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La parola come un bisturi

Da Marcofre

Più si va avanti, si scrive, e si lascia spazio alla parola, più ci si rende conto di quanta fatica pretenda.
In fondo, l’esperimento dei racconti con cui ho inaugurato questo blog, l’ho considerato un po’ come uno scherzo.
Come se non sapessi cosa vuole la parola. Delle sue pretese, se appena le lasci spazio. Ogni giorno, alza di più la posta.

Perché le parole quando le lasci cadere sulla pagina, e le offri al lettore, devono avere una precisione chirurgica. Il chirurgo una volta in sala operatoria, non può procedere a casaccio: tagliare dove capita.
Ogni mossa è studiata, qualunque gesto è stato attentamente valutato per ottenere il massimo, col minimo dispendio di energie.

Come col testo. Frasi, paragrafi, aggettivi, sostantivi: questo lo tolgo. No, quello lo metto, ma l’altro lo lascio, oppure…

L’efficacia della parola. Il suo incidere sino a far male, a risvegliare dal sonno.

La consapevolezza di aver sbagliato qualcosa, che quello che si aveva da dire è rimasto da qualche parte. Ecco perché si continua a scrivere: non per denaro, o per la gloria.
Bensì per incidere meglio.


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