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La pessima pianificazione strategica delle riforme si traduce infine nella cronica incapacità dell'esecutivo di «eseguire» le leggi approvate perché sono mal concepite, scritte e comunicate malissimo. Ma, se anche le riforme e le leggi fossero impeccabili esiste un altro insormontabile ostacolo alla loro attuazione: un management della pubblica amministrazione antimeritocratico, con preparazione soprattutto giuridica o accademica e pochissimo responsabilizzato, formato e incentivato. E anche qui ci sarebbe molto da imparare dal (buon) management aziendale: la gestione delle risorse umane che è nelle aziende una variabile assolutamente cruciale, perché un bravo manager è soprattutto un bravo gestore di persone. Quindi, la politica può imparare dal management non solo nel marketing elettorale, convincendo i «clienti» (gli elettori) a comprare il proprio prodotto (dare il proprio voto al politico): è anche fare buone riforme e leggi in Parlamento e realizzarle con efficacia nel governo e nella pubblica amministrazione. E anche per questo potrebbe imparare molto dal management. Ma non necessariamente «importando» in politica imprenditori e manager. In Italia abbiamo avuto l'esperienza di Silvio Berlusconi che è diventato un ottimo politico nel senso che è riuscito a convincere per anni milioni di italiani a comprare il «prodotto» Berlusconi grazie a un marketing di tipo aziendale ma che non sembra essere stato in grado di mettere a posto l'azienda Italia, pur essendo lui un grande imprenditore. Peraltro sono rari i casi di imprenditori come Michael Bloomberg (sindaco di New York) che hanno guidato bene partiti o governi, e la ragione è chiara: gestire un Paese (o una città) è molto più difficile che gestire un'azienda, ed è per questo che esiste la «professione» della politica. E allora, se non si possono importare dalle aziende in politica imprenditori o manager, come può la politica imparare dal management? Intanto, quando gli elettori italiani potranno scegliere i candidati (loro e non i capi dei partiti), dovranno abbandonare le ideologie del passato e del presente (esempio Internet) cercando di valutare chi è più credibile nel realizzare le promesse che fa: bisognerà guardare ai risultati ottenuti nella carriera politica passata, dando preferenza a chi ha dimostrato di avere fatto qualcosa in un ruolo amministrativo e gestionale a livello locale (per esempio un sindaco o un assessore).
L'area dove la politica potrà imparare di più dal management è sicuramente però quella della gestione delle risorse umane. Che non significa solo «licenziare i fannulloni» ma inserire una seria meritocrazia, ispirandosi a modelli vecchi (la pubblica amministrazione francese) e soprattutto nuovi (quella di Singapore). Infine è essenziale che il nostro servizio pubblico impari dalle aziende come avere più trasparenza: i costi e la qualità dei servizi pubblici chiave come la scuola e la giustizia sono oggi incomprensibili ai cittadini. La politica in Italia sembra entrata in una crisi di portata epocale. Quello che accade in questi casi nelle aziende è un profondo rinnovamento nella leadership: saprà farlo la politica.
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