La propaganda laica del dittatore Stalin

Creato il 20 marzo 2014 da Uccronline

E’ davvero un peccato continuare a leggere sul web attacchi alla religione, in particolare quella cristiana, basati sulla sofferenza che essa avrebbe prodotto nella storia. Certo molti uomini cristiani hanno commesso gravissimi errori ma, come ha spiegato Benedetto XVI, «è assolutamente chiaro che questo è stato un utilizzo abusivo della fede cristiana, in evidente contrasto con la sua vera natura».

Anche Papa Francesco ha polemizzato contro questo approccio ideologico alla storia cristiana, spiegando che purtroppo sui giornali non appaiono «le notizie di quello che fanno tanti sacerdoti, tanti preti in tante parrocchie di città e di campagna, tanta carità che fanno, tanto lavoro che fanno per portare avanti il loro popolo. Fa più rumore un albero che cade, che una foresta che cresce». La storia cristiana è costellata di opere di carità, di missionarità, di aiuto e di fraternità. Non volerla vedere è un’operazione demagogica e scorretta.

Inoltre, certi organi ateo-anticlericali, prima di accusare il cristianesimo dovrebbero ripensare a quanto è avvenuto nel Novecento, il cosiddetto “secolo ateo” in quanto quasi tutte le dittature comuniste che hanno tiranneggiato in quel periodo hanno adottato l’ateismo come religione ufficiali di Stato. L’esempio più classico è l’Unione Sovietica. Dagli archivi sovietici è emerso che «l’Unione Sovietica fu il primo stato ad avere come obiettivo ideologico l’eliminazione della religione. A questo scopo, il regime comunista confiscò i beni della Chiesa, mise in ridicolo la religione, molestò i credenti e propagò l’ateismo nelle scuole. Negli anni 1920 e 1930 quasi tutti i sacerdoti ortodossi e molti fedeli furono fucilati o inviati nei campi di lavoro, le scuole teologiche vennero chiuse e rimasero aperte solo 500 su oltre 50.000».

Uno studio peer-reviewed pubblicato da Crispin Paine della University College di Londra, ha a sua volta concluso che «la propaganda atea e la lotta contro la religione è cominciato appena i bolscevichi presero il potere nel 1917. Il 1920 ha visto la chiusura di innumerevoli chiese e sinagoghe (e moschee, in misura minore) e la persecuzione attiva del clero e vessazioni nei confronti dei credenti».

In un articolo del sito web comunista “In defence of Marxism” si legge: «A partire dal 1929 le chiese sono state forzatamente chiuse e i sacerdoti arrestati ed esiliati in tutta l’Unione Sovietica. Stalin e il suo governo non avevano paura di rafforzare il fanatismo religioso ferendo i sentimenti dei credenti, così come fecero Lenin e Trotsky. La società di atei militanti, sotto gli ordini di Stalin, emise il 15 maggio 1932, il “Piano quinquennale di ateismo” in cui si progettava che “non una sola casa di preghiera avrebbe dovuto rimanere nel territorio di l’URSS e il concetto stesso di Dio avrebbe dovuto essere bandito dall’Unione Sovietica come una sopravvivenza del Medioevo e uno strumento per l’oppressione delle masse lavoratrici».

Forse è per questo che il compianto cardinale Carlo Maria Martini, sempre celebrato per la sua “apertura” verso i non credenti, ha affermato durante una visita a Leningrado: «Ogni volta che si è rifiutato Dio, se ne è perso o sminuito il senso o lo si è presentato in modo scorretto, ci si è incamminati verso forme più o meno larvate di decadenza dell’uomo e della stessa convivenza sociale» (citato in U. Folena, «Russi, l’Europa vi aspetta», Avvenire, 17 giugno 1988, p. 8).

La redazione


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