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Nella puntata precedente ho parlato di come le correnti possano decretare il successo o la fine di un partito.
Oggi parliamo invece della situazione attuale nella politica italiana.
Prima di addentrarci nelle singole situazioni c'è da fare una piccola premessa: prima dello scoppiare di Tangentopoli i partiti erano un numero abbastanza controllato, i politici preferivano unirsi in partiti più grossi e strutturati, a volte fino a diventare elefantiaci; con la riforma elettorale ma sopratutto con la legge sul rimborso elettorale si ebbe una forte inversione di tendenza preferendo la creazione di una miriade di micropartiti.
Giusto per dare due-numeri-due: alle elezioni del 1992 si presentarono circa una 40ina di partiti, di cui alcuni non a livello nazionale ma solo in alcune regioni. Alle ultime elezioni, passati quindi quasi 20 anni giusti, si poteva scegliere tra la strabordante cifra di più di 80(!!!!!) diversi simboli elettorali.
Ovviamente questo frazionamento estremo ha diminuito la quantità di correnti all'interno dei partiti di massa; chi non è in sintonia con la linea ufficiale è più facile che fondi una propria formazione piuttosto che una correntina minoritaria.
Ma passiamo a parlare delle singole situazioni
Grillo e Berlusconi: divieto di dissenso e l'importanza del leader
Durante l'ultima campagna elettorale molti analisti suggerivano la somiglianza tra l'ex comico e l'imprenditore milanese. In questo caso però la somiglianza è sopratutto all'interno dei loro partiti (o movimenti)
Come già avevamo detto per la DC la presenza di un leader carismatico e riconosciuto limita e di molto il formarsi di correnti dissidenti. Sia nel Movimento 5 Stelle che nel Pdl, l'identificazione tra il fondatore e tutto il partito è talmente forte che risulta difficile per gli iscritti esprimere opinioni non conformi a quelle dei rispettivi "Cari Leader"
Questo non vuol dire che , seppure in minoranza, non esistano voci fuori dal coro.
Ma la posizione di entrambi i leader sul dissenso è molto dura, le correnti vengono considerate un retaggio del passato, un simbolo nefasto di quella Prima Repubblica inciucione e avida.
Il risultato è generalmente l'espulsione di chi non solo si limita a dissentire ma ha anche la malaugurata di rendere questo malcontento pubblico (Come dimenticare i casi della Salsi e di Fini?)
Le similitudini continuano anche nei motivi del dissenso.
Sia nel movimento di Grillo che nel partito di Berlusconi è proprio l'importanza e l'ingerenza del capo l'oggetto del contendere. In entrambi i soggetti sono in molti a desiderare un passo indietro da parte dei padri fondatori e permettere alle nuove leve di portare avanti il progetto da loro iniziato.
Difficilmente questo potrà verificarsi, almeno nel breve periodo.
Berlusconi non ha alcun successore in grado di garantire la sopravvivenza del partito, in più i molti processi lo spingono a rimanere sulla scena in modo da poter passare per martire e per vittima politica.
Grillo invece non si fida dei suoi figliocci, teme che possano farsi sedurre dalla politica e diventino come tutti gli altri. Con la scusa di essere il garante degli elettori può invece tenere sulla corda tutti gli eletti ( il ritiro del marchio e le varie cause legali sono un ottimo strumento di persuasione)
Partito Democratico: i nomi cambiano le contraddizioni restano
Vi ho lasciato la volta scorsa con la scissione del PCI in due rami, il PDS più centrista e moderato e Rifondazione Comunista più orientato ai vecchi valori comunisti.
Un ingenuo lettore potrebbe pensare: bene hanno scisso le due anime quindi ora sono a posto. Fidati
Nel 1992 nasce il PDS, nel 1994 assieme ad altri partiti danno vita alla coalizione "I Progressisti", perdono le elezioni e nel 1996 danno vita ad un altra coalizione "L'Ulivo" e stavolta le elezioni le vincono, nel 1998 il PDS si scioglie ufficialmente e nascono i Democratici di Sinistra (DS) nuovo nome stesse facce, nel 2005 confluiscono in un maxi partito "L'Unione" che doveva essere una sorta di coalizione permanente e non solo in occasione delle elezioni, nel 2007 i DS si sciolgono e nasce il Partito Democratico (PD) ancora stesse facce. Frastornati?
Visti gli ultimi risultati elettorali è successo anche agli elettori del centrosinistra
Almeno tutti questi giri e restyling avranno portato alla soluzione delle varie contraddizioni. Fidati
Sono tutt'ora presenti tre macro correnti che ruotano tutte sullo stesso punto: da che parte stare?
Ci sono gli ex PDS che vorrebbero una maggiore vicinanza ai partiti di sinistra, un area di centro formata dagli ex ulivisti che vorrebbe invece allearsi con i partiti di centro puro e un area ipercattolica, minoritaria, che rappresenta "la destra" del partito e che non riconosce alcune lotte storiche del partito negli ultimi anni (ad esempio i diritti agli omososessuali e i limiti della ricerca scientifica).
Queste correnti hanno prodotto una forte incertezza nel programma politico del partito che veniva pesantemente stravolto ogni volta che veniva eletto un nuovo segretario
Dopo due segretari centristi (Franceschini e Veltroni) attualmente il segretario PD è Pierluigi Bersani, proveniente dalla corrente di sinistra del partito; attraverso le sue scelte ha riaperto le porte alla sinistra radicale e ridimensionato il ruolo dei centristi.
La nuova conformazione sembrava poter durare ma è stata una pia illusione.L'esplosione mediatica del sindaco di Firenze Matteo Renzi ha ridato ai centristi un candidato forte per la leadership e in questi giorni sta andando in scena tra Bersani e Renzi l'ennesima versione della solita querelle: meglio andare al centro o meglio andare a sinistra.
Dopo 20 anni di questa solfa sarebbe meglio andare avanti
Il Curioso Caso della Lega Nord
Nascendo come un partito trasversale non ancorato alle canoniche ideologie la Lega ha sempre avuto al suo interno una serie di correnti rappresentanti tutta la gamma dei possibili schieramenti, si andava da chi aveva idee vicine al centrosinistra fino ad esponenti potenzialmente di estrema destra.
Fatto abbastanza normale in un partito di questo tipo ha dato luogo ad una prima e finora irreplicata particolarità.
I due Segretari Generali avuti fino ad ora, Umberto Bossi e Roberto Maroni, erano riconducibili per idee e storie personali all'area di centro-sinistra. Ciononostante la Lega non si è mai alleata con il Pd o i suoi antenati e le volte che ha scelto di allearsi ha preferito farlo con il centro-destra, sostenendo, in teoria, una parte assolutamente non vicina alle idee dei propri leader.
Nonostante l'assurdità della situazione questo non ha mai portato a gravi scossoni. Fino al 2011.
In quest'anno scoppia lo scandalo del tesoro della Lega. Si scopre che i rimborsi elettorali dati dallo Stato al Partito venivano usati per le spese personali della famiglia Bossi e dei suoi intimi.
Il terremoto, per quanto minimizzato dagli esponenti politici, è devastante, tanto da mischiare le carte in tavola.
In barba alle idee politiche si formano due veri e propri clan, da una parte i bossiani, fedeli al leader storico Umberto Bossi e composti principalmente dai leghisti di vecchia data, contrari ad un cambio nella leadership; dall'altra i maroniani, stretti intorno a Roberto Maroni questa corrente è composta principalmente dalla nuova generazione di leghisti vogliosi di ringiovanire e modificare l'organigramma del partito, con un cambio sia al vertice che ai vari posti di comando.
La vittoria di Maroni alla segreteria sembrava aver normalizzato la situazione ma negli ultimi giorni l'incendio ha ripreso forza. Molti esponenti, tutti appartenenti all'area bossiana, sono stati espulsi dal partito a causa del loro dissenso nei confronti del nuovo leader, creando un clima di scontro non solo verbale.
La situazione è talmente tesa che in molti preannunciano la nascita di due soggetti politici differenti, non alleati tra loro, diretta espressione delle due attuali correnti.
Sarebbe una fine tragicomica per un partito nato con l'idea di unificare la Padania e finito non riuscendo a tenere insieme nemmeno sé stesso
Fine (si spera
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