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La piccola Irlanda che non sapeva vincere

Creato il 12 aprile 2014 da Calcioromantico @CalcioRomantico

Quello che le statistiche non dicono. 3° puntata

jackie charlton
Cinque partite giocate, due gol fatti e zero vittorie da consegnare alla statistica. La spedizione della Repubblica d’Irlanda a Italia ’90 riassunta in questi dati sembra fallimentare. Eppure Jack Charlton e i suoi in quel Mondiale, che sanciva anche il debutto dei verdi in una fase finale, hanno ottenuto raggiunto i quarti, miglior risultato di sempre. E dall’Olimpico il 30 giugno 1990 sono usciti a testa altissima, sconfitti solo dall’opportunista Totò Schillaci, rapido a ribattere in rete e da posizione defilata una smanacciata di Pat Bonner su legnata di Donadoni.
Una spedizione di successo. Perché è vero che in certi casi basta non prenderle e tirare bene i rigori, ma l’importanza del risultato raggiunto si deduce dalla qualità (reale o presunta) delle squadre incontrate durante il percorso. E allora riavvolgiamo il nastro verde Irlanda e ripartiamo dalla fase a gironi.

Innanzitutto, con un’osservazione non da poco. La squadra che si presenta ai nastri di partenza di Italia ’90 è imbattuta in campo internazionale da più di un anno e mezzo, dal novembre 1988: 2-0 per la Spagna a Siviglia nel Gruppo 6 delle qualificazioni della zona europea. A quell’incontro sono seguite altre 13 partite, sei valide per Gruppo 6 e sette amichevoli. Le partite ufficiali hanno garantito la rivincita contro la Roja a Dublino (vittoria per 1-0), un agevole secondo posto proprio dietro la Spagna e il biglietto per le notti magiche. Le amichevoli hanno, invece, fatto capire che Dublino per la piccola Irlanda è un fortino. E così sono arrivati uno 0-0 con la Francia, un 1-0 all’URSS e un 1-1 con la Germania Ovest.

eire olanda

Gullit, Staunton e Moran in Olanda-Eire

Jack Charlton, inoltre, ha le idee abbastanza chiare. In campo gli irlandesi scendono con la numerazione abituale, dall’1 all’11, con l’unica eccezione di Townsend (numero 13) al posto di Whelan (numero 6) e, a partire dalla quarta partita, di Quinn (numero 17) al posto di Cascarino (numero 10). Sintomo di scelte fatte a monte e di un undici ben collaudato. La squadra, poi, è piena di “inglesi”. Tutti giocano in Premier League, a parte Bonner e Morris, che sono nel Celtic, e Aldridge, che è (da poco) emigrato alla Real Sociedad, dopo tanti anni al Liverpool. A rappresentare i reds in campo sono comunque rimasti il terzino di fascia Staunton e Ray Houghton, forse il giocatore di maggior classe.[1]
Il sorteggio ha spedito i verdi sulle isole a far compagnia a Inghilterra, Olanda ed Egitto. Quasi una riedizione del girone di Euro ’88 che ha visto la nazionale irlandese battere clamorosamente l’Inghilterra (grazie a un gol di Houghton), dare filo da torcere all’URSS (1-1 con vantaggio iniziale siglato da Whelan in splendida acrobazia) e veder sfumare il passaggio in semifinale a pochi minuti dal temine con l’Olanda.

PAT BONNER IRL

Bonner blocca il rigore di Timofte

All’esordio nel Mondiale ci sono di nuovo gli inglesi: Lineker mette subito il suo sigillo, prima di incorrere in un increscioso episodio; a inizio ripresa il guizzante Sheedy pareggia e il risultato sta bene a tutti, visto che alla fine la partita conterà solo 49′ di gioco effettivo. Infatti, a passare il turno possono essere addirittura in tre e questo è decisamente un vantaggio. L’altro vantaggio è che gli olandesi non hanno un Van Basten in forma e si fanno la guerra tra loro. Così, dopo esser rimbalzati contro il fortino egiziano e aver constatato la propria pochezza in attacco, per gli irlandesi arriva un altro 1-1. Gli orange passano per primi, ma un rinvio di Bonner a metà ripresa mette in ambasce Van Breukelen. Quinn ne approfitta e segna il gol del pareggio che garantisce il secondo posto nel girone (dopo apposito sorteggio), dirotta gli olandesi a Milano contro la Germania Ovest e i verdi a Genova contro la Romania, seconda nel girone dell’Argentina dietro l’incredibile Camerun di Milla.
Una partita abbordabile, soprattutto perché Hagi e compagni sono bravi tecnicamente, ma di fronte al caldo asfissiante del primo pomeriggio e alla diligenza tattica di Charlton si impappinano. La sentenza sembra scritta sin dall’inizio, saranno rigori. Jack si avvicina ai suoi, sparsi a centrocampo, e li ringrazia uno per uno per l’avventura. Un modo per allentare la tensione e far tirar fuori le energie residue. I primi quattro rigoristi di entrambe le squadre segnano, indice di come sotto sotto anche i rumeni si siano preparati al finale. Poi il giovane Timofte sbaglia (agevole parata di Bonner), il gunner O’Leary, subentrato a Staunton nei supplementari, invece no. Il premio è la gita a Roma, al cospetto dei padroni di casa.

E se poi tutta l’avventura finirà senza neanche una vittoria sul campo, anche un po’ chissenefrega.

federico

La puntata precedente: La squadra che non prende mai gol
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[1] Houghton ha segnato i due gol più importanti della gestione Charlton: quello dell’1-0 all’Inghilterra ad Euro ’88 e quello dell’1-0 all’Italia a USA ’94


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