Magazine Cultura

La risposta è nella storia

Da Marcofre

Più ci penso, e più concludo che è sbagliato chiedere a un autore che cosa pensa. Le risposte sono nelle sue pagine, nelle storie che scrive, e basta.

Da decenni, forse da sempre, si desidera che un autore parli. Dica una parola forte, intelligente sulla vita, la società, e l’universo mondo. Costui (o costei) non si tira mai indietro. E molti lettori ne sono felici: peccato solo che non dicano quasi mai nulla di interessante.

Credo di aver già parlato di questo argomento in passato. È il testo che parla, lì c’è già tutto, e il resto è solo chiacchiericcio. Qualcosa del genere capita quando si chiede a un autore:

“Ci parli della sua opera”

Ma come.
Non è sufficiente aver sviluppato l’ulcera per venire a capo della storia? Occorre pure preparare la pappetta perché altrimenti il lettore non digerisce?

L’autore di rado è in quello che dice, ma quasi certamente è in ciò che scrive. Lì si può interrogarlo, e le sue risposte sono affidabili. Perché ci ha impiegato tempo ed energie per venire a capo della storia.

Il lettore non sa che la pagina se scritta con ambizione, contiene tutto, e non è necessario aggiungere altro. Viceversa, quando si chiede un giudizio su questo o quello è perché si ritiene che la storia in particolare, e la narrativa in generale, non siano una faccenda seria. Ha quindi bisogno di una specie di ricostituente, una cura vitaminica fatta appunto di dichiarazioni, prese di posizione e altro ancora. Ma questa è la conseguenza di una totale mancanza di ambizione da parte del lettore, del tutto incapace di trovare valore ed efficacia nella pagina, e nella parola.

Per questo vorrebbe trovare queste cose al di fuori di essa.

Educato a pensare che puntare all’arte è ridicolo, e che solo nei grandi numeri ci sia la verità, costui vede sempre e solo la superficie. Non sa, o forse non desidera sapere, che c’è un mistero. Ha accettato la versione del sistema che dice che è tutto qui. Che tutto è arte (affinché nulla lo sia), e che la pittura e la scrittura o la scultura hanno un senso solo se sono utili.

A questo punto è evidente che importano solo i grandi numeri, e se qualcuno afferma per esempio di essere interessato a dare del tu all’arte, e basta, è ridicolo.

Diventa allora importante stanare l’autore e fare in modo che esca allo scoperto, dica come la pensa: di solito pensa sempre qualcosa di piuttosto banale, ma che di certo troverà i suoi tifosi. Se c’è qualcosa di cui non c’è affatto penuria, sono proprio i tifosi.
Ma l’obiettivo è stato raggiunto: la storia, e l’arte che contiene, sono state offuscate.

Missione compiuta.


Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog