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La morte lenta in diretta

Creato il 12 marzo 2011 da Anellidifum0

La morte lenta in diretta

残念

Impossibile non piangere davanti alle scene venute per tutta la giornata dell’11 marzo 2011 (l’11, un numero che porta male, da oggi) dal Giappone. Il paese più tecnologicamente avanzato, il più ricco di videocamere personali, il più connesso alla rete che viene colpito dalla catastrofe naturale più immane che la memoria umana possa ricordare. Da italiano che vive in Canada, in una città con più di un milione di asiatici (ma pochi giapponesi) non ho potuto non pensare ai tantissimi giapponesi sparsi per il mondo, in altri Paesi, che sono stati costretti ad assistere impotenti al lento ma inesorabile annientamento di ampie regioni del loro Paese. Perché se già il terremoto ha avuto una durata anomala, amplificata dalle migliaia di riprese prontamente riversate in rete da tutto il Giappone, il maremoto seguente ha avuto dei tempi feroci. 45 minuti sono trascorsi dalla fine del terremoto all’impatto della prima onda di tsunami. 45 minuti nei quali chi ha avuto la fortuna di essere sopravvissuto al terremoto ed è riuscito a mettersi in contatto con una qualche fonte d’informazione ha capito che doveva evacuare al più presto le zone sul livello del mare per mettersi in salvo. Ma chi invece era bloccato dai crolli del terremoto, chi non ha potuto più sapere cosa stava per succedere, è rimasto lì, a farsi prendere alla sprovvista – o peggio: ad attendere, sapendo di morire – l’onda del maremoto. Magari andando proprio sulla battigia, come in quel film americano, Deep Impact, sapendo che da un maremoto, se sei a piedi, non puoi scappare.

La distruzione del Giappone, il conseguente allarme nucleare, è la campagna contro il nucleare più efficace che mai si potesse avere. E’ la dimostrazione che le centrali nucleari, anche quelle giapponesi di ultimissima generazione e pensate per resistere a un terremoto di 9 gradi della scala Richter, non sono sicure. Alle migliaia di morti per il terremoto e il maremoto, il Giappone dovrà aggiungere i morti per le radiazioni. E con ogni probabilità, non solo il Giappone, ma anche le nazioni vicine. Se davvero i nuclei di tre centrali si sono fusi, come si legge in queste ore, le conseguenze saranno come quelle di Cernobyl.

Mi domando cosa sarebbe successo se nel 1945 gli Americani avessero potuto vedere gli effetti del bombardamento nucleare di Hiroshima e Nagasaki. E mi domando cosa pensano i credenti davanti a un atto di natura così immensamente devastante. Perché tutto sommato per chi non è credente è più semplice recuperare: il disastro è stato frutto di una serie di casualità, di coincidenze. Ma per chi crede che tutto si muova per volontà di un Dio, oggi deve essere stata una giornata davvero dura da spiegarsi.

La morte lenta in diretta
Altre onde anomale, sebbene molto meno dirompenti di quelle che hanno devastato il Giappone, si sono avute in molte nazioni che si affacciano sull’Oceano Pacifico. E’ buffo come, d’improvviso, il più grande oceano del pianeta Terra sia diventato, nella nostra percezione, una specie di pozzanghera dalla quale i quattro continenti che ci si affacciano devono temere problemi.

Internet ha davvero rimpicciolito questo pianeta. Il senso di empatia che tutte le persone appena un po’ sensibili hanno provato oggi verso una nazione probabilmente mai visitata, di cui sappiamo quasi nulla, è, io credo, la ricchezza più preziosa sotto il punto di vista umano che questa immensa tragedia ha portato. Viviamo su un puntolino blu e bianco, dove ogni tanto il blu s’incazza e sommerge tutto. Sarà bene ricordarselo, quando ci sentiremo sopraffatti dai nostri stress quotidiani.


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