di Maria Serra
Dallo scorso 1 luglio, Cipro ha assunto per la prima volta dal suo ingresso nell’Unione Europea (maggio del 2004) la presidenza semestrale di turno. In un momento cruciale per la governance economica e politica europea, e in linea con le precedenti presidenze di Polonia e Danimarca, l’agenda cipriota è inevitabilmente incentrata sui temi economico-finanziari, correlati, in particolare, alla crescita e allo sviluppo sostenibile, oltre che all’approfondimento di una maggiore solidarietà fra Stati. Tuttavia, anche alla luce della crisi economica interna che la piccola isola del levante mediterraneo vive principalmente a causa della sua esposizione alla Grecia, al suo impegno europeo fa da contraltare un rapporto privilegiato con la Russia: una partnership tanto stretta che sta spingendo il Presidente Demetris Christofias – che ha studiato nella Mosca sovietica degli anni Sessanta e che ama definirsi “l’ultimo leader comunista d’Europa” – a ricorrere non solo agli aiuti di Bruxelles, ma anche a quelli di Mosca, suscitando così più di una riflessione sul ruolo che la Russia potrebbe svolgere nelle vicende economiche non tanto dell’isola, quanto dell’Unione Europea.
“Towards a better Europe”: l’impegno cipriota per l’UE
Allineare i bilanci pubblici in relazione agli obiettivi concordati dall’UE per rilanciare la crescita economica a vantaggio dei cittadini europei: è questo l’obiettivo di fondo di “Towards a better Europe”, slogan e documento programmatico della Presidenza di Cipro per il secondo semestre del 2012. Una “modest, but relevant agenda” (termini appositamente preferiti ai più generici “strong” o “stronger”) per fronteggiare la dimensione mediterranea della crisi europea soprattutto ora che anche Spagna e, nuovamente, Portogallo sono ricorsi al sostegno del Fondo Monetario Internazionale.
La prima priorità per Nicosia è avanzare nella predisposizione del quadro finanziario pluriennale dell’UE per il 2014-2020 (il cosiddetto Multiannual Financial Framework, MFF), raggiungendo un accordo sulle proposte di bilancio[1] avanzate dalla Commissione, che fissano (oltre ad un aumento della dotazione massima complessiva dagli attuali 972 miliardi di euro ai 1.025 miliardi di euro) le priorità di medio termine dell’UE: accelerare la crescita economica, creare occupazione e rafforzare la competitività mediante l’approfondimento del mercato unico, l’attuazione della strategia Europa 2020 [2], il pacchetto occupazione e l’iniziativa “Opportunità per i giovani”.
Scendendo più nel particolare, sarà nel Consiglio degli Affari Generali previsto per il prossimo 24 luglio, che Cipro potrà cimentarsi per la prima nella sua opera di mediazione – che si prospetta caratterizzata da non poche difficoltà – per un accordo politico sul MFF da lasciare in eredità alla presidenza irlandese del primo semestre 2013. Dopo una riunione informale dei Ministri degli Affari Europei che si svolgerà nell’isola alla fine di agosto e che dovrà comprendere anche una sessione con il team negoziale del Parlamento europeo, in ottobre la presidenza cipriota proverà a predisporre i capisaldi che dovranno essere discussi nel Vertice europeo del 18-19 ottobre: non si tratterà evidentemente solo degli aspetti relativi alla spesa, ma anche alle entrate e, dunque, del cosiddetto sistema delle “risorse proprie”: dalla tassa sulle transazioni finanziarie (FTT), finalizzata al risanamento fiscale e alla riduzione delle distorsioni provocate dalle operazioni più speculative – e su cui non è ancora chiaro se almeno nove Paesi membri dovranno procedere con una cooperazione rafforzata e se una maggioranza qualificata dei Ventisette concorderà sulla procedura –, al nuovo regime IVA europeo, il quale dovrebbe sostituire l’attuale risorsa fondata su una porzione dell’IVA raccolta su base nazionale (entrambe le misure avranno decorrenza dal 1 gennaio 2018). Tra le altre possibili difficoltà, il Ministro cipriota per gli Affari Europei, Andreas Mavroyannis, ha accennato alla correzione degli squilibri di bilancio: la Commissione ha proposto di convertire, a decorrere dal 2014, gli attuali meccanismi di correzione in una riduzione lorda forfettaria dei pagamenti RNL (Reddito Nazionale Lordo) a favore di Germania (2500 milioni di euro), Paesi Bassi (1050 milioni di euro), Regno Unito (3600 milioni di euro) e Svezia (350 milioni di euro).
In collegamento con il problema della correzione degli squilibri di bilancio (che si trascina dal 1984 quando Margaret Thatcher chiese ed ottenne il rebate – risarcimento – annuale), e dunque in parallelo con i negoziati sul MFF, la presidenza cipriota porterà avanti il dibattito sulla riforma della Politica Agricola Comune (CAP) e della Politica Comune della Pesca (CFP): l’obiettivo è la semplificazione di entrambe, tenendo conto delle specificità degli Stati membri e delle rispettive esigenze. Tuttavia, la mancanza di reali progressi compiuti finora, congiuntamente all’inesperienza di Cipro nelle gestione degli affari agricoli interni e comunitari, rendono altamente improbabile il raggiungimento di un accordo sulla CAP prima dell’avvio della presidenza irlandese.
Per ciò che riguarda le politiche ambientali, Cipro si concentrerà sullo sviluppo sostenibile e sul follow-up del Vertice Rio +20 (degli scorsi 20-22 giugno), quantunque anche questo si aggiunga al lungo elenco delle delusioni in materia essendosi limitato ad una pura dichiarazione di intenti. Tuttavia, in linea con gli obiettivi tracciati dalla presidenza danese, in autunno si lavorerà su un possibile accordo sulla revisione dei requisiti per il monitoraggio dei gas serra, includendo nuovi obblighi in merito. In secondo luogo, si mirerà ad un’intesa politica per quanto concerne l’inclusione della normativa sull’utilizzo del suolo e sui cambiamenti dello stesso nelle politiche ambientali. Più in generale, l’attenzione di Cipro sarà rivolta ad integrare maggiormente le questioni ambientali in altre politiche comuni, in modo da agevolare il raggiungimento degli obiettivi di “Europa 20-20-20”. È in questo senso che la presidenza ha comunicato che intenderà organizzare un vertice per discutere del finanziamento delle relative misure di adattamento.
Più di spessore, invece, potrebbe profilarsi l’impegno di Nicosia nello sviluppo delle politiche energetiche, a causa, soprattutto, del rinvenimento da parte di Noble Energy di importanti giacimenti di gas (tra i 140 e i 230 miliardi di metri cubi) a largo delle coste isolane in direzione sud-est: una scoperta che, al di là della controversia sulla proprietà e delle ripercussioni sul piano diplomatico con la Turchia, porrebbe fine alle importazioni di gas naturale del Paese e renderebbe lo stesso un nuovo hub energetico strategico per l’Unione Europea, alternativo alle pipeline made in Russia, nonché ponte privilegiato per il Medio Oriente, Israele ed Egitto in primis: Il Cairo infatti, e nell’ottica di una propria stabilizzazione interna, non ha fatto mistero di volersi porre come attore principale del Gas Exporting Countries Forum, il principale organismo di settore che raggruppa i maggiori produttori mondiali di gas naturale. Cipro, non di meno, avrebbe l’opportunità di coinvolgere la Grecia in nuovi progetti infrastrutturali sottomarini (che escludano tra l’altro la Turchia) – contribuendo così anche alla ripresa della sua economia – che mettano in collegamento i giacimenti gasiferi del levante mediterraneo con i Balcani – uno dei fulcri delle reti trans-europee – e, dunque, con l’Europa continentale. Un’opportunità, insomma, alle porte del nostro continente e che il vicino cipriota ha la possibilità di sfruttare al massimo.
Ultime, ma non per ultime, sono le numerose iniziative e programmi che nell’ottica cipriota aiuteranno i cittadini a sentirsi maggiormente integrati nel progetto europeo: nelle parole di Mavroyiannis, la presidenza di Cipro ha lo scopo di promuovere l’Europa come un “topos filoxenos” (spazio ospitale) per le imprese, le idee, i servizi, l’innovazione e la cultura. Uno degli obiettivi più importanti è, infatti, la creazione di un Sistema di Asilo Comune Europeo, che dovrà essere realizzato entro la fine del 2012 e che, anche alla luce delle questioni relative agli immigrati provenienti dal Nord Africa, favorirà la cooperazione tra Stati membri in materia di tutela internazionale dei diritti umani. Una speciale enfasi, in questo senso, sarà data alla dimensione mediterranea della politica di vicinato, che, grazie allo stretto contatto con l’Alto Rappresentante per la Politica Estera e di Sicurezza Comune e con il Servizio Europeo di Azione Esterna, avrà lo scopo di rafforzare le relazioni con i partner del sud del Mediterraneo e del Medio Oriente, non solo dal punto di vista delle relazioni economico-commerciali.
Mosca: un partner passato, presente e futuro
La critica situazione economica dell’isola, tuttavia, fa spostare lo sguardo del suo governo ben al di là dello spazio euro-mediterraneo, fino cioè ai confini nord-orientali del continente. La necessità di ricapitalizzare la Cyprus Popular Bank, il secondo istituto nazionale che ha subito ingenti perdite a causa dell’esposizione alla crisi greca (l’esposizione complessiva ammonta a 23 miliardi di euro, circa il 130% del PIL e il rapporto deficit/PIL si è attestato al 6,8%), nonché le difficoltà della Bank of Cyprus e della Hellenic Bank, hanno fatto affermare al presidente Christofias che il Paese potrebbe richiedere anche l’assistenza finanziaria della Russia. D’altra parte ciò era già accaduto nell’ottobre dello scorso anno, quando Mosca fornì 2,5 miliardi di euro ad un tasso del 4,5%. In questo momento la necessità sarebbe “solo” di 1,8 miliardi di euro, ai quali, tuttavia, si dovrebbero aggiungere altri 6 miliardi per le banche e altri 2 per il risanamento delle finanze pubbliche. I negoziati con il Cremlino si starebbero svolgendo in parallelo con quelli con la Troika, una situazione non poco imbarazzante dato in neoassunto incarico europeo. Ma Christofias sembra non badare a questo aspetto ed ha asserito che le condizioni offerte dalla Russia sono nettamente migliori: il tasso di interesse richiesto per il prestito sarebbe più vantaggioso, oltre a non essere intaccate le agevolazioni fiscali di cui beneficiano le imprese (al contrario di quanto accadde al momento dell’ingresso nell’UE, quando l’aliquota passò dal 4% al 10%, costringendo 35mila imprese a chiudere le proprie attività o a trasferirsi all’estero). Una scelta verso la Russia, quella cipriota, dettata anche dal fatto che ogni anno l’isola ospita migliaia di turisti russi, oltre ad essere sede di società russe che beneficiano di codesta politica fiscale, e al fatto che la cooperazione commerciale avrebbe raggiunto nel 2011 un valore di 1,3 miliardi di dollari.
Bruxelles non nasconde dunque le proprie preoccupazioni per un possibile aumento dell’ingerenza del Cremlino nella vita economica di Cipro e, progressivamente, dell’Unione Europea. Una delle ipotesi al vaglio sarebbe perciò un intervento misto: lo European Financial Stability Facility si potrebbe occupare del salvataggio delle banche (che costituisce la parte più corposa), mentre la Russia potrebbe sostenere le finanze pubbliche (cosa che comunque comporterebbe redistribuzioni tra i vari apparati amministrativi, con possibili conseguenze a livello di processi decisionali pro-Russia).
Al di là dei legami economici, delle affinità culturali – i due Paesi sono legati dalla stessa religione ortodossa e dallo stesso alfabeto cirillico, nell’isola esistono giornali, radio e scuole in lingua – e di quelle ideologiche, la partnership tra i due Stati risponde anche a considerazioni di tipo politico: fin dal 1974, quando Ankara invase la parte settentrionale dell’isola, Mosca si oppone alle rivendicazioni turche su Cipro Nord e perora la causa di Nicosia anche in sede di Consiglio di Sicurezza dell’ONU; un atteggiamento ricompensato nel 2008 con il sostegno da parte di Christofias a Putin in occasione delle guerra contro lo Georgia. A tutto questo bisogna aggiungere il ruolo geopolitico rivestito da Cipro in relazione agli equilibri mediorientali: l’isola è di fatti – come dimostra l’episodio dello scorso gennaio della nave cargo russa Ms Chariot che trasportava 60 tonnellate di munizioni per fucili mitragliatori AK-47 e lanciarazzi prodotti dalla Rosoboronexport – un ponte importante per l’invio di armi al regime siriano. Nel contempo, a causa della sua esposizione, secondo alcuni Cipro resterebbe una base operativa di molte spie tra Occidente ed Oriente.
Non di meno, la Russia vede con favore la possibilità di inserirsi nelle questioni relative allo sfruttamento dei giacimenti del bacino levantino, un tesoro sul quale Gazprom punterebbe molto a mettere le mani per intensificare il proprio radicamento nel Mediterraneo e per chiudere ulteriormente la cintura orientale all’Unione Europea.
Russia e Cipro hanno dunque tutto da guadagnare da un nuovo accordo in materia finanziaria: poter contare su un altro ente erogatore è per Nicosia un vantaggio non da poco rispetto agli Stati UE; Mosca vedrebbe salvaguardati i propri interessi economici nell’isola e nel Mediterraneo, oltre che quelli geopolitici. Fattori che Bruxelles non può permettersi di non tenere in considerazione, soprattutto se vorrà progredire nel processo di allargamento ai Balcani Occidentali, con riferimento soprattutto alla Serbia (che ha ottenuto lo status di candidato all’ingresso lo scorso 1 marzo), la quale da sempre mantiene con Mosca una relazione privilegiata: in piena crisi economica questi legami, come ha indicato il neo-Presidente Tomas Nikolić, potrebbero conoscere un nuovo salto di qualità poiché l’UE non rappresenta l’unica alternativa per Belgrado. Tutto questo restando solo sul piano mediterraneo e senza aprire la lunga pagina che occorrerebbe dedicare all’Ucraina, che sta negoziando con l’UE l’Accordo di Associazione.
Di fatto la Russia potrebbe riuscire a porre basi più solide nel mare nostrum più facilmente di quanto essa stessa creda, condizionando progressivamente le scelte comunitarie in materia di politica finanziaria, oltre che di politica estera più di quanto ciò già non avvenga.
* Maria Serra è Dottoressa in Scienze Internazionali (Università di Siena)
[1] Per un approfondimento sul bilancio dell’UE cfr. De Filippis F., Sandali P., Il bilancio dell’UE dopo il 2013 – Le proposte della Commissione, Working paper n° 18, Gruppo 2013, settembre 2011
[2] Aumento degli investimenti in ricerca e sviluppo pari al 3% del PIL dell’UE; riduzione delle emissioni di gas serra del 20% con un aumento del 20% del fabbisogno di energia ricavato da fonti rinnovabili e, più in generale, con un aumento del 20% dell’efficienza energetica; progressi nel campo dell’istruzione – con un incremento del 40% dei 30-40enni con un’istruzione universitaria – e nella riduzione della povertà.