Io la rabbia di Maurizio Landini la conosco bene. Ci sono passato anche io, l’ho vista in tante storie simili fra loro, l’hanno vissuta i miei amici e familiari. La conoscono bene anche gli operai dell’Ast di Terni. A una loro manifestazione nel giugno 2013, un anno e mezzo fa, le forze dell’ordine respinsero i manifestanti e il sindaco della città, Leopoldo Di Girolamo, si ritrovò con un buco nella testa (forse provocato da un ombrello).
Oggi negli scontri di Roma, tra operai Ast e forze dell’ordine, è stato coinvolto addirittuta Maurizio Landini, leader della Fiom. “Anche io ho preso le botte”, ha detto alle telecamere presenti. Un video lo riprende mentre cerca di far calmare gli operai, infilandosi tra le due parti, mentre il video diffuso dalla Polizia di Stato pone l’accento sul lancio di oggetti. Le parole di Landini pochi minuti dopo gli scontri – tre operai sono andati all’ospedale – mi hanno molto colpito.
“Il governo deve rispondere adesso. Siamo noi che paghiamo le tasse. Dica una parola la presidenza del cosiglio, anziché fare slogan del cazzo. Il governo deve chiedere scusa ai lavoratori. Questo paese esiste perché c’è gente che lavora. Altro che palle, leopolde e cazzate varie. Basta, basta slogan, basta! Hanno rotto le scatole. E dobbiamo prendere anche le botte, noi che lavoriamo? Ma che diano gli ordini di colpire quel che c’è da colpire, cazzo, in un paese di ladri, di gente che evade, di corruzione, se la vengono a prendere con gli unici onesti? ”
Se date uno sguardo al video con la reazione di Landini vedrete che il sindacalista è arrabbiato, scosso, trasportato. Sono le parole di una persona che sta in mezzo ai lavoratori, nel centro degli scontri, e che è umanamente indignata. E nonostante questo individua in maniera precisa le parti: i lavoratori onesti, i disonesti impuniti, chi ha dato gli ordini, il governo degli slogan.
Io questa rabbia la conosco molto bene (e penso di non essere l’unico). C’è la storia degli ultimi cinque anni del lavoro in Italia, in cui la Fiom ha assistito a buona parte degli eventi più importanti. La cassa integrazione a valanga in tutte le fabbriche Fiat, il sindacato che va via dalle fabbriche, i casi di discriminazione sindacale, l’infinito processo per Agile Eutelia (che viene dall’Olivetti), il dramma del popolo sardo dell’Alcoa.
L’Ast, poi, sarebbe la Thyssenkrupp. Quella del rogo nella fabbrica di Torino che costò la vita a 7 operai nel dicembre 2007, e per cui il primo grado di giudizio condannò l’amministratore delegato Harald Espenhahn a 16 anni per omicidio volontario. Sentenza poi ridotta a 10 anni per omicidio colposo – fra le lacrime dei parenti delle vittime – e con la Cassazione a stabilire che le pene dovranno essere rideterminate.
Ma cosa c’entra la Fiat, Eutelia, il rogo alla Thyssen, direte voi. C’entra, perché quella dei ternani è una rabbia che conosco: di chi si ritrova piccolo e impotente, quella di chi a una grande ingiustizia non trova risposte e sa che non le otterrà. Mai. Perché tanto, poi, in Italia passa un anno e mezzo di trattativa – come dalle ultime botte a giugno 2013 degli operai Ast – ed è normale (anzi, è poco). Perché tanto, poi, in galera in Italia non va mai nessuno. Solo i poveracci.
Ma cosa c’entra il governo e Matteo Renzi, direte voi. C’entra, perché se in questa Storia un governo anziché darti risposte erige un muro, anziché darti giustizia ti addita a colpevole, cosa resta se non la rabbia? E la rabbia è cieca da ogni parte. Per questo Landini si rivolge a Matteo Renzi, che lo scontro fra le parti sociali lo ha cercato ed evocato. Con la marginalizzazione del sindacato, facendo leva sul malcontento (giustificato) verso la categoria. Con la categorizzazione dei lavoratori in serie A e serie B. Con la demonizzazione di una parte del mondo del lavoro che da anni chiede giustizia.
Non ci si può non indignare guardando le immagini degli scontri perché tutti, bene o male, abbiamo conosciuto quella rabbia. Tutti abbiamo un parente che ha perso il lavoro o è in cassa integrazione. E tutti sappiamo che, presto o tardi, potremmo ritrovarci a manifestare anche noi per il lavoro. Tutti potremo ritrovarci a chiedere giustizia, e quanto piccoli, impotenti ed arrabbiati ci sentiremo quel giorno.
Foto via Repubblica