1. L’ORGOGLIO DELLA TIMIDEZZA
Un amore precoce e duraturo, mutuato dal suo appeal narrativo – ha riscaldato la mia preadolescenza. Parlo del pianeta deamicisiano - Cuore – che mi folgorò con i suoi racconti mensili intitolati a giovani eroi risorgimentali. Tra i quali, restano indelebili: Dagli Appennini alle Ande, Sangue romagnolo, Il patriota padovano, La piccola vedetta lombarda, Lo scrivano fiorentino, Il tamburino sardo et al.
Quando lasciai la mia adolescenza colsi razionalmente come i citati racconti – inondati di passioni domestiche e di sentimenti patriottici – godessero di magìe letterarie capaci di confortare la mia introversione e la mia timidezza. Da addebitare, forse, al mio desiderio di sentimenti forti che sentivo non fossero stati sempre accesi tra le mura di casa. Sia a causa di una guerra bastarda che obbligava mio padre a una prigionìa lontana, sia per le assenze di mia madre costretta a lavorare l’intera giornata (se otto ore vi sembran poche…) per racimolare una misera busta paga.
In quella stagione lontana ho interiorizzato la sindrome del figlio abbandonato. Tant’è che la solitudine coatta mi rese insicuro e timido. L’allora sofferta mia percezione quotidiana – la Timidezza – vorrei fosse oggi meglio compresa dai genitori e dagli insegnanti. Soprattutto, in una stagione storica dove la Tv venera l’esatto contrario del Timido: l’estroverso, lo sfrontato, il bullo. Per questo, intendo valorizzare un tratto identitario sempre più ridicolizzato e censurato in una società tutta economia che stampa sui giovani il modello di “adultità” che popola l’odierna giungla sregolata e competitiva. Un Far West che genera un’umanità (a partire da quella giovanile) dal duplice volto: l’uno, sfrontato e cinico (bullo); l’altro, concentrato e inquadrato (conformista). Se la scuola ha il compito di formare la Persona appare evidente come non dovrà “mai” penalizzare gli alunni riservati e taciturni.
Fortunatamente, la mia sindrome dell’esclusione si é venuta trasformando, in età adulta, in una orgogliosa normalità. E’ il motivo per cui indosso i panni dell’avvocato difensore della Persona timida: ben consapevole che questa società spietatamente competitiva, individualistica e qualunquista intende mandare in una casa-di-cura chi non è aggressivo, spregiudicato, arrogante, dominatore. L’applausometro mediatico nei confronti della Persona chiacchierona e narcisista si è fatto assordante, anche per colpa di ideologiche ricerche d’oltre oceano che invitano a “sanitarizzare” il pianeta dei timidi perché ansiosi e taciturni: quindi, malati. Da curare al più presto, perché inservibili per un mondo che idolatra la competitività e il tackle duro “alla Gattuso” sulle gambe dell’altro-da-me: sempre e comunque avversario da abbattere.
2. IL NEMICO DEL CUORE: IL BULLISMO
La speranza di un’alba nuova per le generazioni a venire viene infranta nel decennio di debutto del Duemila. Quando il ventunesimo secolo indossa – senza alcun preavviso – gli abiti di un gigantesco Mefistofele (il neoliberismo selvaggio in economia: privo di regole e di solidarismo) per infierire impietosamente su giovani Faust (l’infanzia e l’adolescenza) precocemente deportati nelle prigioni della Società adulta. In queste, sono tramutati in “ometti”: in bonsai tali e quali la pianta dell’adultità. Nasce un inquietante interrogativo. Un’infanzia adultizzata potrà cogliere ancora gli immaginari del suo mondo mitico e surreale? Potrà ancora inventare paradisi emotivi e passionali? La Scuola non può negare il Cuore alla sua giovane utenza costringendola a indossare il grembiule del Sabato e non quello della Domenica. Infatti, il penultimo giorno della settimana simboleggia (come nel campionato di calcio) l’anticipazione – e forse la cancellazione – delle ore festive nelle quali l’infanzia ha sempre bevuto, fino all’ultima goccia, il calice del suo mondo magico popolato di emozioni e di incanti. L’anticipazione degli alfabeti cognitivi (a partire da quelli digitali) è la grande minaccia che volteggia sulle bambine e sui bambini di questo inizio Millennio perché velocizza la loro età evolutiva fino a farla scomparire. Come dire, spalanca le porte a quella pseudofilosofia dell’educazione che considera l’infanzia una stagione dalla quale sbarazzarci-in-fretta. Siamo al cospetto di una scuola-senza-Cuore che nega la parola alle domande “segrete” degli studenti.
Morale: il nostro sistema di istruzione è di buon livello sul versante degli apprendimenti, ma profondamente inadeguato sul versante dei sentimenti. Di qui il suo tradimento pedagogico: non sa ascoltare e dialogare con gli alunni.
Quali sono i connotati professionali di un docente che concorre alla “scomparsa” del Cuore giovanile? Questa, la carta d’identità. E’ un insegnante saccente e pervasivo nei confronti dell’infanzia e dell’adolescenza, tanto da annullare le loro identità e le loro differenze. E’ un insegnante colpito da una sindrome ossessiva: l’accumulazione precettistica delle conoscenze. Si alza al cielo un grido d’allarme. E’ urgente formare una professionalità docente che sappia ascoltare e dialogare con gli allievi dando finalmente voce al loro Cuore. Siamo fermamente convinti che la sfera emotivo-affettiva vada posta alla rotonda della vita di classe allo scopo di valorizzare la soggettività della Persona. Cioè a dire, l’irripetibilità-irriducibilità-inviolabilità della sua identità sociale che fa tutt’uno con l’essere-nel-mondo: la presa di coscienza del diritto alla Cittadinanza.
Un insidioso e allarmante “disagio” che insidia le giovani generazioni si chiama Bullismo. Gli studiosi più autorevoli di questa patologia relazionale hanno ampiamente documentato l’andamento del suo “meteo” le cui previsioni annunciano sui paesaggi della scuola un cielo pieno di pioggia. Il Bullismo si può definire una forma di relazione malata tra due allievi, nella quale l’uno è il carnefice (prepotente, torturatore, ricattatore) e l’altro la vittima (introversa, mansueta, dipendente e dalla bassa stima di sé). E’ un virus che si manifesta attraverso dinamiche ripetute di aggressività diretta (fisica e/o verbale) e indiretta (con il prendere in giro un compagno per emarginarlo e poi assoggettarlo). Nella vita della classe, questo bacillo sta strappando i fili nobili dell’amicizia e della solidarietà. E’ tra i banchi che il Bullismo trova terreno fertile per avvolgere la scuola in un clima di competitività cognitiva. Parliamo di una cruenta rivalità tra gli allievi che non solo dissemina nella classe il disvalore dell’indifferenza nei confronti dell’altro, ma che produce soprattutto una sorta di terra bruciata nella quale non diventa più possibile fare crescere la pianta profumata della cooperazione e della solidarietà.
3. L’AMICA DEL CUORE: LA CONVIVIALITA’
La Convivialità (l’amicizia, il dialogo, la cooperazione, la solidarietà) è la fidanzata naturale di un sistema di istruzione dove batte il Cuore. La pagina ingiallita dell’album dei ricordi della scuola tradizionale documenta l’immagine sfuocata di alunni che mentre entrano in classe sono costretti a lasciare i loro “cuori” - le loro parole, i loro sentimenti, le loro emozioni – fuori dal suo portone d’ingresso. Con questo pessimo risultato: raramente trova ascolto e dialogo, in classe, il mondo underground dei bambini, per lo più nascosto perché privo di “parola”. Parliamo delle loro pulsioni vitali, delle loro energie disordinate e dei loro slanci esistenziali tacitati nel silenzio.
Occorre voltare pagina. Assegnando al plesso scolastico il compito di cancellare ogni traccia di incomunicabilità (ovvero, un clima autoritario e direttivo) al fine di porre gli allievi nelle condizioni migliori per vivere le proprie motivazioni affettive e relazionali in un clima antiautoritario e antidogmatico
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