Un (crudissimo) video,
Infanticidio nuova tattica della Nato il massacro di sorman
Il massacro-nascosto della Nato
IL MASSACRO DELLA NATO A MAJER, IN LIBIA
E se vogliamo qualcosa che vada oltre vedete il video qui sotto che mostra come molte immagini mandate in onda di recente sono assolutamente fasulle: una fiction che però ha degli ottimi risultati in termini di relazioni pubbliche e morale delle truppe .
Invito di Marinella Correggia
Mobilitiamoci in piazza almeno ora. Nei prossimi giorni. Se non ci si indigna per la guerra per cosa lo si farà mai? La Guernica libica sarà forse Sirte, o le altre città “nemiche” non ancora conquistate dalla Nato-Cnt? “In Libia i bombardamenti e la guerra continuano. Ci sono Sirte, Ben Walid, Sebha, Brega” dice dalla capitale della - ex? - Jamahiriya un amico sub-sahariano che adesso aspetta l’evacuazione.
Acqua e viveri tagliati Alla popolazione di Sirte, la Nato e il Consiglio nazionale di transizione (Cnt) hanno concesso alcuni giorni per la resa, pena l’assalto finale. Secondo il messaggio – certo non verificabile - alla rivista Argumenti.ru, mentre le forze del Cnt assistite da forze speciali estere circondano l’area e respingono dentro le famiglie di civili che cercano di fuggire, dall’alto piovono i bombardamenti dell’operazione Unified Protector, che sotto il mandato dell’Onu che imponeva una no-fly zone “deve continuare la sua missione di proteggere i civili” come ha affermato il 30 agosto la sempre surreale portavoce Nato Oana Longescu. Secondo la denuncia del superstite portavoce governativo Mussa Ibrahim all’agenzia cinese Xinua, a Sirte una pioggia di razzi piovuti sui fedeli nell’ultimo giorno di ramadan avrebbe ucciso un migliaio di persone. Se anche fossero cento, o cinquanta, sarebbe comunque troppo. Non solo: i bombardamenti hanno azzerato gli approvvigionamenti in acqua, cibo ed elettricità. Ecco l’analogia con la sorte di Falluja, che nell’ottobre 2004 fu privata di tutto prima dell’assalto finale dei marines che uccise migliaia di persone arrivando a usare il fosforo bianco. In grado minore anche Tripoli prima dell’attacco del 21 agosto è stata sottoposta a mesi di assedio: bombardamenti a infrastrutture, sabotaggi di condutture, embargo navale hanno causato carenze di gas, cibo, farmaci, benzina, elettricità e acqua, con conseguenti disagi anche pesanti. Come precisa il sito warisacrime.org, l’assedio viola le Convenzioni di Ginevra, così come i bombardamenti su obiettivi civili; che da luglio la nato considera ufficialmente legittimi. Misurata e Bengasi: casus belli Gli armati asserragliati a Sirte e nelle altre città saranno accusati di usare i civili come scudi umani. Invece quando a Misrata erano i ribelli a nascondersi nelle case, la colpa dei morti nel fuoco incrociato e sotto le bombe Nato fu tutta addossata all’esercito libico che circondava la città: si veda il rapporto di Amnesty International Misrata under Siege, dello scorso aprile. Eppure, molte famiglie di Misurata avevano scelto di rifugiarsi nelle zone lealiste e non a Bengasi. Dopo due mesi di scontri a terra e guerra dai cieli, Human Rights Watch stimava in alcune centinaia le vittime civili della guerra a Misrata. Proteggere i civili di Misrata era il pretesto fornito dalla Nato per continuare a bombardare la Libia. A Sirte le vittime civili potrebbero già essere molte di più. Ma gli assediati non sono tutti uguali. Del resto la guerra della Nato è ufficialmente iniziata per rispondere all’assedio di un’altra città: Bengasi. Ricostruisce gli eventi il docente statunitense Maximilian Forte un articolo su Counterpunch proprio richiamando il recente ultimatum: “Tripoli, Sirte e Sabha possono essere sacrificate, e non ci sono proteste nemmeno di fronte ai recenti massacri a Tripoli. Invece Bengasi era per i leader dell’Unione Europa la città sacra”. Obama, Cameron e Sarkozy insieme scrivevano ai giornali: “Con la nostra rapida risposta abbiamo fermato l’avanzata delle forze di Gheddafi. Abbiamo evitato il bagno di sangue che egli aveva promesso alla città assediata. Abbiamo protetto decine di migliaia di vite umane”. Però allora, sottolinea Forte, “non solo i jet francesi hanno bombardato una colonna di militari libici che era in ritirata, ma si trattava di una colonna ridotta che comprendeva camion e ambulanze”. E soprattutto, a parte la retorica di Gheddafi, “non c’erano prove che Bengasi sarebbe stata sterminata: lo deduceva molti mesi fa un altro docente statunitense, Alan J. Kuperman, nel suo articolo “False pretense for war in Libya?” pubblicato sul Boston Globe: “Quando le truppe di Gheddafi hanno riconquistato in gennaio in tutto o in parte diverse città – Zawiya, Misurata, Adjabya, con una popolazione totale ben superiore a quella di Bengasi, non sono avvenuti genocidi…malgrado la diffusa presenza di cellulari per fare video e fotografie, non c’è prova di un massacro deliberato”: in effetti i diecimila morti denunciati ni primi giorni di proteste, nelle successive stime della stessa Corte penale erano scesi a circa duecento (più o meno equamente suddivisi fra le due parti). Proseguiva Kuperman: “E del resto Gheddafi non aveva minacciato di sterminio nemmeno Bengasi. Il suo ‘senza pietà’ del 17 marzo, secondo lo stesso New York Times si riferiva solo ai ribelli armati, mentre per quelli che si disarmavano era promessa una amnistia”. Conclude Monteforte: per una amara ironia, le prove dei massacri in Libia si riferiscono alle fasi successive all’intervento Nato. E soprattutto agli ultimi giorni. Lo dimostrano gli stessi reportage da Tripoli dei media mainstream che pure avevano appoggiato la rivolta (una sintesi degli stessi in www.mondialisation.ca/index.php?context=va&aid=26334). Insomma, come sintetizza Peacelink, la guerra iniziata per salvare Bengasi termina con un altro assedio. La guerra iniziata per “proteggere i civili” termina in un bagno di sangue. La guerra iniziata per i diritti umani termina con la violazione generalizzata degli stessi (persecuzione di neri e “sconfitti”). E la guerra iniziata per la “democrazia” termina con il Cnt che non riconosce in Libia l’esistenza di una parte della popolazione non allineata: “Non abbiamo bisogno di forze dell’Onu per la sicurezza. Qui non è in corso una guerra civile, è un tutto un popolo contro un dittatore” ha dichiarato giorni fa il capo dello stesso Cnt Abdel Jalil. A metà maggio Aisha Mohamed era in transito nella tunisina Djerba. Aveva finito un anno di specializzazione in Gran Bretagna e aveva scelto di andare a condividere la guerra con la sua famiglia, che stava subendo la guerra. A Sirte. Se è ancora là, Aisha è in trappola. Marinella Correggia
Piccolo commento a cura della redazione del blog
Ho iniziato a seguire la politica 30 anni fa, e da 25 sono impegnato in prima linea, e le ho viste e fatte tutte come: occupazioni, banchetti, cortei, sit in ... i risultati sono stati a dir poco effimeri. Adesso, pur credendo ancora di più nell'impegno sociale credo che manifestazioni ed iniziative di piazza servano soprattutto a far credere ai manifestanti di combattere contro il sistema, mentre in realtà è il sistema che vuole che tu disperda le tue energie lottando invece che ricercando, studiando, diffondendo le nostre scoperte alla gente che abbiamo intorno, di modo che si crei una nuova coscienza.
Come fare? Per prima cosa occorre abbandonare tutti i guru. Tutti i leader politici ed i leader delle associazioni pacifiste e ambientaliste sono stati cooptati dal sistema.
Una simile affermazione può apparire impossibile se non guardi il cielo, se non studi le interconnessioni tra chi vende vaccini e psicofarmaci, tra chi avvelena il cibo con l'alluminio, chi diffonde pesticidi, chi governa il mondo tramite club elitari (Bilderberg, CFR, Trilaterale).
Da qualche tempo sto scoprendo che nel movimento pacifista (come in quello animalista e ambientalista) agiscono diverse persone che gestiscono associazioni e siti molto famosi, gente insospettabile che parla di pace e di ambiente ma che si impegna ad evitare che il movimento pacifista e ambientalista agisca coerentemente denunciando le scie chimiche.
video: NATO AEROSOL CRIMES
In passato ho spesso partecipato e persino organizzato dei cortei ed iniziative di piazza, ma ultimamente notavo che troppo spesso tali eventi erano fini a se stessi, e mentre io mi sforzavo di organizzare dibattiti, interventi, riflessioni di approfondimento al termine dei cortei gli altri pensavano solo al numero delle persone da convincere a scendere in piazza. Io invece mi ritrovavo da solo a preparare opuscoli e volantini da diffondere ai cortei.
Se tutto il tempo ed i soldi impiegati in passato per organizzare cortei nazionali e locali fossero stati spesi per approfondire il lato oscuro della cospirazione che ci tiene tutti sotto scacco, forse avremmo accresciuto la consapevolezza nostra e degli altri, l'unica cosa credo che possa servire a liberare noi tutti. Cosa accadrebbe se in Nord Africa se il popolo scoprisse le scie chimiche? Chi ci sarebbe ancora disposto a fare da carne da cannone per le guerre di finta liberazione?