Che cos’é il tradimento? Cosa ci viene in mente quando pensiamo ad una persona che tradisce? In questo sono proprio limitata perché subito, immediatamente, penso che tradire sia legato solo alla vita di coppia. E automaticamente mi percepisco come tradita, mai come possibile traditrice. Mi sento sicura di essere impossibilitata moralmente a tradire (forse lo crediamo tutti, finché non si verifica il contrario) o forse la paura di venir tradita è tanta e supera la capacità di analizzare un tema e delle azioni che potrebbero invece avere molti risvolti. Questo è un problema mio ma anche un’ossessione italiana. Sarà perché, in verità, in Italia se scrivi tradito leggi cornuto, un termine che non ha traduzione in inglese, che si perdonano voltafaccia politici, cambiamenti di rotta e tante altre cose, ma non di essere pubblicamente visti come “cornuti e mazziati”.
il Washington Post “Clinton Impeached”
L’America sempre moralista anche negli anni ’90 mi ha aperto gli occhi: a Bill Clinton si rimproverava non solo e non tanto di aver messo le corna alla moglie Hillary, facendo sesso orale con una stagista molto più giovane (che aveva conservato l’abito “macchiato” dal peccato) ma soprattutto di aver tradito il paese mentendo e negando fino all’evidenza. Gli americani sembravano ribadire che l’onestà è imprescindibile: “Se puoi mentire su questo, allora puoi mentire su tutto. Ci potremmo ancora fidare di te?”. Questo tradimento gli è costato l’impeachment.
Insomma il tradimento non è solo una possibile prerogativa delle relazioni amorose. Si posso tradire ideali, si possono tradire le proprie origini, si possono tradire promesse e impegni. Si possono tradire aspettative. Più di chiunque altro me lo ha insegnando (magistralmente) Philip Roth.
Ebreo – con una scrittura e dei temi fortemente connotati sulla sua educazione avvenuta in famiglia e quartieri ebraici del New Jersey, americano di Newark, nato nel 1933, da molti reputato il massimo autore mondiale vivente, in questi giorni mi ha fatto sentire tradita. In un’intervista recente ha dichiarato che non scriverà più. Come? Sei ancora vivo e ci lasci orfani dei tuoi libri, delle tue storie, dei tuoi racconti? In pratica ci abbandoni prima della morte?
Eppure dopo aver letto questo non mi sento di condannarlo:
Philip Roth oggi
“In fin di vita il pugile Joe Louis ha dichiarato: “Ho fatto meglio che potessi con quel che avevo”. E’ proprio ciò che direi io del mio lavoro: ho fatto il meglio con quel che avevo. E poi ho deciso di chiudere con i romanzi. Non ne voglio più leggere, né scrivere, non ne voglio più nemmeno parlare. Ho dedicato la vita ai romanzi: li ho studiati, insegnati, ho scritto, letto. Escluso tutto il resto. È molto! Non provo più quel fanatico attaccamento alla scrittura provato tutta la vita. Impossibile affrontare ancora la scrittura.”
“Non sta un po’ esagerando?” – incalza Nelly Kaprièlian, che lo intervistava per la rivista francese “LesInRockuptibles”.
“Scrivere è avere torto tutto il tempo. Le nostre bozze raccontano la storia dei nostri fallimenti. Non ho più l’energia della frustrazione, non ho più la forza di affrontarla. Scrivere è frustrante: si passa il tempo a buttar giù parole sbagliate, frasi sbagliate, storie sbagliate. Ci si sbaglia in continuazione, si fallisce continuamente e si vive in una frustrazione perpetua. Si passa il tempo a dirsi: questo non funziona, devo ricominciare. Sono stanco di questo lavoro. Sto attraversando un momento difficile della mia vita: ho perso qualsiasi forma di fanatismo. E non provo malinconia, non penso che libro più libro meno, la situazioni cambi. E se scrivo un nuovo libro sarà probabilmente sbagliato. Chi ha bisogno di un libro mediocre in più?”
Philip Roth e Primo Levi, Torino l’intervista per “Shop Talks”, “La Stampa” 26/02/1988.
Se scrivere è avere torto sempre, se nessuno ha bisogno di un altro libro mediocre, e sono d’accordo su entrambe le cose, capirete perché io, nonostante abbia letto molto di Roth, non ne abbia mai parlato. Ne ho un timore reverenziale. Non riesco a guardare le sue foto perché mi mette soggezione e mi fa sentire incapace ed inadeguata alla scrittura, tanto è bravo, senza apparirmi presuntuoso. Figuriamoci aver il coraggio di parlare di lui, dei suoi romanzi, che tanto mi hanno dato, con le mie povere parole. Come potrò raccontare dell’uomo che meglio rappresenta la letteratura contemporanea, che ha avuto numerosi premi e riconoscimenti (ma non il Nobel …) che racconta la realtà meticolosamente, la psicologia umana, la storia del suo paese, della sua città, della sua strada, della sua famiglia non tanto come erano o come sono, ma soprattutto come avrebbero potuto essere immaginando, narrando se stesso mettendosi di fronte a “se” e a“ma” che non ha vissuto in prima persona (la polio in Nemesi, un presidente Usa nazista in Complotto contro l’America, la guerra in Corea in Indignazione, la figlia terrorista antipatriottica in Pastorale Americana…). Forse non avrei dovuto fare quello che sto facendo.
In effetti Roth ha tutto il diritto di smettere di scrivere, più di quanto non ne abbia io a sentirmi tradita dal suo nuovo disinteresse per la letteratura. Ha già pubblicato 4 raccolte di racconti e 23 romanzi, e fra questi c’è la trilogia per me inarrivabile del disgregamento del sogno americano: “Pastorale americana” (1997 ), “Ho sposato un comunista” (1998) e “La macchia umana” (2000), il cui io narrante-osservatore è il personaggio di Nathan Zuckerman, alter ego di Roth stesso. Tre romanzi che hanno segnato la storia della scrittura e della cultura mondiale. Fra questi però, il mio preferito è il secondo.
La storia è ambientata al tempo del maccartismo e ci parla Murrey Ringold, insegnate di letteratura di Nathan Zuckerman, e di suo fratello Ira, ex-scaricatore di porto, ex-operaio impegnato nelle lotte sindacali, che tradisce le sue origini divenendo attore radiofonico di successo e marito per amore della bellissima e ricca diva del muto Eve Frame amica di senatori maccartisti, senza mai lasciare la lotta politica né il suo spirito di maschio conquistatore. Tutto crollerà perché ognuno si sentirà legittimato al tradimento: Eve, scoprendo che Ira non le è stato fedele, consegnerà alla stampa il libro “Ho sposato un comunista” facendo precipitare tutto. Non aggiungo altro. Ho scelto alcuni brani tratti da questo libro a cui ho dato un titolo, come se si trattasse di definizioni.
“Ho sposato un comunista” di Philip Roth, Einaudi 2000.
Esperienza - Ogni tanto, voltandomi indietro, ripenso alla mia vita come ad un lungo discorso che ho ascoltato. La retorica è a volte originale, a volte piacevole, a volte inconsistente, a volte maniacale, a volte pratica, a volte come l’improvvisa puntura di un ago e io l’ascolto da tempo immemore: come pensare e come non pensare; come comportarsi e come non comportarsi; chi detestare e chi ammirare; cosa abbracciare e quando scappare, cos’è massacrante, cos’è lodevole, cos’è superficiale, cos’è sinistro, cos’è schifoso, e come restare un’anima pura. Si direbbe che parlare con me non sia un ostacolo per nessuno. Questa forse è una conseguenza del mio essere andato in giro per anni con l’aria di chi aveva un gran bisogno che qualcuno gli rivolgesse la parola. Ma qualunque ne sia la ragione, il libro della mia vita è un libro di voci. Quando mi chiedo come sono arrivato dove sono, la risposta mi sorprende: “Ascoltando”.
Ognuno percepisce l’esperienza, non come una cosa da fare, ma come una cosa da fare per poterne parlare. Nathan Zuckerman
La cultura dei ricchi. - La casa … in cui viveva Ira con Eve Frame … – l’accogliente abitazione come preziosa opera d’arte – alterò la mia concezione della vita … Dovevo solo varcarne la soglia per sentirmi … liberato da convenzioni familiari alle quali, per la verità, avevo aderito crescendo, quasi sempre con piacere e senza troppa fatica. … Non mi sentivo intimidito da un’atmosfera, a me ignota, di ricchezza e privilegio; a causa di quei popolareschi poteri che contribuivano al fascino di Ira, non tardai a farmi un’idea di come poteva essere gradevolmente comoda e civile la vita dei ricchi. E la cultura dei ricchi. Era come imparare una lingua straniera e scoprire che, malgrado l’alienante esotismo dei suoni, gli stranieri che la parlano fluentemente non stanno dicendo niente di più di ciò che hai sentito in inglese per tutta la vita. Nathan Zuckerman
La Rabbia 1 - Le dissi (ad Eve) … che anche io credevo nella libertà di pensiero. Nell’assoluta libertà di pensiero. …Ma non valeva la pena di impuntarsi su una cosa simile. Non era un problema importante. … Le dissi: non iniziare una battaglia che sai di non poter vincere, che non vale nemmeno la pena di vincere. Le dissi quello che cercavo di dire a mio fratello (Ira) … Non è l’essere arrabbiati che conta, è l’essere arrabbiati per le cose giuste. La rabbia serve a renderti efficiente. Questa è la sua funzione per la sopravvivenza. Se ti rende inefficiente, mollala come una patata bollente. Murray Ringold
Il senatore Mccarthy
La Rabbia 2 - … Io son sempre arrabbiato e spero di arrabbiarmi fino alla fine dei miei giorni. … Mi arrabbio moltissimo con questo simpatico paese , quando il signor Truman dice alla gente e quella ci crede, che il grande problema di questo paese è il comunismo. Non il razzismo. Non le ingiustizie. Non è quello il problema. Il problema sono i comunisti. I quarantamila o sessantamila o centomila comunisti. Che vogliono rovesciare il governo di un paese di centocinquanta milioni di abitanti. Non offendete la mia intelligenza. Ira Ringold
Politica e letteratura - La politica è la grande generalizzatrice e la letteratura è la grande particolareggiatrice, e non tanto esse sono fra loro in relazione inversa, ma hanno addirittura un rapporto antagonistico. Per la politica la letteratura è decadente, molle, irrilevante, fastidiosa, ostinata, ostinata, noiosa, una cosa che non ha senso, e che non dovrebbe neanche esistere. Perché? Perché la letteratura è l’impulso ad entrare nel particolare. Come puoi essere un artista e rinunciare alle sfumature? Ma come puoi essere un politico e permettere le sfumature? Come artista le sfumature sono il tuo dovere. Il tuo dovere è non semplificare.
… Tenere in vita il particolare in un mondo che semplifica e generalizza: ecco dove comincia la lotta. Non devi scrivere per legittimare il comunismo e non devi scrivere per legittimare il capitalismo. Sei estraneo a l’uno e all’altro. Se sei uno scrittore non ti allei né con l’uno né con l’altro. Vedi le differenze: vedi che questa merda è un po’ meglio di quella merda o che quella merda è un po’ meglio di questa. Molto meglio, forse, ma la merda tu la vedi. Non sei un militante. Sei uno che affronta il mondo in modo assai diverso. Il militante introduce una fede, una grande idea che cambierà il mondo, mentre l’artista introduce un prodotto per il quale al mondo non c’è posto. È un prodotto inutile, … una cosa che non c’era neanche all’inizio. Quando Dio in 7 giorni creò tutta questa roba, gli uccelli, i fiumi, gli esseri umani, non ebbe 10 minuti per la letteratura. … “La letteratura? … Dove la mettiamo? A che serve? Per piacere, sto creando un universo, mica un università. Niente letteratura.”
… Immaginavano di poter influenzare l’opinione pubblica. Lo scrittore non si deve limitare a osservare e descrivere, ma deve partecipare alla lotta. … Loro ci credevano a questo. Cazzate. Propaganda. Ma le cazzate non sono vietate dalla costituzione. Non erano agenti di spionaggio Ira Ringold e Arthur Sokolow. Erano agenti pubblicitari. … Questi uomini erano scadenti propagandisti, contro i quali le uniche leggi applicabili sono estetiche, le leggi del gusto letterario. L’insegnante Leo Gluckman
Il tradimento - È vero, – dissi io (Nathan)– Tra questi monti si può scegliere: o puoi perdere i contatti con la storia, come a volte decido di fare io, o puoi fare, mentalmente, ciò che stai facendo tu: alla luce dalla luna, per ore e ore, operare per riprenderne possesso.
- Tutte quelle contraddizioni, – disse Murray, – e poi il torrente del tradimento. Ogni anima ha la propria fabbrica di tradimenti. Per qualunque motivo: sopravvivenza, eccitazione, progresso, idealismo. Per il danno che può arrecare, per il dolore che può infliggere. Per la crudeltà che c’è dentro. Per il piacere che c’è dentro. Il piacere di manifestare il proprio potere latente. Il piacere di dominare gli altri, di distruggere le persone che ti sono nemiche. Gli fai una sorpresa: non è questo il piacere del tradimento? Il piacere di ingannare qualcuno. È un modo di ripagare la gente per il senso d’inferiorità che ti fanno provare, per l’impressione che hai di essere sminuito, per le frustrazioni che senti nei rapporti con gli altri. La loro stessa esistenza può riuscirti umiliante, o perché non sei come loro o perché loro non sono come te. E allora gli dai quello che si meritano.
- Naturalmente ci sono anche quelli che tradiscono perché non hanno scelta. Ho letto un libro di uno scienziato russo che ai tempi di Stalin denunciò alla polizia segreta il suo migliore amico. Per sei mesi aveva subito pesanti interrogatori e terribili torture; a quel punto disse: “ Guardate, io non resisto più; ditemi dunque, per piacere che cosa volete. Qualunque cosa mi darete firmerò”.
- Firmò quello che volevano fargli firmare e fu condannato all’ergastolo anche lui, senza condizionale. Dopo quattordici anni, negli anni Sessanta, quando le cose cambiarono, fu rimesso in libertà e scrisse questo libro. Lui dice che tradì il suo migliore amico per due ragioni: perché non era più capace di resistere alla tortura e perché sapeva che non aveva importanza, che tanto l’esito del processo era già stabilito. … Sapeva che l’amico, al quale aveva voluto bene fino alla fine, l’avrebbe disprezzato, ma un normale essere umano , quando viene torturato brutalmente, non è in grado di resistere. L’eroismo rappresenta un’eccezione. Una persona che fa una vita normale, una vita che ogni giorno si compone di ventimila piccoli compromessi, non è preparata a rinunciare improvvisamente a tutti compromessi e men che meno a resistere alla tortura.
- A qualcuno per indebolirlo occorrono sei mesi di tortura. Altri invece, partono con un vantaggio: sono già deboli. Sono persone capaci solo di cedere. Con una persona così basta solo dire “fallo” e lo farà. Accade così in fretta che non si rendono nemmeno conto di tradire. Poiché fanno ciò che gli viene chiesto di fare, sembra che quella sia la cosa giusta. E quando la verità si fa strada, è troppo tardi: hanno già tradito.
- C’era un articolo sul giornale, non tanto tempo fa, a proposito di un uomo della Germania dell’Est che spiò la moglie per vent’anni. Trovarono documenti su di lui negli archivi della polizia segreta della Germania est dopo il crollo del muro di Berlino. La moglie aveva una posizione professionale, la polizia voleva essere informata e l’informatore era il marito. Lei non sapeva nulla. Lo scoprì solo quando aprirono gli archivi. Vent’anni durò. Ebbero figli, frequentarono parenti, organizzarono feste, pagarono conti, subirono operazioni, fecero l’amore, non lo fecero, d’estate andavano al mare a fare bagni, e per tutto questo tempo lui fece la spia. Era un avvocato, sveglio coltissimo, scriveva poesie. Gli diedero un nome in codice, lui firmò un accordo, e ogni settimana s’incontrava con un ufficiale, non al comando della polizia ma in uno speciale appartamento, in una casa privata. …Gli dissero “Tu sei un avvocato, e noi abbiamo bisogno del tuo aiuto”, ed era debole firmò. Aveva un padre da mantenere … gli dissero che, se li avesse aiutati, si sarebbero occupati di suo padre … Tuo padre è malato, o tua madre, o tua sorella, e loro ti chiedono di aiutarli, e allora giustifichi il tradimento e firmi.
- A me sembra verosimile che in America, nel decennio dopo la guerra (tra diciamo il ’46 e il ’56), si siano significativamente perpetrati più atti di tradimento personale che in ogni altro periodo della nostra storia. Questa brutta cosa che fece Eve Frame era tipica dell’infinità di brutte cose che la gente fece in quegli anni, o perché doveva farle o perché sentiva il dovere di farle. Il comportamento di Eve rientrava perfettamente nel quadro delle operazione dal delatore dell’epoca. Quando mai, prima di allora, il tradimento, in questo paese, era stato così esaltato e premiato? Dappertutto, in quegli anni, esso fu la trasgressione ammissibile che ogni americano poteva commettere. Non soltanto il piacere del tradimento ne sostituisce l’interdetto, ma tu puoi trasgredire senza rinunciare alla tua autorità morale. Mantieni la tua purezza nello stesso tempo in cui tradisci patriotticamente, nello stesso tempo in cui realizzi una soddisfazione che, con le sue ambigue componenti di piacere e debolezza, aggressività e vergogna, rasenta il sessuale: la soddisfazione di screditare. Screditare innamorati. Screditare rivali. Screditare amici. Il tradimento è in questa stessa area: l’area di un piacere perverso, illecito e frammentato. Un tipo di piacere interessante, manipolatore e clandestino che ha molte attrattive, per un essere umano.
I married a Communist movie – niente a che vedere con il libro.
… – L’unico intoppo è che, ai tempi della guerra fredda, denunciare qualcuno alle autorità come spia sovietica poteva portare dritto alla sedia elettrica. … Il tradimento è un componente inevitabile della vita (chi non tradisce?) ma nel 1951 confondere il più odioso atto pubblico di tradimento, l’alto tradimento, con tutte le altre forme di tradimento non era una buona idea. L’alto tradimento, diversamente dall’adulterio, è un delitto capitale, e perciò le incaute esagerazioni, le sventate imprecisioni e le false accuse, o anche solo il gioco, apparentemente snob di fare dei nomi … Iosif Stalin e Mao Tse-tung: ecco la giustificazione.
- Le bugie. Un fiume di bugie. Tradurre la verità in una bugia. Tradurre una bugia in un’altra bugia. La competenza che mostra la gente nel mentire. L’abilità. Valutando con cura la situazione e poi, con voce calma e faccia impassibile, formulando la bugia più produttiva. Dovessero dire anche la parziale verità, nove volte su dieci è per una bugia. Murrey Ringold
Penso che il fatto che l’autore di questi passi smetta di scrivere, sia comunque un peccato. Anche se ha 79 anni e ci ha dato tanto.