Magazine Opinioni
1000000 i bambini siriani che l’hanno abbandonato
1703 i civili morti nella notte del 21.8.2013 con il gas nervino
10000 i feriti di quella notteSono cifre che oramai sappiamo tutti e che riecheggiano (anche se non come dovrebbero) ai notiziari.
Ma non sono cifre, nemmeno dati, tanto meno numeri. No. Sono persone, sono civili, sono bambini e sono tali e quali a noi. Avevano una loro vita, una casa, una famiglia ed un lavoro ed ora per volontà di qualcuno non hanno più nulla. Ho notato che nelle notizie fornite dai media e riportate nei giornali manca lo stesso denominatore comune: l’umanità. Certo, le foto circolano, i video pure ma sono tristemente convinta che sia solo per lo scalpore del macabro perché lo sappiamo tutti che più la notizia è inquietante e più attira l’interesse pubblico. Si parla del tipo di attacco, si fa la conta dei morti, si ipotizza chi l’ha attuato e si cerca di capire chi deve intervenire, come e quando. E si aspetta… Intanto il tempo passa, la miseria e la devastazione aumentano ed avanzano ininterrottamente. Tralasciamo per un momento numeri ed analisi e cerchiamo invece di capire realmente cosa significa vedere sterminata la propria famiglia o veder violentata la propria figlia e la propria moglie davanti agli occhi ancora e ancora e ancora senza poter intervenire se non venendo uccisi. Gli autori delle violenze sono la polizia, quella polizia che dovrebbe tutelare, che dovrebbe incarcerare chi commette questi reati. Proviamo a capire che significa salvarsi da un bombardamento e correre all'impazzata in preda al terrore, urlando nomi sperando in una loro risposta, per cercare di trovare vivi i propri bambini, il proprio compagno, la propria madre. Cerchiamo di capire cosa significa trovarli morti, spezzati e tenerli tra le proprie braccia in un pianto inconsolabile, impotenti difronte ad un maledetto destino. Pensate a quei bambini che, per istinto di difesa dei loro genitori, sono diventati orfani e che ora sono soli, in un ambiente tetro, di violenza e di morte. Un luogo dove tutto ha lo stesso colore e lo stesso odore, dove tutto è ricoperto di polvere e lacerato da macerie, dove i morti giacciono riversi per le strade. Riuscite a capire le dimensioni e la gravità in tutto questo? Da questa realtà emergono enormi problemi di salute fisica, psicologica, problemi di igiene che hanno raggiunto livelli assurdi. Ipotizzate di essere dispersi in tutto questo e peggio ancora di avere dei bimbi con voi e di non avere né cibo e né acqua. Immaginate per un istante che succeda a voi e che succeda ai vostri figli. Non vi si gela il sangue? Beh a me sì e mi si blocca pure lo stomaco. Quello che io vi chiedo è che fareste al loro posto? Non scappereste? Non cerchereste un rimedio, un rifugio, non tentereste di trarre in salvo i vostri figli, voi stessi e i vostri cari? Ci sono mamme che arrivano a dare in spose le proprie figlie giovanissime sperando di dare loro un futuro migliore, per sottrarle dalla prigionia dei campi profughi. Il rispetto della condizione umana è andato perduto. Chi vive nel terrore, nell'angoscia, nella privazione e nella violenza viene pesantemente condizionato sia fisicamente che mentalmente. La disperazione porta tragedia perché la sopportazione a tutto questo male non può essere infinita e l’essere umano esasperato diventa instabile e vulnerabile, compromettendo i rapporti con il prossimo. Per non parlare delle persone affette da handicap o malate di malattia degenerative, di tumori. Per loro è morte certa. Non ci sono più cure, non c’è più assistenza e non ci sono più strutture, non c’è rimasto più nulla. Ma la popolazione siriana non vuole arrendersi! La popolazione siriana ama il proprio paese e ci vuole restare! Sogna una Siria libera, democratica, civile dove poter vivere e far vivere i propri figli. Il passo però è difficile, doloroso e molto lungo. Ma non è aspettando che si arriva ad una soluzione. Servono aiuti di tutti i tipi e non solo cibo e acqua. Servono medicine, personale specializzato che parli la loro lingua per cercare di aiutare le vittime di abusi e di violenze, serve speranza nei campi profughi perché non c’è né più. D’ora in avanti quando sentirete parlare di vittime e di sopravvissuti, quando sentirete parlare di profughi e di sbarchi pensate alle persone e pensate da cosa scappano. Alla luce di questi fatti volevo spendere alcune parole per quegli italiani che invocano il ritorno di questi immigrati nei loro paesi d’origine. Le loro motivazioni sono pressoché le stesse e ve ne cito alcune tralasciando quelle più colorite: “Sono tutti delinquenti”, “Non lavorano e vivono con i sussidi statali che paghiamo noi italiani”, “ Se rimanessero a casa loro noi staremo molto meglio”, “Gli costruiamo anche le chiese” e potrei veramente continuare a lungo.
Ci sono molte riflessioni da fare a riguardo ma mi soffermo solo su quelle, a mio parere, più importanti.
Questa gente scappa da questo scenario di guerra per non morire e per avere un futuro di libertà per se stessi e per i propri figli. Quella libertà di cui noi godiamo che ci permette di vivere, di mangiare, di lavorare, di poter istruire i nostri figli senza aver paura di venire uccisi o torturati da un momento all'altro. Attraversano il Mediterraneo perché non hanno altra possibilità di fuga con un unico pensiero: la speranza di arrivare vivi e di poter vivere una vita libera, serena e rispettosa. La speranza di poter congiungersi con i propri familiari che sono già integrati in Germania, in Svezia e in Norvegia. Vi siete mai chiesti perché in altri paesi del nord Europa le persone convivono nel rispetto? Anche in questi paesi hanno chiesto ed ottenuto asilo politico. Allora perché è possibile una convivenza civile? La risposta è sempre e solo la stessa. Perché negli altri paesi c'è una politica di integrazione efficace ed efficiente. Perché l'immigrato può valorizzarsi e lavorare. Perché la delinquenza, tutta la delinquenza, viene punita e debellata. Perché in questi paesi ci sono chiese cattoliche, chiese protestanti e moschee e vige il rispetto verso il prossimo e le regole. Allora chi c'è alla base di questa incompetenza e inadeguatezza di gestione e trattamenti? Chi se non lo Stato italiano? In Italia la delinquenza è tollerata e permessa. I richiedenti asilo non vogliono rimanere in Italia perché né conoscono la situazione. Loro vogliono raggiungere i loro familiari ma c'è un regolarmente, la Dublino II, che glielo vieta. Il primo Stato membro che riceve l'immigrato deve accoglierlo ed accettarne l'asilo. Ecco perché i siriani (e non solo) che arrivano nei centri accoglienza non vogliono farsi riconoscere. Perché facendolo sarebbero costretti a rimanervi per lungo tempo e non potrebbero più raggiungere i loro familiari. Dov'è in tutto questo, il diritto di scelta (accesso alle procedure di richiesta d’asilo nei paesi europei dove risiedono i familiari) ed aggiungo io, per giusta causa?
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