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Lunedì 17 settembre 2012
CAMMINARSI DENTRO (412): La politica del silenzio
Oggi non è più camminarsi dentro ritrovarsi a considerare il da farsi, dopo aver subito una violenta aggressione verbale dentro una Casa di Exodus da un Operatore di strada convinto di essere il solo depositario dell’ascolto e della conoscenza e della comprensione e del metodo. L’accusa è di essere responsabili della morte di un ragazzo e di altre atrocità commesse in dispregio del suo metodo, della sua capacità di comprensione, delle sue conoscenze, della sua capacità di ascolto.
Dopo 23 anni di esperienza esclusiva come Centro di ascolto, ci ritroviamo di fronte a un individuo che ci accusa di non sapere cosa sia ascolto. Pare che lo sappia lui. Solo lui.
Oggi è in questione la possibilità di continuare a fare volontariato, dopo venti anni esatti di lavoro per Exodus. Tutto dipende dalla risposta che verrà dalla Casa in cui si è consumata la violenza. Decidere il da farsi significa, ad esempio, valutare se partecipare o no, assieme ai genitori, come ogni anno, al Capitolo, che si terrà a Sirmione sul Garda dal 1° a 4 ottobre. Il rischio di ritrovarsi davanti l’energumeno di ieri sera è forte, e che possano verificarsi con lui scontri verbali in pubblico, cosa che provocherebbe risposte gravi dalla Fondazione.
Oggi mi ritrovo ancora a considerare quanto grande sia la solitudine di chi lavora nel campo delle professioni di aiuto: non c’è mai nessuno che protegga le persone dalla Furia che a volte si abbatte su di loro.
Mi ritrovo anche a fare il bilancio della mia vita, a ripensare al fallimento dell’esperienza fatta in Azione Cattolica, nel Partito, nel Sindacato, sempre per gli stessi motivi: nei momenti cruciali, quando un evento grande impone scelte, se si sceglie per il meglio, se si invoca il rispetto dei principi e degli ideali, del valore dell’appartenenza, della fedeltà mostrata, non arrivano risposte. Si viene abbandonati. Si diventa “quello che si è messo contro l’organizzazione”, quando l’organizzazione dovrebbe proteggere la persona in difficoltà, sotto attacco, impegnata in una scelta tragica…
Le grandi organizzazioni tradiscono sempre i loro principi. Fanno prevalere calcoli di convenienza personale. Difendono un equilibrio creato da chi le comanda. Preservano gruppi di potere, stipendi, carriere…
Chi procede in modo disinteressato nella sfera pubblica sbaglia a non fare i conti con il potere, con il suo carattere demoniaco. Bisogna fare i conti con chi mirava solo a sistemarsi in un ‘posto’: prima o poi si servirà della sua posizione per imporre scelte che saranno sostenute sicuramente dall’équipe, cioè dal gruppo di potere locale. Dovrebbe cercarsi alleati da far valere nelle contese di potere, quando la sopravvivenza del lavoro del singolo è minacciata dal capriccio e dalla violenza dei singoli.
Capriccio e violenza si affermano e trionfano indisturbati tutte le volte che il potere sceglie di stare dalla parte del capriccio e della violenza.
Lasciar passare gli anni, addirittura i decenni, senza schierarsi dalla parte di qualcuno che al momento opportuno difenda il lavoro che si sta facendo è un errore politico che sui tempi lunghi si paga.
E’ così che sono finite tutte le mie esperienze significative: per non aver fatto scelte politiche forti o perché nell’impossibilità di farle, per ragioni di ottusità politica della mia ‘parte’.
Dicevamo che questo di oggi non è più un camminarsi dentro, perché la dimensione in cui si situa questa riflessione amara è quella della terra incognita, del muovere verso gli altri, cioè della seconda dimensione educativa di Exodus: un Educatore di Exodus è chiamato al movimento verso se stesso, verso gli altri, verso il mondo.
E’ ‘terra incognita’ lo spazio occupato dalle esistenze altre, con i loro linguaggi, le loro preferenze, la loro moralità. Con esse bisogna fare quotidianamente i conti. Si tratta di trasformare la realtà di un mondo sostanzialmente estraneo in una realtà durevolmente condivisa. Dentro le organizzazioni i Fondatori, i valori, i principi, le regole della condotta dovrebbero valere in modo facile, soprattutto quando un’ispirazione forte le anima da lungo tempo. Stare a descrivere le sacche di resistenza, le posizioni di privilegio, i soprusi piccoli e grandi che si consumano all’ombra delle organizzazioni più nobili è impresa inutile, perché a tutti nota. Non ce n’è nessuna che ne sia immune.
Ciò che resta è di nuovo, come cinquant’anni fa, il ripetersi di un modo di darsi delle cose per cui mi ritrovo a dover fare l’unica scelta a me concessa dalle circostanze, per come sono fatto io: lasciar correre, abbandonare, dimettersi.
La novità, questa volta, è nel fatto che l’aggressione si consuma in pubblico, erode la credibilità nel territorio conquistata con oltre venti anni passati senza andare mai in ferie. La gravità delle accuse è tale che sarà necessario difendersi in pubblico, denunciare la violenza, la diffamazione. Questa volta non sarà possibile soccombere elegantemente. Sarebbe come dire che per tutto questo tempo nulla di significativo è stato fatto, anzi si è nociuto alle persone, quando il nostro operare è sotto gli occhi di tutti, condiviso da istituzioni della sanità pubblica, riconosciuto da Magistrati, Psicoterapeuti, Educatori onesti.
Nei prossimi giorni, forse nelle prossime ore potrei essere costretto a cancellare sotto la mia foto, in alto a destra, in questa Home Page, la dicitura: Educatore di Exodus.
Giovedì 20 settembre 2012
La gravità della situazione risiede nel fatto che l’Operatore aggressore non si limita ad aggredire verbalmente. Si fa portavoce di qualcun altro, che è il vero ispiratore della teoria della responsabilità di Libera Mente nella morte del ragazzo.
La gravità della situazione risiede nella scelta del Responsabile della Casa del delitto di tacere. A tutte le mie lettere di domenica 16 settembre che miravano a fargli conoscere i dati del caso in questione egli non ha mai risposto, come non ha manifestato l’intenzione e la volontà di capire, di solidarizzare con chi aveva subito un’aggressione, di porre rimedio alla violenza, alla diffamazione.
La gravità della situazione risiede nel fatto che l’Operatore aggressore frequenta la Piazza della nostra città. C’è motivo di credere che sia attivamente impegnato a denigrare il lavoro del Centro di ascolto. Il danno che sicuramente ne deriverà può essere riassunto così: ragazzi che potrebbero rivolgersi liberamente a noi per aiuto non lo faranno, indottrinati da lui, che sostiene che un Centro di ascolto di Exodus, iscritto al Registro regionale delle Organizzazioni di volontariato sia incompetente.