Un’ora o anche meno per leggerlo, dieci anni per decidere di scriverlo. A volte, c’è bisogno che le storie si depositino dentro di noi prima di assumere una forma piena, stabile. Poche pagine che attraversano la Storia, quella in cui ha giocato da protagonista anche Mario De Simone, che, nella finzione letteraria del singolo La propaganda (collana della casa editrice “Caracò), è l’unico personaggio d’invenzione. A settant’anni dai fatti in cui si è immerso un po’ per caso, li rivive per raccontarli, per lasciare un’impronta nel sentiero che, ogni giorno ognuno di noi, può calpestare in modo più profondo.
Quando il racconto, sotto forma di scrittura autobiografica/diaristica, comincia, siamo a Napoli, nel 1898. La Bella Società Riformata – primordiale ceppo della Camorra – ha eletto il suo nuovo capintesta che, come già il nome lascerebbe intendere, è il capo Supremo. Si tratta del cugino di Mario, il quale, a quell’epoca, non sapeva tutto ciò che adesso scrive, non ne aveva consapevolezza. Questo rapporto da un lato lo protegge, dall’altro lo limita; sarà l’evolversi stesso degli eventi a propendere per la soluzione più adatta.
Tra zumpate e rivolte, la vita di Mario si esauriva fra la strada, i vicoli, le ragazze e la Bella Società Riformata, finché, inconsapevolmente, si avvicina agli ambienti socialisti, comincia a collaborare con “ La propaganda”, diventa amico di Labriola, Leone, Lucci (i protagonisti veri del Socialismo italiano). Inizia a pensare che con loro si sta meglio rispetto alle vecchie conoscenze e a credere che il silenzio non aiuta a superare un certo stato di cose. Il giornale avvia una inchiesta sui rapporti tra amministrazione e criminalità locale e tra essa e gli organi di informazione. Si fanno i nomi anche di Scarfoglio e della Serao, sua moglie.
Il tempo scorre e c’è chi adegua i propri ritmi di vita all’intento di pulizia della propria città, si comincia a parlare di “bene comune” (espressione in voga oggi, (ab)usata da quanti vogliono far colpo sulla massa e dare un’illusione di compartecipazione al destino della propria terra). Si combatte per salvaguardare la Fabbrica, che non è un semplice posto di lavoro, è anche un’officina di idee. Sul finale, echeggiano i tempi di una nuova rivoluzione: è il tempo “nuovo” del ’68, con giovani “nuovi” (o semplicemente capaci, ancora una volta, di scuotere il sistema, al di là dei risultati effettivi).
E mentre leggi, ti chiedi come mai certe verità non compaiano sui libri di storia scolastici o perché il sapere universitario debba limitarsi al bello e all’estetico e alla prospettiva storica pulita. Intanto, filtri anche il tuo presente e constati che la situazione non è diversa, ma ne sei più cosciente, puoi, almeno, non finire in un certo sistema, restarne lontano e capire come intervenire. Senti il privilegio di avere tra le mani il frutto di uno studio o di storie raccontate, che, sai bene, non sono state inventate.
E mentre recensisco, sento il rumore di una protesta che incalza. Forse viene dal cuore, ma, per fortuna, non è solo il mio a battere e premere per un mondo realmente migliore.
Susanna Maria de Candia
Riccardo Brun, La propaganda, Caracò, pp.49, 6,00 euro.