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La prevalenza del prete nello storico

Creato il 30 settembre 2010 da Malvino

La guerra ispano-americana (1898) durò meno di quattro mesi, né di qua né di là causò molte perdite umane (meno di 12.000 in tutto), ma cambiò profondamente la storia di due nazioni: gli Usa guadagnarono il controllo di Cuba, Portorico e Filippine, abbandonando ogni isolazionismo, attirati nella storia mondiale come liberatori, cominciando dagli ultimi oppressi del residuo impero coloniale della vecchia Europa, individui intesi come sudditi di Stato e di Chiesa; per la Spagna fu la fine di un modello sociale che s'era costantemente fondato sull'alleanza tra Trono e Altare, da almeno cinque secoli. Solo marginalmente la sconfitta della Spagna fu sofferta dagli spagnoli come fine dell'impero e arretramento della missione evangelizzatrice, prevalse invece la messa in discussione del modello sociale, e l'alleanza tra latifondo e cattolicesimo risultò perdente. La sconfitta diede voce ai liberali e ai socialisti spagnoli che andarono a costituirsi in fronte avverso a Chiesa e a Monarchia: anticlericali e repubblicani cominciarono a chiedere riforme che per Chiesa e Monarchia avrebbero significato una consistente perdita di privilegi. Insomma, doveva scorrer sangue, doveva esserci guerra civile per fare un po' di chiarezza.

Accadde che Chiesa e Monarchia decisero il pugno duro e diedero incarico al generale Miguel Primo de Rivera di fare pulizia di tutta quella teppa relativista, materialista, atea, ergo anticristiana, e al generale andò male, e re Alfonso XIII si esiliò, e alla Chiesa furono sottratti privilegi e beni, e vide luce la Repubblica di Spagna. Radicalmente laicista, anche parecchio massonica, infiltrata di bolscevichi. Preti e classi agiate armarono la plebe a loro fedele, chiesero un aiutino a Hitler a Mussolini, scelsero un caudillo e infine vinsero.

Francisco Franco tenne la Spagna sotto il tallone della sua dittatura per decenni, sempre benedetto da eminenti eminenze e sostenuto da cattolici a 24 carati.

Sarà la terza o quarta volta che don Vicente Cárcel Ortí, uno che fa lo storico per conto della Chiesa, torna sulla Guerra civile di Spagna con un suo articolo su L'Osservatore Romano e, certo, non sbraita come la signora nel video qui sopra, e però irrita lo stesso:

"Con la repubblica si ruppe questa armonia [armonia] Tutto ciò provocò aspre lotte e conflitti, che si risolsero però senza grandi traumi [il regno dei cieli non è di questo mondo, dove un poco di ingiustia non guasta][...] La repubblica non accettò una libertà religiosa generosa e rispettosa [si rifiutò di concedere il soldo e l'inchino]. E la libertà civile e politica che promosse e difese non ebbe fondamenta solide in quanto non riconobbe né riuscì a radicare la libertà religiosa dei suoi cittadini. Questo fu il gravissimo errore della repubblica, soprattutto durante la guerra civile nell'area ad essa fedele, poiché non solo vi fu una persecuzione cruenta contro la Chiesa, ma mancò anche quella libertà religiosa che è il fondamento di tutte le altre libertà [...] e coincise con il decennio di maggiore apogeo del paganesimo nazista e del dogmatismo marxista". , malgrado alcune tensioni nel corso del XIX secolo che furono particolarmente violente e persino cruente [ecco, appunto]. Da un lato lo Stato cercò di sottomettere la Chiesa e dall'altro la Chiesa pretese di controllare il potere politico o di influenzarlo. La storia contemporanea della Spagna è piena di episodi significativi che rivelano la rivalità reciproca fra Chiesa e Stato, in cui le ambizioni degli ecclesiastici a volte suscitarono gesti di intolleranza e reazioni a catena e senza scrupoli [la Chiesa fu attratta dalla spirale della violenza, diciamo]. Questi conflitti spiegano la nascita e lo sviluppo dell'anticlericalismo, che affonda le proprie radici negli ultimi decenni del XVIII secolo e ha assunto caratteristiche più radicali alla fine del XIX secolo e all'inizio del XX, quando l'intransigenza della Chiesa è divenuta più accentuata e l'integralismo di molti sacerdoti e vescovi ha raggiunto il suo culmine. Il trionfo repubblicano del 1931 e lo scoppio rivoluzionario del 1936 furono i momenti culminanti dell'anticlericalismo spagnolo, nato, alimentato e preparato lentamente cento anni prima. La Spagna repubblicana serbò un ricordo tormentato di queste rivalità, il che spiega in molti casi le violenze dell'anticlericalismo [era un anticlericalismo che più lucidamente avrebbe potuto chiedere un clericalismo migliore]. plurisecolare e iniziò un gioco sottile, e persino violento, di seduzione e di rivalità fra il potere ecclesiastico e il regime repubblicano. Mentre l'antica monarchia aveva avuto bisogno di una certa sacralità per legittimare e giustificare le proprie ambizioni, e l'aveva trovata nella Chiesa, quest'ultima in numerose occasioni si lasciò tentare dall'idea [fu un peccatuccio] di porre la religione cattolica al centro della società e non esitò a concludere alleanze con il potere politico. In altre parole, l'Altare e il Trono, la Croce e la Spada si aiutarono reciprocamente per essere ognuno al centro della nazione.

L'affibbiare errori non mi pare igienico da parte di uno storico, ma è che anche qui, come su tutto, in don Vicente prevale il prete.


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