La menzogna è rassicurante con il tempo si fa dimenticare.
La verità, invece, è rivoluzionaria. Se ci si abitua non basta mai.
La cerchi dappertutto, senza chiederti quanto forte sarà la collera
di chi l’ha nascosta e dove tu l’hai scovata.
Una nuova indagine sulla ferocia di un passato che non dimentica attende il commissario Casabona. Dopo Ogni giorno ha il suo male, il secondo noir di Antonio Fusco ambientato sulle colline toscane. Dopo il successo di Ogni giorno ha il suo male, torna il commissario Casabona con un altro avvincente caso da risolvere. In La pietà dell’acqua, il nuovo imperdibile thriller di Antonio Fusco, il commissario, che con la sua intelligenza e umanità ha conquistato migliaia di lettori, deve occuparsi di un’inquietante serie di omicidi, in un’altra indagine tutta italiana.
È un ferragosto rovente e sulle colline toscane ai confini di Valdenza viene trovato il corpo di un uomo, ucciso con una revolverata alla nuca, sotto quello che in paese tutti chiamano “il castagno dell’impiccato”. Non un omicidio qualunque, ma una vera e propria esecuzione, come risulta subito evidente all’occhio esperto del commissario Casabona, costretto a rientrare in tutta fretta dalle ferie, dopo un’accesa discussione con la moglie. Casabona non fa in tempo a dare inizio alle indagini, però, che il caso gli viene sottratto dalla direzione antimafia. Strano, molto strano. Come l’atmosfera di quei luoghi: dopo lo svuotamento della diga costruita nel dopoguerra, dalle acque del lago è riemerso il vecchio borgo fantasma di Torre Ghibellina, con le sue casupole di pietra, l’antico campanile e il piccolo cimitero. E fra le centinaia di turisti accorsi per l’evento, Casabona si imbatte in Monique, un’affascinante e indomita giornalista francese. O almeno, questo è ciò che dice di essere. Perché in realtà la donna sta indagando su un misterioso dossier che denuncia una strage nazista avvenuta proprio nel paesino sommerso. Un dossier scottante, passato di mano in mano come una sentenza di morte, portandosi dietro un’inspiegabile catena di omicidi. E tra una fuga a Parigi e un precipitoso rientro sui colli, Casabona sarà chiamato a scoprire che cosa nascondono da decenni le acque torbide del lago di Bali. Qual è il prezzo della verità? E può la giustizia aiutare a dimenticare?
Abbiamo parlato con lo scrittore Antonio Fusco in occasione del lancio del suo nuovo romanzo.
Come è nato il commissario Tommaso Casabona?
Da una scommessa con un amico, appassionato di gialli e presidente di un’associazione di amanti del genere. Mi invitava spesso come relatore, esperto di criminologia, a loro manifestazioni e convegni. Una volta gli ho detto che ero stufo di intervenire per presentare libri di altri, che il successivo che avrei presentato sarebbe stato scritto da me. Poi mi ha motivato anche mia figlia, appassionata di letteratura. Il nome Casabona mi è piaciuto perché mi ricordava il Casaubon del Pendolo di Foucault di Umberto Eco.
Che rapporto hai con il tuo personaggio principale?
E’ un vero amico. A volte si presta a fare e a dire cose al mio posto di cui io non avrei mai il coraggio .
Come lo descrivi ai lettori?
Il Commissario Casabona è un personaggio vero, deciso e duro ma allo stesso tempo con una grande umanità, doti alle quali unisce il fiuto che gli deriva da anni di esperienza. Ha maturato una forte dose di cinismo che gli serve da corazza per proteggersi dall’impatto emotivo procurato dalle nefandezze dell’animo umano con cui è costretto a misurarsi per il suo lavoro ma dentro conserva un forte senso etico che gli consente di avere sempre ben chiaro il confine tra il bene e il male.
La caratteristica dei tuoi romanzi è di essere noir veritieri e potenti, una lente di ingrandimento sull’Italia odierna declinata nel mondo dei gialli. Quanto conta per te raccontare la verità?
E’ la “mission” fondamentale del lavoro che faccio. Investigare significa cercare la verità. Raccontarla a volte è addirittura più difficile
Il tuo nuovo romanzo poggia sul dilemma tra potere e verità. Ce lo spieghi?
Ho voluto parlare del difficile rapporto tra il potere e la verità. Non sempre le esigenze del primo vanno d’accordo con la seconda. Spesso la sacrificano per salvaguardare altri interessi. Cito anche il Principe di Machiavelli, che fu il primo a teorizzare questo conflitto.
Cosa scegli tu tra potere e verità? E perché?
Io scelgo la verità. Perché, come è scritto nel libro, sacrificare la verità significa negare la giustizia. A volte, però, rifletto anche su quella frase che dice: “E’ meglio una piccola bugia che un’inutile verità”.
Come nasce l’ispirazione per una nuova indagine?
La prima cosa mi chiedo è “di cosa voglio parlare?”. “Qual è il tema che voglio affrontare insieme ai lettori?”. Poi costruisco una storia che mi dia il pretesto per farlo.
Quando scrivi? Come ti organizzi con il tuo lavoro?
Scrivo nel tempo libero (sempre troppo poco) e quando ho ben chiara nella mente la scena che voglio descrivere. E’ più il tempo che impiego ad immaginare che quello che passo davanti al computer.
Un tuo giudizio sul noir italiano.
Non saprei che dire. Per me è ancora un mondo nuovo. Vedo tanti autori interessanti ma il problema di fondo resta la bassa propensione alla lettura che c’è in Italia. Gli spazi sono angusti e limitati.