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La penosa verità dello scrittore

Da Marcofre

C’è una frase illuminante di John Gardner a proposito del mestiere dello scrittore. Più o meno recita: lo scrittore è solo. Per quanto siano importanti e utili i consigli di editor, insegnanti e altri scrittori, alla fine di fronte alla pagina c’è lui, e basta.

Quando si scrive è indispensabile cercare di avere delle opinioni: schiette e magari pure approfondite. Ecco perché credo che il blog sia lo strumento per chi decide di scrivere.

No, Facebook non lo è affatto. Nella maggior parte dei casi offre solo un mezzo per ottenere con estrema facilità consensi superficiali, e complimenti.

Se si apre un blog, e ci si impegna a riempirlo di contenuti interessanti (ecco perché molti preferiscono Facebook), alla fine si riesce a creare attorno a sé quella cerchia di persone che possono aiutare. Ma non c’è niente di sicuro a questo mondo.
Gli editori sbagliano, come chiunque sul lavoro; stroncano un libro che dopo qualche anno sarà decretato come classico.

Pure gli editors ovviamente. Anche gli insegnanti di scrittura, e persino chi ci incoraggia, o ci scoraggia. Non è terribile?

Sì abbastanza. D’altra parte nessuno ci chiede di scrivere: è una scelta, spesso solo un abbaglio. Soltanto chi non conosce il mestiere dello scrivere può ritenere che sia rosa e fiori. Chi ha la sventura di sentire il richiamo, la missione, la vocazione (chiamatela un po’ come volete), presto si scopre a guardarsi attorno. Non c’è nessuno.

È come scalare una parete di montagna; le senti le voci? I consigli del tuo istruttore? Ricordi con nitidezza la sua voce, anche quella degli amici più esperti di te, che hanno scalato vette da ottomila metri. Ma sei lì faccia a faccia con la roccia, la cima, il vuoto. Tu. Il vento che soffia, la corda tra le mani. E basta.

 


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