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La pila: un po’ di creatività

Creato il 22 settembre 2013 da Marga

“Ho ben veduto soventi volte gettarsi l’argento proveniente da un conduttore di questo 253px-LVBrugnatellimetallo sul platino o sull’oro e inargentarlo egregiamente. Ho osservato in altre analoghe esperienze zincarsi e ramarsi l’oro e l’argento con la corrente dell’ossielettrico allorchè nella stessa tazza pescavano conduttori d’oro ovvero d’argento  col zinco e col rame”
Con queste parole ( che a me un po’  ricordano Blade Runner), scritte pochi mesi dopo la scoperta di Volta negli “Annali di Chimica” del 1800 del’Università di Pavia, Luigi Valentino Brugnatelli, collaboratore del grande scienziato,  dava inizio all’ era della deposizione elettrolitica dei metalli.

Le  ricerche archeologiche,  in realtà, collocavano la data dei natali dell’arte galvanica  a circa  3000 anni fa.  Non si tratta però di arte galvanica vera e propria, ma di metalli ricoperti con sottili rivestimenti di altri metalli magari più preziosi. Si sono per esempio trovate monete suberate ossia dischi di rame ricoperte( bordi compresi) di una sottile lamina d’argento: il che prova che i falsari non hanno tempo. Erodoto racconta che attorno al 530 a.C.  Policrate di Samo  avrebbe ingannato i lacedemoni pagandoli con stateri di piombo dorato.  Anche il potere costituito, lo  Stato   non era però da meno: sia la Repubblica che l’Impero romano  hanno coniato ufficialmente monete suberate. L’elettrolisi però, non ha niente a che fare con questi rivestimenti.  Qualche perplessità potrebbe invece causarla un oggetto di incerta datazione conservato nel museo di Bagdad, la batteria di Bagdad, forse una rudimentale batteria galvanica. Inoltre,
nei pressi di Ctesifonte, furono rinvenuti oggetti argentati e dorati risalenti al 226-641 d.C.  Si può quindi pensare che un qualche rudimentale sistema per  deporre metalli su superfici metalliche e no, fosse conosciuto dagli antichi, ma è fuori da ogni possibile dubbio che solo dopo gli esperimenti di Brugnatelli, appena successivi all’invenzione della pila,  si possa parlare di galvanotecnica. Purtroppo il modo di scrivere spesso oscuro e involuto  di questo scienziato e soprattutto il suo ostinato rifiuto  di accettare la nomenclatura chimica proposta da Lavoisier,  lo resero  inviso ai colleghi francesi  e questo

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contribuì a oscurare i suoi meriti. In Italia Brugnatelli è stato quasi dimenticato . Una curiosità:  è celebrato in un francobollo del 2005  del Principato di Monaco.
Un altro italiano poco noto, ma anch’egli innovatore e inventore, è Leopoldo Nobili. Nato a Reggio Emilia e morto a Firenze, di lui
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esiste un monumento,a Reggio e Il suo monumento funebre a S.Croce  ricorda che

fu con alta teoria ed ammirati ritrovamenti della fisica scienza promotore e della metallocromia Arte inventore e maestro.
Molto affascinante è lo strumento di sua invenzione e ancor più affascinate  la  metallocromia, una tecnica elettrochimica, da lui messa a punto nel 1828,   per colorare le superfici  metalliche   .
In cosa consisteva?
Un disco di acciaio veniva  immerso in un bagno contenente una soluzione elettrolitica di acetato di piombo  e veniva collegato al polo positivo di una

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pila voltaica grazie a una delle   punte di platino di questo  strumento,  chiamato “apparecchi o a punte” . Il polo negativo della pila, collegato all’altra punta, si trovava invece appena sopra il disco. In questo modo si depositava sulla superficie dell’acciaio una pellicola di ossido di piombo il cui spessore veniva variato abbassando o alzando le punte. Questa sottile pellicola, depositata  elettroliticamente,   varia il suo colore in funzione dello spessore attraverso il quale la luce si riflette sulla superficie dell’acciaioNobili
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chiamò queste figure d’interferenza che si formavano sulla superficie dell’ acciaio apparenze.
Questo nome così evocativo venne ripreso da  Pietro Pedeferri (1938-2008), scienziato  e artista,  docente al politecnico di Milano, per definire i particolarissimi  effetti  di colore che si ottengono sulla superficie di un metallo speciale, il  titanio, con la tecnica della  ossidazione anodica.(L’ossidazione anodica è un processo elettrolitico realizzato allo scopo di ispessire il film di ossido naturalmente presente sul titanio e altri metalli (ad esempiol’alluminio in modo da migliorarne la resistenza alla corrosione e all’abrasione, le caratteristiche estetiche,)
Parlando di lui e delle sue creazioni, Bruno Munari dice:

Non litografia né xilografia, ma ossidazione anodica la tecnica che utilizza Pietro Pedeferri. Il tipo di tecnica non ha importanza. Quello che conta è il gioco, il piacere di usare correttamente un mezzo per comunicare qualcosa, e il piacere di fare si ritrova poi nell’ oggetto della comunicazione.
Pedeferri inizia a occuparsi di colorazione del titanio nel 1967.
Dopo aver individuato i principi alla base dell’ ottenimento del colore, osserva che il titanio, nel colore dei suoi ossidi, può conservare memoria delle condizioni iniziali di funzionamento e che quest’ ultima proprietà consente la registrazione sulla sua superficie di movimenti di liquidi.
Da allora la ricerca sui mezzi tecnici per la registrazione di fenomeni naturali e la sperimentazione di nuove potenzialità espressive nel campo della comunicazione visiva si sono intrecciate.

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Composizioni come quella qui mostrata non sono creazioni estemporanee, ma
il  frutto di una profonda e scientificamente  comprovata conoscenza dei fenomeni elettrochimici chimici e fisici sulla superficie del metallo.
Come si ottengono questi spettacolari effetti?

La presenza di colori nei metalli e un fenomeno raro, spesso però le loro superfici appaiono colorate a volte questo si verifica perché reagendo con atmosfere e liquidi aggressivi si ricoprono di una patina di  prodotti di corrosione.
Per ottenere il titanio colorato il modo è quello  di ossidarlo per via elettrochimica. In questo caso  il colore è dovuto alla presenza sulla superficie di strati sottili incolori e trasparenti dai quali la luce viene riflessa e rifratta dando luogo al fenomeno dell’ interferenza. e i colori d interferenza sono affascinanti più che mai.

Una delle caratteristiche del titano è quella di passivarsi, cioè di ricoprirsi di un film di ossido di pochi nanometri. Con metodi di ossidazione si può aumentare il film fino a centinaia di nanometro e in alcuni caso centinaia di micrometri.
Lo spessore del film e correlato linearmente alla tensione applicata.

Qual è la tecnica per ottenere i colori?

anodizzazione del titanio
L’anodizzazione del titanio consiste nel far circolare corrente tra un provino di titanio e un contro elettrodo in una soluzione elettrolitica che potrebbe essere composta da acido solforico e acido fosforico diluiti. La differenza di potenziale applicata determina l’ossidazione del titanio a ione Ti4+  che poi si combinano con gli ioni ossigeno formando uno strato d’ossido sulla superficie del metallo.
Variando i parametri operativi – tensione di cella, corrente, elettrolita- è possibile  modulare lo spessore del film, la morfologia e la struttura cristallina.
La formazione di una pellicola di ossido di titanio trasparente, genera la comparsa di
interferenza
fenomeni d’interferenza.
Quando l’ossido è irradiato con luce bianca, solo una parte dei fotoni incidenti vengono riflessi dall’ossido, mentre la restante parte attraversa l’ossido e viene riflessa dalla superficie metallica.
I fenomeni d’interferenza che hanno luogo tra le onde riflesse da ossido e metallo determinano la comparsa dei colori.
La seconda onda  luminosa effettua in più rispetto alla prima, un doppio attraversamento del film d’ossido e raggiunge pertanto il nostro
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occhio con un ritardo rispetto alla prima. Se le onde sono in fase si ha un rafforzamento della tinta che corrisponde a quella particolare lunghezza d’onda. Viceversa se sono in opposizione di fase si avrà la scomparsa della tinta corrispondente.
Le lunghezze d’onda che corrispondono all’interferenza costruttiva o distruttiva dipendono dal cammino ottico, ossia dallo spessore dell’ossido: pertanto ossidi con diverso spessore generano diversi colori.
Se il potenziale della cella viene portato da pochi  volt a 140 volt, lo spessore della pellicola passa da pochi nanometri a qualche centinaia di nanometri e i colori cambiano nella sequenza
Giallo, porpora,blu, azzurro, argento, giallo, rosa,  violetto, cobalto, verde,  verdegiallo,  rosa, verde.
coloripotenziale

Tonalità e saturazione dipendono strettamente dai parametri di anodizzazione.
Per ottenere dei buoni risultati è evidente  come sia necessaria una profonda comprensione del processo!
Il titanio ha però un’altra proprietà.
Si tratta di un comportamento che si ricollega più al mondo vivente che a quello inorganico e che può essere visto come una sorta di imprinting. Il valore del potenziale che il titanio “vede” negli istanti iniziali della sua ossidazione condiziona le proprietà dell’ossido con cui verrà poi ricoperto. Questo imprinting è precoce, nel senso che il codice di comportamento che il potenziale trasmette al metallo può essere registrato solo nei primissimi istanti della crescita dell’ossido, anche se manifesta i suoi effetti a crescita ultimata; ed è irreversibile, perché non può essere variato una volta inserito.

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Dall’imprinting dipende la qualità del rivestimento
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E le apparenze?

L’ossidazione del titanio consente di ottenere immagini di origine diversa per definire le quali
è giusto ricorrere al nome glorioso di ‘apparenze’, introdotto da Leopoldo Nobili, l’inventore della metallocromia. Queste apparenze mostrano aspetti invisibili di alcuni fenomeni già avvenuti o di altri mentre si producono sulla superficie del titanio
Si distinguono in apparenze  ‘di campo’, e ‘di movimento’.
Le apparenze del primo tipo si ottengono quando si ossida il titanio con correnti

apparenze chimico fisiche
distribuite in modo disuniforme. Esse costituiscono la mappa degli spessori degli ossidi prodotti o della carica scambiata. In condizioni particolari e con qualche approssimazione, danno anche la distribuzione della corrente sulla superficie del titanio e il campo elettrico nelle sue immediate vicinanze. Queste apparenze ‘fotografano’ dunque il ‘paesaggio’ nanostrutturato degli ossidi ei vari colori, come le curve di livello, ne danno ‘l’orografia.

Le altre apparenze, quelle di movimento si ottengono invece applicando al titanio

apparenze di movimento
potenziali oscillanti mentre il metallo viene a contatto con una soluzione. Ogni volta che il
potenziale si allontana dalla soglia critica o vi fa ritorno e quindi cambia la scala cromatica,
sulla superficie del titanio rimane impressa la posizione del liquido. Se questo è in quiete si
ottengono linee orizzontali più o meno spaziate. Ma se è mosso, nascono apparenze che danno
il fascino e le leggi del moto dei fronti d’onda nel transitorio iniziale a pelo libero in cui
bagnano la superficie del titanio.

Queste apparenze dipendono dalla frequenza e dalla forma degli impulsi elettrici e dalle modalità con cui hanno luogo movimenti che le generano.

E’anche possibile ottenere apparenze chimico-fisiche di grande interesse scientifico ed estetico immergendo nel liquido conduttore il titanio previamente ‘bagnato’ con un liquido non conduttore. In questo modo si fissano le successive posizioni del fronte di avanzamento della soluzione mentre sposta dalla superficie metallica il liquido che la ricopre, lo porta in soluzione, si miscela o reagisce chimicamente con questo.
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L’ossidazione anodica sviluppata da Pedeferri è un formidabile strumento per ottenere curve e disegni che sono la fedele rappresentazione grafica della legge temporale con cui, sulla superficie del titanio, si producono fenomeni naturali o movimenti deliberatamente effettuati.
Nel 1989 a Parigi le apparenze del titanio hanno avuto l’onore di essere premiate al concorso internazionale Science pour l’Art assieme ai frattali di Benoit Mandelbrot.

Spesso tra operatore e fenomeno naturale scatta una sorta di comunanza creativa. Infatti questo  metodo non è soltanto un mezzo per fissare o per svelare e ammirare o studiare un mondo di fenomeni naturali spesso altrimenti invisibile. È anche uno strumento per interagire, modificare, giocare con questo mondo e per utilizzarlo, attraverso le risorse della fantasia e dell’inventiva, al fine di crearne un altro fatto di forme che non riproducono più quelle della natura, anche se ne rispettano fedelmente le leggi

Fonti

Diamanti, Del Curto, Pedeferri- Pietro Pedeferri: l’ossidazione fra scienza e arte- La Metallurgia italiana- Luglio-Agosto 2013

http://www.ing.unitn.it/~colombo/Titanio%20e%20design_file/page0009.htm

Questo post partecipa al carnevale della chimica ospitato da Emanuela Zerbinatti sul suo blog Arte e Salute


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