Innanzitutto, buona Pasqua a tutti. Festeggiato bene? Io sono appena tornato da casa di mia nonna, dove, come ogni anno, mi sono ingozzato di lasagne e torta ai lamponi, mandando in vacca tutti gli sforzi fatti fino ad ora con la palestra. Che parlando di palestra, perché più che a Hugh Jackman sembro Paul Dano? Ma forse non è bello parlare di queste cose durante Pasqua, poiché la vanità è uno dei setti peccati capitali, e tirarla in mezzo in una festività può essere controproducente. Quindi meglio concentrarci sul film qui recensito, decisamente in tema con l'odierna festività, e che molte polemiche scatenò alla sua uscita [ormai il lontano 2004] così come ancora oggi è pronto a dividere tutti. Che poi vi ricordate di come all'epoca nessuno citasse mai il titolo completo, ma lo indicavano solo con
La passione? Persino nel titolo della locandina quella parte è scritta più grande del resto, ed è una cosa che non mi sono mai spiegato.Come si può evincere dal titolo, si parla delle ultime ore di vita di Cristo, da che le guardie romane lo catturano nel Giardino degli Ulivi, fino alla crocefissione, concedendoci anche un brevissimo attimo della resurrezione.Il mio pensiero sulla religione credo sia ben noto. Ho avuto pure io come tutti, specie nella prima adolescenza, un totale rifiuto della religiosità, per poi calmarmi intorno ai sedici anni e divenire agnostico a diciotto. Io non credo quindi che la religione sia ignoranza, anzi, è ricchezza e cultura, come lo è ogni mitologia, è ignorate piuttosto l'uso che se ne fa. Se io voglio imporre il mio credo a qualcuno, allora quella è ignoranza. Ma è l'utilizzo che ne fa l'uomo, non quello che effettivamente una religione realmente è. Stessa cosa per il Cristianesimo, religione resa così impopolare da roghi e inquisizione, ma che soprattutto nella figura di Gesù ha un proprio epicentro davvero molto bello. Non più un dio iroso e vendicativo che punisce con sciami di cavallette e angeli sterminatori di primogeniti, ma un essere dalle fattezza e dall'essenza umana che si sobbarca il peso di tutti i mali del mondo, soffrendo per i suoi fratelli e morendo per la loro salvezza. E' una figura mitologica interessante perché, come dimostra l'inizio del film, inizialmente chiede al padre di poter essere salvato e di poter avere anche lui la propria salvezza, cosa più unica che rara in qualsiasi credo. L'uso che ne fa Mel Gibson per certi versi quindi è ammirevole, si vuole concentrare l'attenzione sull'umanità di Gesù piuttosto che sui suoi miracoli - peraltro inevitabili, come i dialoghi col demone, la ricrescita dell'orecchio tagliato a una guardia romana dai suoi apostoli e la ferita fattagli da Cassio Longino - cosicché sulla carta il risultato doveva risultare parecchio interessante. Quello che ne esce invece è un manifesto del sadismo dell'autore/attore, che se dovesse fare un corto su un uomo che si taglia la barba, finirebbe per squarciargli la giugulare con le Gillette. Perché a conti fatti quello che ci viene propinato non è altro che uno splatter religioso, dove tutta la violenza ed il massacro perpetuati a Gesù, interpretato da Jim Caviziel, smette di avere il suo effetto dopo molto poco. Perché se a una prima vista il vedere una figura divina martoriata come un comune ladrone può far capire la potenza simbolica di questo progetto, a lungo andare il tutto diventa auto compiacimento in tutta la sua totalità. Cosicché fra una frustata e l'altra alla fine il senso ultimo del film va a perdersi in molte cose gratuite, con dei vertici finali che hanno davvero un cattivo gusto imperante. Perché non solo abbiamo un Barabba con un occhio cieco, ma ci sono anche un Ponzio Pilato mostrato con stara ed indulgente clemenza, insieme all'apice che deve un corvo [inviato da Dio? Passava di lì per caso?] staccare a beccate un occhio al ladrone cattivo che insulta Gesù. Tutto ciò contornato da dei brevi flashback che lo vedono parlare coi suoi apostoli, con la madre Maria e nel mentre che salvò Maria Maddalena [sì, interpretata da quella capra molto suadente della Bellucci] pronunciando la famosa frase sul lancio della pietra. Un po' troppo poco per darci l'idea di un Cristo umanizzato, e un po' troppo ridondante per non dare a prescindere a una figura simile un'aura divina. E quella dell'aramaico - perché qui tutti i personaggi parlano in aramaico antico o in latino, unica cosa che rende la Bellucci sopportabile alle orecchie - è solo un escamotage, così come tutto il bottage rilasciato riguardo al fatto che tutti i primi piani della mani che toccano Gesù sono di Mel Gibson stesso - parabola di come ogni uomo alla fine sia responsabile di ciò che è accaduto?Non concordo con chi l'ha definito un film razzista, ma non posso manco essere entusiasma di un progetto così gratuito e contraddittorio. Nel dubbio, mentre digerisco il pranzo pasquale, mi ascolto Via della Croce del grande Faber. Quello sì un pezzo che fa soffrire con la vera forza.Voto: ★★Magazine Cinema
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