Come forse avrete già notato, io amo la storia. La amo profondamente, e quest’anno, dopo aver passato l’esame sulla storia dell’arte dal rinascimento fino al settecento, sono molto molto più fissata sugli usi e costumi di quest’epoca, in particolare sulla corte papale. Intrighi, figli illeggittimi, litigi con artisti e altre teste coronate, simonia e indulgenze concesse a piene mani, insomma, c’è da ricavarci una serie tv che al confronto Beautiful è la normalità della vita. Per questo, dopo The Crimson petal and the white, (tratto dal bellissimo libro “Il Petalo cremisi e il bianco” di Michel Faber) mi sono immersa in una nuova serie tv: The Borgias.(se a qualcuno piacciono i manga, trovate anche il fumetto chiamato “Cesare,il creatore che ha distrutto” sulle vicende del giovane Cesare Borgia all’università di Pisa, in collaborazione con docenti di storia del rinascimento dell’ Università di Pisa, molto bello, ve lo consiglio caldamente.)
Cesare il creatore che ha distrutto. Fonte: www.sushibar.myblog.it
Detto questo, la mia attenzione massima è perennemente sui costumi, e da quì è nata l’idea di fare un piccolo post sull’abito femminile del rinascimento, parlandone però attraverso i personaggi femminili preferiti.
Cominciamo con l’amante ufficiale del papa Alessandro VI:
Giulia Farnese:
Capodimonte, 1474 – Roma, 23 marzo 1524 Dipinto di Raffaello
Soprannominata dai contemporanei “Giulia la Bella”, ha fatto letteralmente ossessionare Rodrigo Borgia, fino al punto di minacciarla di scomunica se fosse tornata dal marito contro il suo volere. Moglie di Orso Orsini, amante del papa fin da quando aveva quattordici anni, riuscì a rimanere sempre sulla cresta dell’onda, tant’è che, quando Giuliano della Rovere divenne papa, riuscì a far sposare la sua unica figlia, Laura, con un nipote del Della Rovere.
Per quanto riguarda il suo abito avrete sicuramente già notato l’ampio scollo a barca, in uso in quel periodo. La moda rinascimentale valorizza la bellezza e l’armonia del corpo, a differenza di quanto avverà nella seconda metà del ’500; le maniche si portano ampie, e sono dotate di ampi tagli da cui far “sbuffare” la biancheria sottostante, che doveva essere perennemente candida: un segno di distinzione e ricchezza, visto che non molti potevano permettersi di mantenerle sempre bianchissime. Un’altro particolare distintivo sono le maniche: se notate bene, si scorge un laccetto spuntare da dietro la manica destra, all’epoca non si usavano i bottoni e le maniche erano intercambiabili, questo perchè erano decorate con perle e fili d’oro, tanto da essere parte integrante dei corredi e da dover essere conservate nei forzieri tanto era il loro valore economico. La parte verde dell’abito si chiama soprana, e veniva indossato sopra il sotone, insieme componevano la gonnella o camora, che, molto spesso, presentava degli spacchi dalla vita in giù per mostrare la veste sottostante, ovviamente, realizzata in colori e tessuti diversi dalla parte superiore. La cintura è sempre molto semplice, ma viene portata più in alto del punto vita naturale.
Passiamo ora ad un altra amante del papa (sempre Rodrigo) e madre di quattro dei suoi figli: “Vannozza” Giovanna de Candia, contessa dei Cattanei. Maitress di una bella taverna d’alto bordo, con tanto di ragazze disponibili per gli uomini più ricchi e potenti di Roma, Vannozza mise al mondo Giovanni, Cesare, Lucrezia e Goffredo, tutti riconosciuti e manipolati nell’età adulta dal loro paparino Rodrigo, a maggior gloria dei Borgia. Purtroppo il destino di Vannozza è più infelice di quello di Giulia: esiliata dal papa ai margini della famiglia (il suo interesse per Giulia aveva eclissato l’ascendente di Vannozza sul papa) non potrà partecipare a nessuno dei quattro matrim0ni della sua unica figlia femmina Lucrezia, e tutti i suoi figli la precederanno nella tomba. In quanto ai suoi di matrimoni, invece, (pur essendo l’amante del papa aveva bisogno di un marito ufficiale, che preservasse le apparenze, gentilmente forniti sempre dal nostro amico Rodrigo) riuscì a seppellire tre dei suoi quattro mariti entro i quarantaquattro anni, mentre l’ultimo, Carlo Canale, fù forse l’unico a cui Vannozza si affezzionò tanto da dargli un figlio.
(1442 – Roma, 26 novembre 1518)
In questo ritratto potete notare meglio quanto la camicia sottostante sporgesse dall’abito, e quanto gli scolli fossero “poco casti”. La bellezza ideale in questo periodo si trasforma: non più donna magra, minuta, ma rotonda, matura e opulenta, ad incarnare tutta la bellezza della vita.
Come potete notare, il suo gioiello è molto simile a quello di Giulia Farnese (con la cui suocera non andava molto d’accordo, visto che favorì e creò le situazioni tali per il concubinaggio tra Rodrigo e Giulia), il gioiello più diffuso all’epoca era composto da un conrdoncino d’oro, solitamente accompagnato da un rubino al centro e completato da perle a forma di pera. Nella mano destra la nostra Vannozza stringe dei guanti: in questo periodo sono molto amati, e vengono indossati come “vezzo” dalle signore.
Spero che questo piccolo viaggio nel “dietro le quinte” del rinascimento ufficiale vi sia piaciuto,
appuntamento al prossimo post,
ele.
P.S.: (sò di avervi promesso un post sulle magie di photoshop applicato alla moda, ma essendomi procurata una distorsione al pollice facendo kendo, non potrò usare la tavoletta grafica per tot di tempo….abbiate pazienza, e continuate a seguirmi, presto vi darò grosse soddisfazioni!)
COMMENTI (2)
Inviato il 06 novembre a 17:42
"e tutti i suoi figli la precederanno nella tomba." Hai fatto un grave errore. Non è vera la tua affermazione. Vannozza è morta nel 1518, mentre Lucrezia è morta nel 1519 quindi la figlia di Rodrigo era l'ultima Borgia rimasta in vita
Inviato il 03 settembre a 00:22
Ciao,
leggo per caso. E' un bel post, sobrio, e hai delle passioni davvero interessanti, sicuramente notevoli rispetto alla media. L'unico neo è rappresentato dalle imprecisioni di grammatica e sintassi. Se non fosse per questo, sarebbe tutto perfetto, e non è cosa comune. Sarebbe un vero peccato se decidessi di non porvi rimedio.
Un sincero saluto, e ancora complimenti,
Minerva.