Rosella Roselli per il Simplicissimus
Stamattina sono tornata in piazza San Giovanni a Roma. Con la Fiom e i Movimenti, dove per Movimenti si intendono le varie sigle di cittadini/lavoratori (dai No-Tav ai Movimenti per la casa e molti altri) che hanno partecipato a quella che si è preannunciata come un’anteprima del prossimo sciopero generale, l’Idv, particolare per me abbastanza ininfluente se non addirittura disturbante (ritengo il partito di Di Pietro moralmente responsabile, oltre a qualche altra nefandezza, della presenza di Scilipoti in Parlamento e non riesco a perdonarlo nonostante qualche impennata di orgoglio in questa seconda parte di legislatura), e i partiti della sinistra extraparlamentare. Politicamente assente il Pd, ma molto rappresentato da dissidenti scesi in piazza a dispetto dei pelosissimi distinguo (la presenza dei No-Tav) della segreteria del partito. Il tema della manifestazione era la difesa dei Diritti quindi era lecito aspettarsi questa defezione senza se e senza ma.
Lo spiegamento di forze discreto ma comunque imponente (incombente forse sarebbe più esatto), molte telecamere, pare, ha impedito, insieme al servizio d’ordine della Fiom come sempre impeccabile, il verificarsi di incidenti che comunque erano improbabili.
Devo dire che non ho percorso l’intero tracciato del corteo, dovendo tornare al mio noiosissimo e ipergarantito posto di lavoro (chissà ancora per quanto), perciò mi sono limitata a seguirne l’ultimo tratto per poi ritrovarmi in piazza San Giovanni quando già cominciavano gli interventi degli oratori. Al momento dell’ottimo Landini ero già alla mia scrivania. Grazie alla diretta di Repubblica.it ho potuto seguire anche le contestazioni dei manifestanti durante l’ambiguo intervento del delegato della CGIL, meritate e fin troppo bonarie, quasi degli sfottò.
Come ho già detto ho seguito parte della manifestazione tramite Repubblica.it, che nella sua versione cartacea è da anni il quotidiano che compro ogni mattina, e nonostante alcuni “sbilanciamenti” nell’informazione durante l’eterno governo Berlusconi, trovandolo sufficientemente obiettivo e integrando la lettura con quella di altri quotidiani on-line, anche di matrice opposta. Da quando abbiamo avuto l’ultima testimonianza della fine dell’epopea berlusconiana è però cabiato qualcosa nel modo di informare noi fedeli lettori di Repubblica.
Una cosa che accomuna praticamente tutte le maggiori testate giornalistiche, ad eccezione del Fatto, La Padania, Libero e Il Giornale (vabbè gli ultimi tre hanno sempre avuto una particolare e personalissima concezione del modo di fare informazione), e che trovo assai fuorviante. E’ vero che siamo passati dai guitti ai professori, ma mi sembra che la soggezione verso il governo Monti -al netto dei conflitti d’interesse di molti suoi membri, delle molte gaffes, smentite, ripensamenti e riscritture collezionati nei suoi primi cento giorni sia davvero eccessiva. Tanto da sconfinare nella piaggeria e nella cattiva informazione. Se non nella malafede. L’ultimo, forse ininfluente ma sicuramente non trascurabile esempio, è quello dell’aver posto in evidenza proprio oggi, le scaramucce avvenute a margine della manifestazione, e assai lontano dalla piazza dove si svolgeva, presentandole a una lettura superficiale come se si fossero verificate a San Giovanni. Solo ieri sera abbiamo potuto assistere in televisione alla delegittimazione neanche troppo velata, da parte dell’editore De Benedetti, del segretario del Pd Pierluigi Bersani -che non ne ha certo bisogno essendo diventato una specie di cavalier Tentenna, naturalmente senza i soliti se e ma- e ancora oggi si tenta di dare un colpo all’immagine se non ai contenuti di quella che sembra essere rimasta l’unica voce dissonante, quella della Fiom, nel coro delle ovazioni alla sobrietà e alacrità del governo Monti. Non arriverò a dire, come ha fatto Travaglio, che ormai a gran parte dei giornalisti sanguinano le ginocchia a forza di star chini davanti ai nostri magnifici tecnici ma da tempo mi chiedo a chi giova, e cosa nasconde, tanta insolita compattezza nell’informarci. E quasi temo di conoscere, un giorno, la risposta a questa mia domanda.