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La responsabilità delle donne (3).

Da Suddegenere

La responsabilità delle donne (3).

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“”"”Lettera aperta a Pina Nuzzo a tutte le Udi d’Italia e alle donne che vogliano condividere questa riflessione- di Laura Cirella

 

Cara Pina Nuzzo, care tutte,

sono indignata oggi, lo sono nel profondo. Sono certa che lo siamo tutte. Quello che si sta consumando nel nostro paese in questi mesi è forse il peggiore delitto culturale nella storia d’Italia, e si sta consumando proprio su noi donne. E ciò che rende questo delitto tra i peggiori è l’escalation assurda di questi anni, questo di oggi è il frutto estremo e amaro di un ventennio in cui, lentamente, sub liminalmente, sottilmente e furbescamente, la cattiva politica, il potere e diversi uomini che, con cattiva politica e potere, hanno costruito il proprio consenso, hanno attaccato il concetto stesso di dignità umana calpestando ripetutamente diritti, conquiste, sacrifici.

Oggi, noi donne, perdiamo una battaglia culturale.

La perdiamo di fronte agli occhi del resto del mondo che ci guarda inebetito, la perdiamo di fronte alle nuove generazioni, di fronte all’Italia stessa che non merita, ne sono certa, questa classe politica.

Sono indignata dai linguaggi, dalle parole, dal modo orrendo di stigmatizzare uno scandalo che non è semplicemente uno “scandalo sessuale”, dai sorrisi ammiccanti di fronte alle notizie che ricoprono i giornali, i sorrisi e le barzellette di fronte a notizie agghiaccianti, di fronte a un uso delle parole sempre più violento, sempre più irrispettoso e sbracato.

Oggi perdiamo una battaglia lunga un cinquantennio e oltre e che per un attimo ci eravamo illuse di aver vinto e che subito dopo invece, in una controffensiva senza pari, ci ha disarmato del tutto e ci sta annientando giorno dopo giorno.

Ho riletto la riflessione breve pubblicata da Udi Nazionale, mi inquieta perché dice “noi donne Udi” e dentro quel Noi ci dovrei stare anche io. Una riflessione che richiama alla “responsabilità femminile”, che sostanzialmente rimprovera le donne di aver voluto sì l’autodeterminazione ma in fondo di non essere sufficientemente responsabili. Certo, care “noi donne Udi”, so bene che Ruby Rubacuori e le sue amiche non rappresentano il mio essere donna, so bene di essere diametralmente differente da loro. Non ho bisogno di prendere le distanze da loro e, vi dirò di più, care “noi donne Udi”, non lo voglio nemmeno.

Non cedo a questa provocazione, troppo facile dire che ci sono delle donne cattive ed altre buone, delle donne responsabili altre meno responsabili. No, oggi è calpestata la dignità dell’intero genere femminile.

Sono arrabbiata con Ruby ma, permettetemi, lo sono decisamente di più con quell’uomo ottantenne che ha abusato di lei, delle sue fragilità, della sua giovane età, della sua situazione drammatica e della sua vita sbandata. Sono arrabbiata con Noemi, Nicole e le altre come loro, ma lo sono ancora di più con i loro genitori, con le loro madri e i loro padri che le “spronano verso il successo”. Sono arrabbiata con Alessandra che sognava di fare la meteorina e ci è riuscita, probabilmente vendendo il suo corpo. A chi? A uomini. Uomini potenti (ma cosa è il potere?…), con tanti soldi e con una buona dose di depravazione. Ecco con loro, con questi uomini, sono molto più arrabbiata, sono furente.

Sono arrabbiata di più con chi questo modello sub-culturale fatto di sesso, soldi, potere, mercificazione l’ha costruito negli anni e lo ha fatto scientificamente, con l’intento reale di sfornare nuove generazioni le cui aspirazioni potessero essere queste, andare a cena di illustri potenti, calcare un palco seminuda o anche diventare onorevole e parlamentare ma pur sempre con labbra e seno rifatti, corpi fintamente perfetti e stili di vita all’insegna dell’eccesso credendo che sia questa la vita.

Sono arrabbiata anche con me stessa e con noi donne che, invece, questo modello sub-culturale abbiamo imparato a riconoscerlo e a distanziarcene, magari anche ad additarlo e a criticarlo senza renderci conto, però, che mentre noi isolavamo un fenomeno, uno schifoso fenomeno, questa stessa società isolava noi relegandoci a una minoranza (o una maggioranza?) poco rumorosa. E così adesso abbiamo difficoltà noi stesse a riconoscerci e rimaniamo fortemente inadeguate di fronte a un pensiero forte traviato (ma pur sempre un pensiero forte) senza essere in grado di contrapporne uno che possa almeno tenerne testa. In questo sì, siamo state irresponsabili o semplicemente non ci siamo riuscite. Non siamo riuscite a rielaborare il nostro pensiero in una società che cambiava velocissimamente e che si riempiva di innumerevoli nuove contraddizioni, prima di tutto economiche e sociali. E forse oggi, quelle stesse contraddizioni restate irrisolte sono il terreno fertile dove si consumano scelte a nostro giudizio immorali (e lo sono!) per cui se hai 25 anni e una laurea in tasca puoi comunque fare leva sul tuo bel sorriso (se ne hai uno) e sperare che un uomo ricco e potente ti sposi o ti sistemi. Ecco dove siamo state irresponsabili e forse continuiamo ad esserlo. Nel non riuscire a progettare alternative plausibili, fossero anche delle speranze, nel non provarci nemmeno! Anzi, ci siamo allontanate anche dalla politica e dall’impegno perché non siamo state in grado di superare le nostre delusioni per riscattarci, o comunque abbiamo preso le distanze con superficialità anche dai partiti o dall’impegno istituzionale, dagli strumenti della democrazia, senza renderci conto che stavamo continuando a delegare. Abbiamo smarrito persino l’aspirazione a un’egemonia culturale che potesse essere fatta di principi e valori sani, di progetti virtuosi per vite piene. E conseguentemente abbiamo perso gli strumenti, abbiamo iniziato a “far cultura” per il nostro stesso gusto e continuiamo a perdere ancora oggi la dimensione sociale di noi stesse. Anzi, oggi sono costretta a leggere che “noi donne Udi” e chissà quante altre prendono le distanze dalle donne che non rappresentano il genere femminile così come si dovrebbe, ma non una parola contro chi ha usato le donne, chi le ha violentate nel corpo e nell’anima, ripetutamente e negli anni, arrivando a modificarle e a trasformarle, e lo ha fatto con tutti gli strumenti che aveva a disposizione.

Care “noi donne Udi”, di fronte a questo scatafascio culturale, vi appellate alla responsabilità delle donne che non sanno “amministrare” la propria autodeterminazione e che sperperano il proprio corpo o che imboccano scorciatoie senza nemmeno fermarvi un attimo a pensare: ma lo hanno scelto consapevolmente e se sì in base a quale sistema culturale di riferimento? E chi lo ha creato questo sistema di riferimento? Chi lo ha voluto e avallato?

Allora io vi dico che siete voi delle irresponsabili, lo siete gravemente e io prendo le distanze da quel “noi” e mi indigno ancora di più. State facendo il loro gioco, il gioco degli uomini e di chi ora avrà un motivo in più per dire che le giovani donne d’oggi sono disposte a tutto per ottenere ciò che credono di volere. Additiamo “le donne del Presidente” ma non additiamo il Presidente o almeno ciò che la sua persona disgustosamente rappresenta. E’ inconcepibile!

Non può essere quella la riflessione da compiere né quella il punto dal quale ripartire. No, non è da un’ipotetica irresponsabilità delle donne a saper gestire il proprio corpo che dobbiamo ripartire. Semmai dall’irresponsabilità di alcuni uomini a rivestire ruoli istituzionali importanti e a gestire il potere e il corpo delle donne a proprio uso e consumo e da un’incapacità, quella sì anche femminile (ma non solo), a saper confutare questo modello culturale con forza.

Cordialmente

 

Laura Cirella“”"


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