa spiaggia; che nelle froge avea del mar gli spruzzi ancora, e gli urli negli orecchi aguzzi. Con su la greppia un gomito, da essa era mia madre; e le dicea sommessa: « O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna; tu capivi il suo cenno ed il suo detto! Egli ha lasciato un figlio giovinetto; il primo d'otto tra miei figli e figlie; e la sua mano non tocco' mai briglie. Tu che ti senti ai fianchi l'uragano, tu dai retta alla sua piccola mano. Tu c'hai nel cuore la marina brulla, tu dai retta alla sua voce fanciulla». La cavalla volgea la scarna testa verso mia madre, che dicea più mesta: « O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna; lo so, lo so, che tu l'amavi forte! Con lui c'eri tu sola e la sua morte O nata in selve tra l'ondate e il vento, tu tenesti nel cuore il tuo spavento; sentendo lasso nella bocca il morso, nel cuor veloce tu premesti il corso: adagio seguitasti la tua via, perché facesse in pace l'agonia . . . » La scarna lunga testa era daccanto al dolce viso di mia madre in pianto. «O cavallina, cavallina storna, che portavi colui che non ritorna; oh! due parole egli dove' pur dire! E tu capisci, ma non sai ridire. Tu con le briglie sciolte tra le zampe, con dentro gli occhi il fuoco delle vampe, con negli orecchi l'eco degli scoppi, seguitasti la via tra gli alti pioppi: lo riportavi tra il morir del sole, perché udissimo noi le sue parole». Stava attenta la lunga testa fiera. Mia madre l'abbraccio' su la criniera. « O cavallina, cavallina storna, portavi a casa sua chi non ritorna! a me, chi non ritornerà più mai! Tu fosti buona . . . Ma parlar non sai! Tu non sai, poverina; altri non osa. Oh! ma tu devi dirmi una una cosa! Tu l'hai veduto l'uomo che l'uccise: esso t'è qui nelle pupille fise. Chi fu? Chi è? Ti voglio dire un nome. E tu fa cenno. Dio t'insegni, come». Ora, i cavalli non frangean la biada: dormian sognando il bianco della strada. La paglia non battean con l'unghie vuote: dormian sognando il rullo delle ruote. Mia madre alzò nel gran silenzio un dito: disse un nome . . . Sonò alto un nitrito.
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