Alle righe, manifeste o celate, si affida il racconto della contemporaneità. Alcuni giornalisti, scrittori e poeti traspongono su carta la visione del loro tempo, al fine di consegnarlo alle generazioni a venire, e non solo. A leggere questi preziosi testi, sono chiamate le istituzioni, fra i cui compiti prioritari vi è quello di ascoltare i cittadini, soprattutto quando la loro voce giunge in guisa di implorante lamento o di interrogante grido di dolore, come nel caso della mia adorata provincia di Napoli, i cui figli stanno indubbiamente attraversando una – se non l’ennesima – drammatica epoca.
A ribadire tale preoccupante situazione interviene, per certi versi, anche “Il Sole 24Ore”.
Ogni cittadino italiano può apprendere qual è la qualità della vita nel suo territorio, in particolare nella sua provincia, leggendo la classifica che il giornale stila ogni anno (da oltre vent’anni) per tutte le province italiane, sulla base di dati scientifici.
Ma se una provincia balza dal penultimo all’ultimo posto non bisogna solo soffermarsi su alcuni punti critici, ma diviene esiziale rivoltarla come un calzino.
Qui le persone perbene hanno una grandissima responsabilità. Soltanto il loro sforzo, auspicabilmente collettivo, potrà cambiare in meglio le sorti di questo posto, fino a ribaltarle. La lotta è ardua, ma non combatterla equivale a diventare complici della parte malata.
Certo ci sono svariate difficoltà, la prima delle quali consiste nel superare un ostacolo interno: il timore di profondere inutilmente impegno per una causa quasi irrealizzabile (utopistica); ma rimanere inerti, magari obnubilati e fagocitati dal degrado, e comprendere – col senno di poi – di aver sprecato l’unica occasione concessaci dal tempo, è ancora peggio.
Oggi, più che mai, assume importanza l’apertura verso gli altri, in primis verso coloro che abitano nelle altre province, in cui, nonostante il pesante fardello nazionale, statale, collettivo, mantengono alto il nome dell’Italia attraverso attività culturali, sociali e civili esemplari. È inutile oggi essere campanilisti, pensare di poter fare da soli. Se continueremo a dire “Siamo la patria della cultura”, “Abbiamo il sole, il mare…”, “Abbiamo il Napoli… abbiamo avuto Maradona”, non solo non andremo avanti, ma rischieremo di sprofondare in una barbarie da cui sarà sempre più difficile risalire.
Uscire, quindi, dai luoghi comuni per combattere il degrado, si mostra come un passo importante, al pari degli altri. A volte si sente dire “Ma la situazione è così in tutta Italia” e qualcuno aggiunge “… in tutto il mondo”, ma tra le espressioni più deleterie ve ne è una che pende come la spada di Damocle sulla nostra testa: “In fondo, è così che è sempre stato”. Questo pensiero sottende una tale inerzia che ha permesso a tutti gli uomini del male di ridurci in tale stato, fino a farci ritenere normali tutte le più illogiche brutture, tali da capovolgere la realtà, sino al punto che, se la nostra provincia si trova all’ultimo posto o a metà classifica, non fa differenza, e consequenzialmente nessuno (o quasi) andrà a preoccuparsi di eliminarne le criticità.
Altro approccio controproducente è quello di pensare che la posizione sia immeritata o la classifica falsata. Altro errore, quindi, consiste nel non rispettare il lavoro svolto da persone competenti che, in aggiunta, si attengono a dati scientifici e, in ogni caso, usando i medesimi parametri per tutte le province.
C’è qualcuno, ad esempio il sindaco De Magistris, che mal sopporta questa classifica e, piuttosto che prendere atto della drammatica realtà, si scaglia contro il metodo usato: “Noi dobbiamo lottare per migliorare sempre la città, Napoli è piena di turisti, è una bella città con un grande cuore e una grande dignità. Questo, è il mio giudizio su questa classifica”, e aggiunge che “… l’indagine del Sole 24Ore riguarda tutta la provincia, non solo la nostra città ed il suo milione di abitanti, ma circa tre milioni di persone che abitano soprattutto l’hinterland. Questo è un fattore di cui si deve tener conto, se vogliamo commentare i dati con onestà intellettuale”. Asserzione sconvolgente che, se pure dovesse trovare un qualche fondamento, farebbe sentire gli abitanti dell’hinterland come abbandonati o quanto meno tenuti a distanza dalle bellezze che, senza dubbio, ci sono a Napoli. Quelle bellezze – chiese, monumenti, piazze, scorci marini, strade e vicoli vocianti e colorati – sono anche nostre, e da quelle dobbiamo ripartire, mettendole al centro della vita di ognuno, tutti i giorni. Solo così potremo ancora avere una possibilità di rinascita, da affidare a tutti coloro che da sempre profondono impegno in tal senso, da Roberto Saviano a Ermanno Rea, all’avv. Gerardo Marotta…
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