Stavo cercando di sganciare la mia bicicletta da un palo sotto una cassetta delle lettere (ce ne sono ancora, di cassette per le lettere, in giro per la città). Quelle cassette grosse, rosse, attaccatte al muro, con la doppia fessura "Per la città"/"Per altre destinazioni".
Questa cassetta delle lettere, insomma, ha attirato la mia attenzione in quanto una vecchina mi ha chiesto, tendendomi una busta: " mi scusi, signorina (grazie per avermi risparmiato il "signora" come il tizio della salumeria) mi imbuca questa lettera, che io non ci arrivo?".
Ho guardato l'indirizzo scritto sulla busta per selezionare (senza troppa reattività) la fessura corretta. Salerno. Quindi, "Per altre destinazioni".
Da qui, una serie di considerazioni.
Dovremmo avere più spesso una lettera da scrivere e da imbucare (farlo sul serio, però, che di lettere scritte e mai spedite ne abbiamo tutti a badilate). Una lettera che attende un invio, un destinatario che dovrà compiere l'atto di riceverla e, presumibilmente, di leggerla.
La lettera rappresenta il tempo lento della comunicazione di un po' di tempo fa (nemmeno tantissimo, visto che quando avevo 15 anni le lettere le scrivevo, e ora ne ho "solo qualcuno" in più) quando le parole erano pensate e ponderate bene prima di essere scritte.
Una comunicazione "in differita", in cui il tono e i contenuti dovevano essere quelli, e si doveva essere sicuri che restassero tali anche per qualche tempo a seguire, almeno fino alla ricezione della stessa. Non c'era spazio per sbalzi d' umore, robe non pensate, cose inutili o pensieri momentanei.
Nello stesso momento venivano racchiusi più argomenti, a volerlo, e leggendo una lettera si aveva la sensazione di sentire l'energia della mano durante la scrittura, si sentiva il profumo dell'inchiostro, si vedeva il tipo di grafia, a simbolo di autenticità.
Come se le cose scritte, ferme, sulla carta fossero una prova tangibile di verità, di attendibilità. Di trasparenza.
Come se avessero un peso specifico diverso.
La chat di oggi permette di "giocare" con le parole, veicola comunicazioni di servizio, momentanee, veloci, senza attese, senza pretese. Permette di non essere seri, di rinviare decisioni, tergiversare, omettere, di scherzare, di vedere reazioni, modi e toni, di essere corteggiati/di corteggiare senza troppa fatica, di chiedere/dare impressioni "a caldo", di restare in contatto in ogni momento della giornata, con tutti. Un esserci sempre.
La lettera non concede tanto spazio per giochi di parole o di significati, trucchi, ambiguità volute o capitate, opportunismi del caso. Ha necessità complesse, richiede una introduzione, un corpo dell'oggetto, una conclusione. Sei nudo di fronte alla persona che la leggerà, senza sovrastrutture, con la tua forza e con la tua debolezza.
E' forse per questo che nessuno scrive più? Non dico solo lettere, ma anche mail che hanno la forma di lettera. Mail che dicono qualcosa. E' forse troppo doloroso? Troppo faticoso mostrarsi davvero per quello che si è, fuori da Facebook e da Twitter?
Mi stavo chiedendo cosa avesse scritto la vecchina, nella lettera per Salerno.
Forse solo una disdetta di un contratto della luce.(E io sono una con una fervida immaginazione).
Gli auguri ad una figlia lontana.
O forse le sincere scuse a qualche sorella o fratello. A qualche familiare.
Avrei dovuto chiederglielo, forse me lo avrebbe detto. O forse no.
Ma avrei dovuto, visto che quella, probabilmente, è stata l'unica lettera imbucata in quella cassetta per le lettere, che nessuno, ormai, nota nemmeno più.