La notte dell’alligatore raccoglie sei brevi racconti apparsi per la prima volta su Metal Hurlant tra il 1981 ed il 1986. Il disegno è di Jacques de Loustal (www.loustal.net per informazioni “ufficiali”) con cui collaborano come sceneggiatori (per cinque dei sei racconti) Marc Villard (in una occasione) e Philippe Paringaux (nelle altre quattro).
Sei brevi storie, personaggi reali, realmente disperati, a volte dispersi quasi sempre sconfitti.
La prima breve parabola è “Bulimica” (Loustal-Villard) una storia di ignoranza: ignoranza della altrui sensibilità da parte di un marito troppo macchietta per essere credibile, ma troppo egocentrico per non essere vero. Una storia che disturba, che non può (e forse non deve) essere creduta.
Segue “New Mexico” (Loustal-Paringaux). Se non fosse stata scritta nel 1981 potrebbe essere definita “tarantiniana” (sembra l’inizio di “Dal tramonto all’alba” e riprende alcuni aspetti di “Assassini nati“), non tanto nella rappresentazione della violenza (in questo caso assolutamente implicita) quanto nell’ambientazione. Siamo infatti in un mini ristorante nel mezzo al deserto vicino al confine messicano, con enorme camion parcheggiato e cameriera in completo rosa. Gli assassini mai vengono “inquadrati”, sappiamo che guidano una Cadillac (o simile, comunque è la loro undicesima macchina rubata) rosa con le pinne al posteriore e il portachiavi di Mickey Mouse, e che stanno consumando uno spuntino tipo cibo veloce al tavolo. Succede poi che la povera cameriera, rimasta sola nel locale, viene uccisa, e la polizia esegue una accurata ricostruzione dei fatti. La coppia omicida (si scopre essere composta da fratello e sorella) viene giustiziata: moriranno “coraggiosamente”. In sei pagine “New Mexico” mette in scena una sottile riflessione sulla violenza, sulla sua insensatezza e, talvolta, assoluta casualità. La povera cameriera smette di sognare una vita migliore, il camionista si salva probabilmente per caso e i due assassini muoiono giustiziati ma per niente pentiti.
Terzo atto: “La donna bianca” (Loustal Paringaux). Il razzismo, la guerra tra le razze in una guerra personale di un nero contro il mondo : Un pugile nero testardo e istintivo che decide di non andare giù nell’incontro che doveva perdere per “possedere” una spettatrice bianca
Ti ha visto quasi nudo, Eddie
Ma non è una rivincita basata sull’orgoglio razziale perché lui la vuole davvero e dopo l’incontro va a cercarla, la trova la porta con se e forse la uccide, non lo sappiamo, sappiamo però che potrebbe averlo fatto oppure no, non è importante perché è in arrivo il KKK a fare la giustizia. Alla fine, ancora tutti perdenti.
Quarto: “La notte dell’alligatore” (Loustal-Paringaux). La striscia più lunga (sedici pagine) e più articolata narrativamente. Un’altra storia di sconfitta, di un medico sconfitto dal suo irreparabile passato: una moglie uccisa da malviventi e una figlia da lui subito dopo violentata
E’ una specie di sega arrugginita che mi strazia in due: la mia testa piange al ricordo di tanta vergogna, il mio sesso si rizza al ricordo di tanto godimento.
Una storia nera da leggere più che raccontare, qualche altro esempio:
Qualche goccia mi schizzò in faccia e sulle mani, non ebbi bisogno di abbassare gli occhi per sapere di che colore era.
Avresti potuto scambiarlo per un ragazzino perso nella bufera, afferrarlo per il braccio per impedirgli di volare via. Ma quando alzò la testa la luce gli piovve dritto negli occhi e capii che era meglio non farlo.
“La vie en Blues” (Loustal-Paringaux) è la quinta storia o meglio, canzone. Un Blues illustrato da tre pagine in bianco nero e grigio . Un Blues più triste di quelli dei bar “da ST.Louis a Menphis“. Un vero Blues anni 30: un lamento.
Chiude “Marcel, il piccolo bianco di Iwindo” (Loustal) che a me ha fatto venire in mente (divagazioni oniriche a parte) “La laguna dei bei sogni” di Pratt, e anche se non mi sogno di paragonare due storie dalla lunghezza così differente (quella di Pratt è un assoluto capolavoro) in entrambi la guerra coloniale, la pazzia, il distacco dal mondo e la insensatezza della situazione globale sono simili anche se Pratt le rappresenta con divagazioni allucinatorie mentre Loustal utilizza l’alienazione dell’allontanamento della coscienza critica.
La notte dell’alligatore è un gran bell’esempio di fumetto d’autore, ha una struttura molto semplice quasi proto-fumettistica perché non utilizza praticamente mai il baloon a favore di illustrazioni commentate dalla voce interiore del protagonista/sceneggiatore. In pratica il “voice off”, stratagemma spesso utilizzato al cinema (Blade Runner) e nei racconti neri o gialli (Himes o Spillane).
Ma in questo caso, stratagemma narrativo o scelta stilistica che sia, l’assenza del baloon ci permette di ammirare i disegni di Loustal, definiti da un numero relativamente basso di linee, ma colorati ad acquerello con ricchezza di sfumature (in questo probabilmente Loustal è in anticipo su quella che poi è una delle evoluzioni del fumetto d’autore attuale e cioé il tratto meno definito, ma più espressivo che caratterizza, ad esempio, i compagni di editore Igort o David Mazzucchelli). Un modo di utilizzare il colore raffinato che si adegua alla narrazione nella scelta dello spettro (si vedano le ultime due storie in bianco/nero/grigio e bianco/nero/marrone) e del numero delle linee (che abbondano ad esempio ne “La donna bianca” conferendo un atmosfera più “sporca” al racconto).
Se amate le storie nere senza necessariamente investigatori e impermeabili dovreste acquistare questo volume .
La notte dell’alligatoreJacques de Loustal, Marc Villard, Philippe Paringaux
Coconino Press, 2002
64 pagine, brossurato, colori – 16,00€
ISBN: 978-88-88063-44-7
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