La nuova responsabilità aggravata ex art. 96 c.p.c.

Da Zero39

Segnalazione e nota dell’Avv.  Marilena Mele, membro dell’Associazione “Zero39 all professional services in one network”e coordinatrice della Sezione “Condominio”

L’art.96[1] come è noto, negli ultimi tempi è stato oggetto di numerosi interventi sia a livello giurisprudenziale che legislativo ed  attualmente dispone che se risulta che la parte soccombente abbia agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, anche al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza. Analogamente, viene condannato al risarcimento dei danni, qualora vi sia una domanda in tal senso, l’attore o il creditore procedente che abbia agito senza la normale prudenza, se il giudice accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale o iscritta ipoteca giudiziale. Quindi se dall’istruttoria risulta evidente che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche di ufficio, nella sentenza.  Occorre rammentare, inoltre, che la l.18.6.2009 n.69 (GU 95 L 19.6.2009) ed entrata in vigore dal 4.7.2009, ha introdotto un ulteriore comma all’arte 96 che ha apportato, con alcune importanti novità rispetto a quanto era disciplinato in precedenza che si possono così riassumere: 1)non è più necessario allegare e dimostrare l’esistenza di un danno che abbia tutti i connotati giuridici per essere ammesso a risarcimento essendo semplicemente previsto che il giudice condanna la parte soccombente al pagamento di un somma di denaro; 2)non  è corretto parlare di risarcimento ma di indennizzo (riferendosi alla parte a cui è concesso) o una punizione (per aver appesantito inutilmente il corso della giustizia, se si ha riguardo allo Stato) di cui viene gravata la parte che ha agito con imprudenza, colpa o dolo, quindi rispetto alle ipotesi disciplinate nel I e II comma il Giudice provvede ad applicare una sorta di sanzione d’ufficio alla parte soccombente e non (necessariamente) su richiesta di parte; 3)la determinazione dell’importo è lasciata alla discrezionalità del giudice che deciderà secondo l’equità; 4) infine è bene chiarire che la possibilità di attivazione della norma non è necessariamente correlata alla sussistenza delle fattispecie del primo e secondo comma.

Al riguardo, la sentenza  del Tribunale di Roma – Sezione di Ostia del 9 dicembre 2010, in conformità con quanto disciplinato dal novellato art. 96 cpc, ha condannato l’Equitalia al risarcimento del danno esistenziale,  essendo illegittima l’iscrizione ipotecaria imposta per somme che non superano gli €.8.000.

Avv. Marilena Stefania Mele

Tribunale di Ostia, sentenza del 09.12.2010


[1] Art. 96 cpc “Se risulta che la parte soccombente ha agito o resistito in giudizio con mala fede o colpa grave, il giudice, su istanza dell’altra parte, la condanna, oltre che alle spese, al risarcimento dei danni, che liquida, anche d’ufficio, nella sentenza. Il giudice che accerta l’inesistenza del diritto per cui è stato eseguito un provvedimento cautelare, o trascritta domanda giudiziale o iscritta ipoteca giudiziale, oppure iniziata o compiuta l’esecuzione forzata, su istanza della parte danneggiata condanna al risarcimento dei danni l’attore o il creditore procedente, che ha agito senza la normale prudenza. La liquidazione dei danni è fatta a norma del comma precedente. In ogni caso, quando pronuncia sulle spese ai sensi dell’articolo 91, il giudice, anche d’ufficio, può altresì condannare la parte soccombente al pagamento, a favore della controparte, di una somma equitativamente determinata.”

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