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La piccola agricoltura

Creato il 11 ottobre 2012 da 19stefano55

Pongo l’attenzione ad un articolo che riporto senza commenti sul valore che non sparisca chi fa un lavoro, che solo quando ci sono disastri (ecologici, alimentari, paesaggistici) si ricorda che ….”una volta lassù su quella aspra collina c’era qualcuno! Pur essendo di origine britannica , è comparso sul quotidiano The Guardian, ha molti spunti confontabili con la nostra realtà.

Ripreso dal sito www.aiol.it

Gli allevatori britannici non riescono produrre suini a prezzi altrettanto bassi degli agricoltori polacchi, o foraggio al basso costo che hanno i loro colleghi brasiliani, o latte come gli americani, o la frutta come gli spagnoli, e se non ce la fanno la legge del mercato dice che debbono chiudere il loro business. Secondo un recente studio, condotto dalla National Pig Association, quasi 100 piccoli e medi allevatori di suini potrebbero chiudere quest’anno – circa il 10% del totale. Ogni mese perdiamo decine di produttori lattiero- caseari. L’orticoltura ha da tempo gettato la spugna. Solo l’1% dei britannici ora lavora la terra.
Tuttavia questa situazione non è tipica solo della gran Bretagna, è una realtà vissuta un po’ ovunque. Gli agricoltori africani ed asiatici sono obbligati a rinunciare produrre cibo per la popolazione locale e, invece, producono per esportare in Europa. Ovviamente le aziende agricole devono essere grandi per vincere sull’economia di mercato, la manodopera deva essere ridotta per tagliare i costi, quindi la maggior parte dei piccoli agricoltori, uomini e donne, devono essere fatti fuori. In India centinaia di migliaia di piccoli agricoltori si sono suicidati, ma la maggior parte di essi fugge in città e diventa parte di quel miliardo di esuli rurali che ormai vivono nelle baraccopoli (quasi un terzo della popolazione urbana del paese).
Dati obiettivi- quelli che scientisti ed economisti mostrano a coloro che decidono politiche sociali ed economiche- confermano che i nuovi metodi non funzionano – almeno, non funzionano se pensiamo che la funzione dell’agricoltura sia quella di produrre buon cibo. In tutto il mondo, 1 miliardo dei 7 miliardi di persone presenti sul pianeta, è estremamente malnutrito, mentre un altro miliardo è cronicamente iper nutrito – tanto che, secondo un articolo pubblicato a maggio in ‘Nature’, la popolazione mondiale di diabetici oggi supera la popolazione di Stati Uniti e Canada messi insieme, e la causa di ciò è quasi sempre legata alla cattiva alimentazione. I danni per tutto il mondo sono enormi.

A causa dell’agricoltura industriale, metà delle specie esistenti sulla terra potrebbe estinguersi entro la fine del secolo. L’agricoltura occupa il 40% della superficie terrestre, ma l’inquinamento creato dall’agricoltura mette a rischio la vita in tutta la superficie terrestre, compreso i mari, dove l’agricoltura sta distruggendo la barriera corallina.
Ma l’insieme governo-aziende che regola nostre vite è impegnato nella concorrenza a tutto campo tipico del mercato globale neoliberista. Quindi gli agricoltori britannici in condizioni britanniche, in un contesto sociale britannico competono con gli agricoltori africani, le mega-corporazioni americane e i baroni ucraini del grano – mentre l’agricoltura deve contendersi gli stanziamenti governativi con le automobili, armi, i casino e i parrucchieri.
Se gli agricoltori britannici non riusciranno a produrre in poco tempo più denaro dei loro colleghi polacchi o brasiliani, dovranno sparire. In effetti, qualche anno fa, il governo di Tony Blair ha proposto seriamente che l’agricoltura britannica facesse la fine delle miniere britanniche (chiuse dal governo Thatcher, ndt). Potrebbe sembrare una soluzione drastica e dura ma, come Lady Thatcher disse tanti anni fa, “non c’è altra alternativa” –e tutti i governi britannici, anche quelli “Labour”, hanno preso queste parole come un vangelo. Stranamente – il sindacato degli agricoltori – la National Farmer Union – si dedica solidamente alle grande imprese.
Il problema più profondo è lo scontro tra moralità, realtà biologica e l’economia attuale. Fino quando non porteremmo questi tre fattori allo stesso livello, saremmo in difficoltà. Ancor di più: dobbiamo riconoscere che moralità (ciò che è buono) e realtà biologica (ciò che è necessario e possibile) devono venire prima, e che l’economia deve essere una cosa secondaria. Come ha detto John Maynard Keynes molti anni fa: l’economia deve “stare sul sedile di dietro” e dobbiamo concentrarsi “sui veri problemi di vita, relazioni, creazione, religione e comportamento.”
Se non riconosciamo l’obbligo morale di fornire cibo a tutti senza distruggere il resto, che cosa significa allora moralità? Non c’e nessun scusa per l’attuale fallimento – visto che il sensato pensiero biologico dimostra che cibo buono per tutti dovrebbe essere possibile. Però rapporto dopo rapporto – quelli che i governi e le grandi organizzazioni scelgono di ignorare – ci dicono che il modo migliore per garantire che tutti siano nutriti bene, in maniera sostenibile e sicura, è tramite aziende agricole che sono miste, complesse e a basso input. Devono essere ad alta intensità di lavoro, quindi non c’è nessun vantaggio nell’essere grandi. Queste aziende agricole sono strutturalmente tradizionali, ma non necessariamente tradizionali della tecnologia. Potrebbero beneficiare dalla scienza e dalle buone prassi tecnologiche.
Tuttavia le aziende agricole miste di piccola e media dimensione che potrebbero nutrirci bene e fornire lavoro, sono in assoluto conflitto con l’imperativo moderno che vuole massimizzare la ricchezza. Per sopravvivere nella lotta per il profitto, la manodopera deve essere sostituita dalle grandi macchine e dall’agrochimica, l’allevamento deve essere semplificato – e tutto questo deve essere fatto in massima scala. Anche se l’agricoltura industriale non sfama tutti, ha portato disoccupazione e povertà accompagnata da disperazione, e sta distruggendo il mondo, deve prevalere perché produce grande quantità di soldi a breve termine per le persone che dettano legge.
Abbiamo bisogno cambiare rotta immediatamente. Ciò significa noi, tutti noi, – le persone normali, perché i governi e le grandi organizzazioni che governano il mondo, e loro esperti ed intellettuali non lo faranno. Il modo tradizionale di produrre cambiamenti è attraverso riforme o rivoluzioni – ma le riforme sono troppo lente e i politici di oggi e il grande business non possono cambiare il loro percorso. La rivoluzione è un metodo troppo rischioso e pericoloso. Cosi abbiamo bisogno di una terza via – la rinascita: costruire qualcosa di meglio su quello che già esiste. Le persone stesse prendono in mano la situazione. In ogni parte del mondo le persone e le comunità stanno avviando piccole aziende agricole, di cui il mondo ha veramente bisogno, altri, invece, stanno iniziando attività imprenditoriali per servire queste nuove aziende agricole. Migliaia di organizzazioni in tutto il mondo cercano di promuovere e coordinare questa nuova via.



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