via di firenze, tardo pomeriggio, sole radente di primavera.
una terrazza, di quelle dabbene, con le piante grasse nelle fioriere di cotto.
una bambina, ancora dentro al grembiule della scuola, il grembiule blu elettrico che hanno qui, uguale per bimbi e bimbe, io ce l’avevo bianco, i maschi neri. il grembiule che quando iniziava a far caldo non si sopportava più e che invece, una volta a casa, faceva uggia levarselo, fino a che gli urli di qualche genitore non ti obbligavano a rimetterti in borghese.
la bambina è in piedi su una sedia, guarda in alto, sopra il tettino del terrazzo.
sopra il tettino del terrazzo lui: il gattone.
ad ogni bambina dal grembiule azzurro dovrebbe sempre corrispondere un gattone. i due incarnano la coppia perfetta dell’infanzia, “la bimba col gatto”.
anche il gattone guarda la bimba, sornione e furbo, deciso a non farsi abbindolare.
la bimba lo vuole, vuole prenderlo in braccio, coccolarlo come fosse una bambola, dargli un bacio in testa, la bimba non sa che il gattone non vuole essere baciato, o forse lo sa ma lo ignora volutamente, in fin dei conti ha ragione lei, che male può fare un bacio in testa?
la bimba ha un filo in mano, col quale tenta la pesca del gatto.
slancia il braccio all’indietro come un vero pescatore, e poi velocemente in avanti, perchè il gatto è lontano e ci vuole un filo lungo.
il filo resta impigliato nella pianta grassa alle spalle della bimba, la bimba tira, il gatto sospira.
la pianta ondegga ma resiste, restituisce il filo.
di nuovo parte il lancio.
di nuovo resta impigliato.
il gatto non sa che pensare.
io passo di lì sotto, ho un autobus da prendere, non posso fermarmi molto.
il sole batte sul pelo del gatto e sul grembiule azzurro.
mi manca un po’ essere bambina e pescare gatti.