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La ragion critica non ha bisogno di neuroscienze

Da Anna
La ragion critica non ha bisogno di neuroscienze
Erano gli anni ’90. Mi ero appena innamorata e l’uomo dellamia vita si occupava di PNL. Lui erail mio sole, la nuova “scienza” di cui si occupava pareva la risoluzione alleinsicurezze del mondo e alle mie. Ma la vita è lunga e … fa molti, molti giri!
Per chi non sapesse ancora, ma ormai sono pochi, cos’è la Programmazione Neuro Linguistica, puòtranquillamente cliccare su uno dei tanti portali_ pnlinfo.it; pnlwide.it;plinpratica.it …. Denominata “neuroscienza”, nata negli Stati Uniti negli annisettanta dall’elaborazione di Jhon Grinder e Richard Bandler sugli studi di GragoryBateson, Noam Chomsky, Virginia Satir e Milton Erikson. I due scienziati eabili uomini d’affari, capiscono subito che investire le energie nella ricercadi soluzioni immediate alle frustrazioni e alle ansie personali, poteva essereun business fruttuoso, tanto che PNL è un marchioregistrato. E da allora la PNL ha fatto arricchire molti di coloro che sipresentano al pubblico come i nuovi messia,al pari del movimento di Scientology.“Volere è potere” pare il motto che soggiace al messaggio trale righe, un monito neppure tanto innovativo visto che è stato molto in vogaanche in Italia durante gli anni del fascismo. Una leva motivazionale moltopersuasiva soprattutto per coloro che, sentendo solleticato il nostro “atavico”senso di colpa, passano ai ripari iscrivendosi a questi corsi sul cambiamento ocomprando decine e decine di libri che trattano questo tema.Sia chiaro che io non ho nulla nei confronti della PNL, anzi,le curiosità mi piacciono tanto e devo dire che nel corso della mia vita l’applicazionedi qualche strategia suggerita dalla stessa mi ha anche aiutata a superarealcune difficoltà. Ciò che invece non sopporto è la tendenza a eleggere questemetodologie e verità profetiche. Il punto però sta nel moderno (?) bisogno disuperare, vincere, abbattere, oltrepassare i propri limiti affidandosi nellemani di qualcuno che ci dice cosa dobbiamo fare e in che modo, presupponendoche così come siamo, comunque non andiamo bene.Eppure qualsiasi terapia, qualsiasi percorso formativo,qualsiasi riflessione sul miglioramento parte dal principio dell’accettazione.Di sé e degli altri. Accettare lapropria storia, il proprio punto di partenza come l’inizio del cammino inquella “selva oscura” già descrittada Dante qualche anno prima, per non parlare dei grandi filosofi greci apartire da Socrate. Un punto di partenza necessario per lo sviluppo di quelpensiero critico caratterizzato dai processi mentali di discernimento,analisi e valutazione attraverso il quale si poggiano i processi di riflessione,con l'intento di formare un proprio punto di vista che vada oltre l’omologazionedel pensiero.Certo è che questo tipo di concettoè molto più complesso e meno lineare di tutto ciò che ci venere fornito dallericette preconfezionate che troviamo spesso in questi libri sul cambiamento.Sviluppare questo tipo di pensiero significa vivere nel mondo contingente,osservare ciò che accade cercando di non fermarsi alle opinioni più immediate,superare i pregiudizi attraverso l’epochè,la sospensione del giudizio, oltrepassare ciò che l’attuale mercato ci vuoleinculcare con i termini successo, lusso,ricerca della felicità. Quindi utilizzare quel metodosocratico che ci spinge ad un’analisi attenta che non si ferma alla superficiedelle cose e che possiamo sintetizzate attraverso queste domande:
  • Cosa intendi per xy?
  • Come giungi a questa conclusione?
  • Cosa ti fa credere di essere nel giusto?
  • Qual è la fonte di queste informazioni (alludendo all’attendibilità)?
  • Cosa accadrebbe se tu ti sbagliassi?
  • Puoi indicarmi due fonti in disaccordo con te, illustrandomi i motivi del disaccordo?
  • Perché questo è così importante?
  • Come potrei accertarmi che mi stai dicendo la verità?
  • Esiste una spiegazione alternativa che dia altrettanto conto di questo fenomeno?
Mi rendo conto che questo tipo di processo può durare anchetutta una vita, soprattutto se rivolto a questioni esistenziali. Il punto alloradiventa non solo il raggiungimento dell’ obiettivo, ma anche lo stile personaleche ognuno di noi decide di adottare per arrivare ad una conclusione. Quindi ilritorno ad un’etica personale e relazionale che tenga conto dell’impossibilitàdi giungere a una conclusione “definitiva.Infatti per sua natura intrinseca, il pensierocritico non può che condurre a delle conclusioni ottenute “per tentativi”,basate su valutazioni che possono essere definite “accurate”, ma non“esaustive”. Insomma un monito all’uso che si può fare di ragione, emozione,sentimento e spiritualità al di là di ciò che i guru del nostro tempo civogliono inculcare!Potrei continuare con il tema caldo della formazione edell’istruzione, come istituzioni cardine per la vita democratica di ognipaese, che purtroppo, in questi anni sono state demandate ad altri entidifferenti dalla scuola. Se è vero che, come dice la Costituzione, la scuola hacome fine la formazione dell’uomo e del cittadino, allora dobbiamo pretendereche questa formazione venga fornita da istituti laici preposti, attraversometodi che ci portino a quel pensiero critico che ho descritto sopra.
Anna

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