La base leghista non ne può più e, per paura di ricevere per la prima volta in vita sua i fischi e gli sberleffi dei vichinghi, Umberto Bossi annulla l’ormai annuale comizio di Calalzo di Cadore, cuore della padania leghista e madre di tutte le battaglie verdi. I malumori, iniziati quando è stato chiaro che Umberto era diventato lo chaperon di Silvio, il cappuccio nero che permette al Nano² di nascondere le malefatte, si stanno concretizzando con una serie di prese di distanza dal partito che quotidianamente si possono ascoltare dalle antenne di Radio Padania Libera, leggere dai commenti su Facebook e risuonare nelle valli con le mucche all’alpeggio. Il motivo di tanto malessere è la manovra economica di Tremonti, il loro amico più fidato, l’uomo di governo non leghista al quale non dispiace indossare la camicia verde, il Robin Hood che “nel frattempo si è trasformato nello Sceriffo di Notthingam”, come ha fatto notare Roberto Di Lernia, noto dirigente del Carroccio. Umbertino Bossi non ha mica avuto paura dei pomodori che al massimo si spiaccicano sul bersaglio, ma dell’impatto traumatico con le Golden che, come tutti sanno, se lanciate con forza da una certa distanza, diventano delle vere e dolorosissime armi improprie. E dire che proprio ieri Roberto Calderoli, momentaneamente sceso dalla palma, ne aveva dette due mica tanto male. La prima è che se i calciatori continuano a voler far pagare alle società la tassa sui superstipendi (e per questa ragione minacciano lo sciopero), occorrerebbe raddoppiargliela, la seconda è stata sul finanziamento delle missioni militari di guerra, mascherate da interventi pacifisti, all’estero per stornare quei fondi alla scuola. Quando abbiamo letto le dichiarazioni del ministro per la Esemplificazione ci siamo chiesti se al rinsavimento non avesse contribuito la notte di fuoco e di sesso sfrenato con Tarzan a ferragosto, ma è stato un momento, un attimo, un flash: rindossata la camicia verde Calderoli è tornato ad essere Cita. Quello che è certo è che la protesta leghista sta prendendo sempre più corpo e sostanza, e si sta trasformando in un vero e proprio j’accuse alla politica del capo indiscusso, nonché Papa dell’odinismo, che sta occupando tutte le possibili fonti di comunicazione. Matteo Salvini è stato costretto a rientrare dalle ferie per tentare di frenare l’ondata di indignazione che stava rischiando di travolgere Radio Padania, e gli ascoltatori, sentita puzza di censura, si sono gettati a capofitto su internet e più precisamente su www.padania.org, per scrivere: “Bossi sta diventando più bugiardo di Berlusconi”, mentre una elettrice emiliana scrive: “Bossi ha i numeri per staccare la spina a questo governo di infami”. L’aria che tira è questa. Il popolo padano si sente preso per il culo e ci piacerebbe vedere ora che fine farebbero “le centomila baionette bergamasche pronte a occupare Roma se non passa il Federalismo”. A Pontida, nonostante le censure, si erano già avvertiti i primi sintomi di un malessere strisciante che stava diventando sempre più palese dopo la sconfitta di Milano. Molti leghisti si erano resi conto che erano iniziate le 5 giornate ma che dalla parte delle barricate del popolo in rivolta loro non c’erano, erano quelli che imbracciavano il fucile. Il malessere è diventato montante quando Berlusconi ha risposto picche allo scadenziario-ultimatum leghista, per esplodere adesso a manovra economica approvata. Bossi ha avuto proprio ragione quando ha affermato: “Se cade Berlusconi ci trascinerà tutti nel baratro”. Parole sacrosante che stanno evidenziando una situazione ormai di fatto. E mentre il presidente della provincia di Belluno, Gianpaolo Bottacin, scrive nientemeno che al Capo dello Stato per denunciare la situazione degli enti locali vessati dal governo dei suoi camerati leghisti, si deve leggere sui giornali che, per riffa o per raffa, mogio mogio quatto quatto, Silvio si è fatto approvare negli anni una serie di provvedimenti grazie ai quali per le sue imprese Mediaset, Mondadori, Mediolanum e Mediatrade non ha pagato 500 milioni di tasse. Ma con chi vuole incazzarsi la base leghista se il loro partito ha votato tutte le norme pro-Silvio della recente storia repubblicana? Sapete cosa ha detto Gino Mondin, esponente della Lega e proprietario dell’hotel di Calalzo dove Bossi e i fedelissimi festeggiano da una vita il compleanno di Giuletto Tremonti? “Possiamo mica portar su il Capo per fargli tirare addosso i pomodori”. Ma la frase più significativa è stata quella riportata dal Fatto e che riguarda un elegante signore in Audi che, visto Calderoli, ha abbassato il finestrino dell’auto e gli ha gridato: “Andate tutti a casa che avete già rotto i coglioni”. Punto. Fine. Il seguito alla prossima puntata.
Magazine Politica
La Padania in rivolta. Non la radio, la “nazione”
Creato il 18 agosto 2011 da Massimoconsorti @massimoconsorti
La base leghista non ne può più e, per paura di ricevere per la prima volta in vita sua i fischi e gli sberleffi dei vichinghi, Umberto Bossi annulla l’ormai annuale comizio di Calalzo di Cadore, cuore della padania leghista e madre di tutte le battaglie verdi. I malumori, iniziati quando è stato chiaro che Umberto era diventato lo chaperon di Silvio, il cappuccio nero che permette al Nano² di nascondere le malefatte, si stanno concretizzando con una serie di prese di distanza dal partito che quotidianamente si possono ascoltare dalle antenne di Radio Padania Libera, leggere dai commenti su Facebook e risuonare nelle valli con le mucche all’alpeggio. Il motivo di tanto malessere è la manovra economica di Tremonti, il loro amico più fidato, l’uomo di governo non leghista al quale non dispiace indossare la camicia verde, il Robin Hood che “nel frattempo si è trasformato nello Sceriffo di Notthingam”, come ha fatto notare Roberto Di Lernia, noto dirigente del Carroccio. Umbertino Bossi non ha mica avuto paura dei pomodori che al massimo si spiaccicano sul bersaglio, ma dell’impatto traumatico con le Golden che, come tutti sanno, se lanciate con forza da una certa distanza, diventano delle vere e dolorosissime armi improprie. E dire che proprio ieri Roberto Calderoli, momentaneamente sceso dalla palma, ne aveva dette due mica tanto male. La prima è che se i calciatori continuano a voler far pagare alle società la tassa sui superstipendi (e per questa ragione minacciano lo sciopero), occorrerebbe raddoppiargliela, la seconda è stata sul finanziamento delle missioni militari di guerra, mascherate da interventi pacifisti, all’estero per stornare quei fondi alla scuola. Quando abbiamo letto le dichiarazioni del ministro per la Esemplificazione ci siamo chiesti se al rinsavimento non avesse contribuito la notte di fuoco e di sesso sfrenato con Tarzan a ferragosto, ma è stato un momento, un attimo, un flash: rindossata la camicia verde Calderoli è tornato ad essere Cita. Quello che è certo è che la protesta leghista sta prendendo sempre più corpo e sostanza, e si sta trasformando in un vero e proprio j’accuse alla politica del capo indiscusso, nonché Papa dell’odinismo, che sta occupando tutte le possibili fonti di comunicazione. Matteo Salvini è stato costretto a rientrare dalle ferie per tentare di frenare l’ondata di indignazione che stava rischiando di travolgere Radio Padania, e gli ascoltatori, sentita puzza di censura, si sono gettati a capofitto su internet e più precisamente su www.padania.org, per scrivere: “Bossi sta diventando più bugiardo di Berlusconi”, mentre una elettrice emiliana scrive: “Bossi ha i numeri per staccare la spina a questo governo di infami”. L’aria che tira è questa. Il popolo padano si sente preso per il culo e ci piacerebbe vedere ora che fine farebbero “le centomila baionette bergamasche pronte a occupare Roma se non passa il Federalismo”. A Pontida, nonostante le censure, si erano già avvertiti i primi sintomi di un malessere strisciante che stava diventando sempre più palese dopo la sconfitta di Milano. Molti leghisti si erano resi conto che erano iniziate le 5 giornate ma che dalla parte delle barricate del popolo in rivolta loro non c’erano, erano quelli che imbracciavano il fucile. Il malessere è diventato montante quando Berlusconi ha risposto picche allo scadenziario-ultimatum leghista, per esplodere adesso a manovra economica approvata. Bossi ha avuto proprio ragione quando ha affermato: “Se cade Berlusconi ci trascinerà tutti nel baratro”. Parole sacrosante che stanno evidenziando una situazione ormai di fatto. E mentre il presidente della provincia di Belluno, Gianpaolo Bottacin, scrive nientemeno che al Capo dello Stato per denunciare la situazione degli enti locali vessati dal governo dei suoi camerati leghisti, si deve leggere sui giornali che, per riffa o per raffa, mogio mogio quatto quatto, Silvio si è fatto approvare negli anni una serie di provvedimenti grazie ai quali per le sue imprese Mediaset, Mondadori, Mediolanum e Mediatrade non ha pagato 500 milioni di tasse. Ma con chi vuole incazzarsi la base leghista se il loro partito ha votato tutte le norme pro-Silvio della recente storia repubblicana? Sapete cosa ha detto Gino Mondin, esponente della Lega e proprietario dell’hotel di Calalzo dove Bossi e i fedelissimi festeggiano da una vita il compleanno di Giuletto Tremonti? “Possiamo mica portar su il Capo per fargli tirare addosso i pomodori”. Ma la frase più significativa è stata quella riportata dal Fatto e che riguarda un elegante signore in Audi che, visto Calderoli, ha abbassato il finestrino dell’auto e gli ha gridato: “Andate tutti a casa che avete già rotto i coglioni”. Punto. Fine. Il seguito alla prossima puntata.
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