La riforma del lavoro è diventata legge. In una giornata scandita da tensioni e scontri in piazza a
Roma proprio contro il discusso ddl, è arrivato l'atteso via libera dell'aula della Camera con soli 393 voti a favore, 74 contrari 74 e ben 46 astensioni. L'ok definitivo al provvedimento, ora alla firma del capo dello Stato per la promulgazione e la succesiva pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, è il frutto di un' accelerazione impressa dalla richiesta del premier
Mario Monti per poter arrivare al Consiglio europeo di domani con la riforma in tasca. "Sarebbe stato un peccato aver fatto quasi tutto, ma non tutto, il lavoro su questa riforma", ha osservato Monti secndo cui l'Italia si presenta ora "nel modo migliore". Immediata l'approvazione di Bruxelles: l'adozione del ddl lavoro è un "forte segnale della determinazione italiana" a lottare contro la crisi dice in un comunicato il presidente della Commissione Europea, José Barroso. "Aspetto con ansia di congratularmi di persona con il primo ministro Monti per questo passo cruciale domani al Consiglio Europeo. Il via libera è stato concesso, tra diversi malumori, dai partiti che sostengono la maggioranza in cambio della promessa che l'esecutivo interverrà ancora, in tema di esodati, flessibilità in entrata e ammortizzatori. E i malumori si sono giocati anche sulla piazza. In un caso fuori l'auditorium Antonianum di viale Manzoni (dove si svolgono gli 'Stati Generali del Sociale e della Famiglia di Roma capitale', con l'intervento tra gli altri della ministra Fornero) si sono radunati Cobas e collettivi universitari, che con megafoni e fumogeni hanno contestato la riforma e la "
ministra-killer dei diritti dei salariati/e". La polizia ha fermato un uomo di 55 anni, che voleva introdursi nella sala convegni, che nello zaino portava una fionda. Più tardi, invece, alcune centinaia di manifestanti si sono spostati in centro e hanno cercato di raggiungere Montecitorio da piazza Venezia, ma in via del Corso sono stati bloccati da un nutrito schieramento di forze dell'ordine in assetto antisommossa. Secondo l'Unione sindacale di base "sono stati violentemente caricati", una circostanza smentita dalla Questura che invece parla di un tentativo di sfondare il cordone e quindi di un successivo respingimento con gli scudi senza uso di manganelli. Su Elsa Fornero si è scatenata, quindi, una nuova bufera, a causa di una sua intervista al
Wall Street Journal in cui ha spiegato che "
il posto di lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso sacrifici". Inutile la sua successiva precisazione che "il diritto al lavoro non è mai stato messo in discussione", bensì lo è quello "del singolo posto di lavoro", mentre rimane la tutela del lavoratore. Un fuoco di fila si è aperto sul ministro dal sindacato, dalle forze di opposizione dentro e fuori il Parlamento. Dalle lacrime in conferenza stampa all'intervista al Wall Street Journal. In sette mesi da ministro il titolare del Lavoro, Elsa Fornero, più volte con le sue parole ha innescato commenti, repliche, dibattiti. Presa di mira anche dalla satira, nel bersaglio anche delle caricature in tv (lei stessa a un convegno ha precisato: "Mi dicono maestrina, o anche professorina, sono professore all'Università di Torino") Elsa Fornero spesso ha acceso vivaci discussioni. L'ultima per la frase al Wall Street Journal, in rotta di collisione con la Costituzione, sul posto di lavoro che "non è un diritto". A dicembre la riforma, dura, delle pensioni: in una affollata conferenza stampa il ministro non riesce a finire la parola "sacrificio", si interrompe con un nodo alla gola ed un accenno di pianto: una istantanea di umanità, in contrasto con una immagine di freddezza, che le resta incollata addosso come un marchio indelebile. Nel lungo e acceso dibattito sulla riforma del lavoro è una parola stonata, rispondendo sul tema delle risorse da quantificare per il nuovo sistema di ammortizzatori sociali, ad alzare un polverone: fin quando il sindacato resta in trincea sul no "perché dovremmo mettere una paccata di miliardi?". Acceso anche il dibattito sui giovani. Che "sanno troppo poco. Non conoscono le lingue, l'italiano compreso e neanche i rudimenti della matematica. Non sanno fare di conto". Fino ad entrare nel dibattito sul posto fisso; "vuol dire fare promesse facili, dare illusioni". In linea con il tema, alza un vero polverone il viceministro del Lavoro, Michel Martone, quando dice che "laurearsi dopo i 28 anni è da sfigati". Sulla riforma del lavoro è il nodo dell'articolo 18 a far alzare puntualmente barricate, a partire dal "non ci sono totem" sottolineato da Elsa Fornero già nella sua prima volta intervista sull'argomento. Sul problema dei cosiddetti esodati é il nodo delle cifre, e la contraddizione tra dati diversi, a scatenare polemiche per la mancanza di chiarezza sul numero di persone effettivamente coinvolte. Altro tema caldo la "possibilità di licenziare" anche nella pubblica amministrazione, con la secca replica della Cgil: "Non ha chiaro il titolo del suo ministero: è a capo del dicastero del Lavoro, non di quello dei licenziamenti!".