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La Poesia Visiva in Italia, 4: da Sarenco,Verdi e Perfetti alla singlossia

Da Vuessegaudio
Alessandro Gaudio

La Poesia Visiva in Italia, 4: da Sarenco,Verdi e Perfetti alla singlossia

Michele Perfetti, da "Intergruppo" n.12, Palermo 1978



· Da Sarenco e Verdi al Gruppo 70,  da Michele Perfetti alla singlossia  tra monoglossia e paraglossia…

4. La capacità ironica, unita alla coscienza politica del fare poetico che contrasta l’universo poetico borghese e neoborghese, sarebbe, secondo Sarenco, una caratteristica peculiare di tutta la Nuova Poesia; sigla che, sin dal 1963, comprende, oltre alla Poesia Visiva, anche la Poesia Concreta e la Scrittura Simbiotica: a distinguersi in questi tre campi, a parte il già citato Verdi, non è possibile non citare l’austriaco Heinz Gappmayr e Rolando Mignani, cui è dedicato il quarto fascicolo di factotumbook(13), nonché lo stesso Sarenco che, sempre nel ’63, a soli diciotto anni e mentre nasceva a Palermo il Gruppo 63, si avvicinò già a una prima (quasi inconsapevole) intuizione della parola visiva.
Fu ancora l’Apicella che, già intorno alla metà degli anni Settanta, oppose il discorso poetico dell’artista bresciano alla grammatica del Gruppo 63 (a suo parere, nient’altro che «una piedigrotta milanesizzata delle più stanche poetiche novecentesche camuffate da scapigliatura»)(14) e che coniò i vocaboli singlossia(15) e praxiglossia, fondamentali per definire i caratteri di novità della proposta di Sarenco. Si tratta di un artista che affianca alla cospicua produzione artistica una costante riflessione sulla sua poetica: essa nasce – come capì immediatamente la Apicella – dall’intuizione dei problemi di spazio e di linguaggio prima che acquistino corposità, cioè prima che «divengano problemi di massa o di accademia». In questo caso la ‘corposità’ è da considerarsi come ‘massa inerte’, alla quale si sommerebbe lo spazio asettico e acronico in cui solitamente si muovono gli studi eruditi; il concetto di ‘massa inerte’ evocherebbe anche quel processo di canonizzazione forzata operato in seno all’accademia, cui si contrappone drasticamente la dimensione dialettica e costantemente in progress prediletta da Sarenco: quella di chi vive il suo tempo e di chi costruisce «dolorosamente le condizioni per uno spazio vitale»(16). Secondo la semiologa salernitana, Sarenco è, dunque, un ‘personaggio nel tempo’ che, sincronicamente alla stagione umana e culturale che sta vivendo, arriva a precisare la forma creativa ed espressiva della singlossia, strumento specifico della Poesia Visiva, grazie alla quale si sarebbero potute superare le pastoie di un linguaggio (monoglossico, vale a dire letterario, desueto, tradizionale, antico e discronico, più che acronico) fondato sulla rigida distinzione saussuriana di langue e parole. Lo strumento singlossico viene definito dalla Apicella come punto d’incrocio del linguaggio idosemantico (o iconico) con il linguaggio fonosemantico: verbum più immagine, quindi, cui si dovrà aggiungere il momento dell’esecuzione (in parte delegata al fruitore), dell’interpretazione visiva del poema sonoro. La singlossia consentirebbe, inoltre, di sommare al discorso condotto dalla poesia una riflessione cosciente sulla logica poetica e, grazie alla sua immediatezza, consentirebbe la convergenza di più tipologie di segno artistico. La parte conclusiva dello scritto (molto apprezzabile perché consente di valutare a pieno il modo in cui l’autrice porta a maturazione concetti che, come si è visto, è possibile ritrovare in nuce in tanti suoi lavori precedenti) è dedicata alla distanza che separerebbe la poetica di Sarenco (impegnata pubblicamente, aperta alla storia e dotata di una forte carica dissacratoria nei confronti del contesto sociale) dalle possibili compromissioni con il capitale e, in particolare, dalla poetica dell’assurdo e del disimpegno (che, secondo la Apicella, prevedrebbe il ricorso a finezze verbali, la decomposizione sillabica, la propensione per lo sfogo clinico e l’estraneità alla problematica del tempo) cara al Dadaismo e alla Pop-Art. Il salto di qualità compiuto da Sarenco coincide proprio con la scoperta della praxiglossia, che piega la singlossia «a una diversa significazione storica e civica» e comporta il definitivo superamento della dimensione ludica: il poeta pubblico partecipa alla storia e la sua creazione artistica diviene «discorso di polis», azione civica e atto etico che si rivolge con semplicità a «coloro che sono oscuramente protagonisti della storia» e che si pone come «anticipazione del suo tempo». È intorno a questo argomento che, mi sembra, sia possibile trovare le ragioni che indussero la semiologa a segnalare, intorno alla metà degli anni Settanta, una concettualizzazione più vicina alle ragioni della sua parola sul versante delle Singlossie di Ignazio Apolloni e dei vari ‘gruppi anti’ che sorgevano in quegli anni in Sicilia e che facevano della ri-creatività, della denuncia e del rifiuto opposto alle logiche assimilanti della grande editoria la loro bandiera; da qui la predilezione per i testi ciclostilati e per il manifesto il cui spirito estemporaneo, incontrollabile, esoeditoriale verrà poi ripreso dalle Singlossie apolloniane(17). Ma, tornando alla Poesia Visiva, la Apicella usò il termine singlossia anche nella prefazione del catalogo relativo all’opera di Michele Perfetti, esponente pugliese del Gruppo 70(18). Nella poetica di Perfetti la semiologa individuava tre «strutture portanti»: la Poesia monoglossica, la Poesia visivo-tecnologica e la Poesia visivooggettuale. Proprio quest’ultima, contestando «il tentativo di chiudere in formule fisse il linguaggio della singlossia» e opponendosi alla Pop-Art «con i mezzi stessi usati dalla Pop-Art» e dal Neo- Dadaismo praticato da Julius Evola, sarebbe l’invenzione «più pregnante» dell’operatore qui presentato: Perfetti avrebbe, così, tro- vato il modo di accordare al suo messaggio poetico una dimensione non più individuale, «ma di denuncia di una civiltà, di un tempo, di un costume». La studiosa distingueva poi, all’interno dell’opera dell’artista in questione, due forme d’espressione: con la prima, denominata poesia visiva singlossica, l’artista prende di mira le modalità d’espressione; con la seconda, il romanzo visivo singlossico, il bersaglio diventa il linguaggio nel suo divenire e, dunque, – dice la Apicella – il personaggio: questi è una maschera dell’individuo strumentalizzato dal sistema capitalistico e diventa il bersaglio vero e proprio dell’ironia e della vis dissacratoria di Perfetti. Con rigore strutturalista, la studiosa pone a chiusura del saggio un breve glossario che credo che sia utile riproporre interamente. Nel trascriverlo, ho normalizzato gli accenti ed emendato qualche refuso. Monoglossia. Si intende l’uso di un solo strumento espressivo sia esso visivo (e pertanto da affidarsi alla verifica delle Arti Visive), sia esso verbale (e quindi verificabile dalla cosiddetta Critica letteraria). La monoglossia riguarda un’opera di Giotto (linguaggio visivo) come il plurilinguismo di Pound (linguaggio verbale). In ambedue i casi, si tratta di un medium espressivo unico. Paraglossia. Linguaggi diversi posti in posizione parallela. Esempio tipico è il poster liberty, quello di Dudovich, ad es.: eliminando la scritta pubblicitaria, resta un’immagine piacevole a sé stante, verificabile attraverso la critica delle Arti Visive. La paraglossia è l’accostamento senza complementarità, di due o più linguaggi, nel quale l’uno può essere eliminato senza la decodificazione dell’altro.
Singlossia. È lo specifico della Poesia Visiva. L’uno dei due linguaggi non può essere eliminato senza la decodificazione del contesto. È la totale rivoluzione delle Poetiche del secolo ventesimo. La scoperta della singlossia elimina la possibilità di una verifica al di fuori dell’area semiologica: ogni interpretazione prevalentemente visiva o verbale, non tenendo conto dello specifico della singlossia, è totalmente negativa ai fini di una verifica della Poesia Visiva come scoperta di un linguaggio totalmente nuovo. Antiglossia. Categoria interna nell’ambito della singlossia. Consiste nell’urto di due elementi costitutivi che raggiungono la complementarità attraverso l’incontro-scontro. L’importante è che esista un rapporto singlossico degli elementi costitutivi del contesto.
La Apicella prova a convalidare l’inedita terminologia stabilendo, per ciascun lemma, una definizione; il dizionarietto fornisce qualche spiegazione riguardo allo stato di una materia che, in quegli anni, sembra che sia in continua evoluzione, che si stia adattando progressivamente alla materia che designa. Appare significativa l’assenza del lemma praxiglossia e, alla fine di questo scritto, se ne comprenderanno i motivi.
·
13 Sarenco, Tre concezioni scritturali: Heinz Gappmayr, Rolando Mignani, Franco Verdi, in Tre concezioni scritturali. Heinz Gappmayr, Rolando Mignani, Franco Verdi, factotumbook 4, Calaone-Baone, factotum-art, ottobre 1978. 14 R. Apicella, Sarenco: l’evoluzione di una poetica, in Sarenco, Interventi, Catalogo della mostra personale tenutasi nel febbraio del 1974 presso lo Studio Brescia. Tutte le citazioni riportate all’interno di questo paragrafo sono, salvo diversa indicazione, tratte dal testo della semiologa. 15 Sulla fortuna del vocabolo e del fenomeno a esso connesso e sulle differenze che lo separerebbero dal testo visivo, si vedano i miei Dalla poesia alla Singlossia. L’introduzione mai scritta alle ‘poesie impossibili’ di Ignazio Apolloni, «Mosaico italiano», (aprile 2009), n. 64, pp. 37-40 e Ventura di singlossia, in «Lingua nostra», LXX (settembre-dicembre 2009), n. 3-4, pp. 103-104. 16 Sulla poesia di Sarenco come riconquista del proprio corpo e, in generale, sulla concomitanza nella poesia visiva di evento poetico e accadimento fisico si concentrerà anche Achille Bonito Oliva nella prefazione del catalogo dell’installazione preparata in occasione della Biennale di Venezia del 2001 (cfr. A. Bonito Oliva, Sarenco detto anche il poeta, Milano, Giampaolo Prearo, 2001, pp. 7-9). Sui rapporti di Sarenco e altri poeti visivi con alcuni critici d’arte, si veda il mio Futurgappismo. Il futuro mancato del futurismo in una parola, in I. Apolloni (a cura di), Futurismo come attualità e divenire, Numero monografico della «Rivista di Studi Italiani», XXVI (dicembre 2008, ma 2010), n. 2, in corso di stampa. 17 Sono tre gli scritti della semiologa che definiscono la Singlossia, il suo campo d’azione e il suo sistema di reagenti ideologici, riadattandoli ai motivi dell’Intergruppo di Apolloni: R. Apicella, La poesia come ricerca di nuovi strumenti, in «Intergruppo», (luglio 1979), n. 13; Ead., Per una lettura semiologica della singlossia, «Intergruppo», (ottobre 1980), n. 14; Ead., Per una visione attuale della singlossia, in «Intergruppo», (luglio 1984), n. 17-18. A questi si può aggiungere della stessa autrice il bel saggio sulle Sketch-Poesie scritto nel novembre del 1979 e poi inserito in I. Apolloni, Singlossie. 1979-1996, Palermo, Novecento, 1997, pp. 103-105. 18 R. Apicella, Prefazione, in Michele Perfetti, Roma, Beniamino Carucci Editore, agosto 1975, pp. XVII-XXI.
·[da: A. Gaudio, Mai bruciati dalla CosaParole, figure e oggetti dell’inattualità alle origini della poesia visiva in Italia«Critica Letteraria», a. XXXIX, fasc. III, n. 148, settembre 2010, pp. 592-611] ·

La Poesia Visiva in Italia, 4: da Sarenco,Verdi e Perfetti alla singlossia

Eugenio Miccini, "Ex libris" 1975

La Poesia Visiva in Italia, 4: da Sarenco,Verdi e Perfetti alla singlossia

Franco Verdi, "Verbal-dama(VEDA)" 1968

La Poesia Visiva in Italia, 4: da Sarenco,Verdi e Perfetti alla singlossia

Rolando Mignani


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