La vita, la storia, la morte e la risurrezione di un’azienda del milanese. Il progetto dei cassintegrati Maflow per il rilancio del sito industriale, sotto il segno dell’ecologia. Nasce Ri-Maflow, specializzata in riciclaggio di componenti tecnologici. Occupazione, autogestione, protesta, e un grande sogno: tornare a lavorare.
L’hai vista nascere, crescere e dopo lunghe sofferenze morire. La vita dell’impresa in cui hai lavorato fino ad oggi ti scorre davanti agli occhi, come in un film. E ti domandi come sia possibile che tutto finisca qui. Ti domandi cosa verrà dopo…
Nascita e crescita
La società nasce nel 1973, si chiama Murray. I suoi clienti sono case automobilistiche a cui fornisce elementi per impianti di servosterzo e tubi di freni, frizione, benzina. Un mercato in espansione, un roseo futuro davanti agli occhi. Infatti dopo qualche anno Murray entra anche nel campo della progettazione e costruzione di componenti per il condizionamento auto. Nel 1999, all’età di ventisei anni, viene acquistata dal gruppo Manuli Rubber, cambia nome, prende quello di Manuli Automotive Components. Nel 2004 il ramo d’azienda automotive viene scorporato e ceduto al fondo di ‘private equity’ Italian Lifestyle Partner, promosso da Hirsch & Co.
Sotto il nome di Maflow raggiunge nel 2007 il suo massimo stadio d’espansione: è una multinazionale a capitale italiano con un know-how di trentaquattro anni e ben 23 stabilimenti in Europa, Americhe e Asia. Tutto sembra andare per il meglio.
Declino e morte
L’11 maggio 2009, a dispetto dell’apparente stato di grande salute dell’azienda (che solo a Trezzano da lavoro a circa 320 persone) il Tribunale di Milano dichiara Maflow in stato di insolvenza. Si parla di circa 300 milioni di debito come risultato di operazioni finanziare, gestionali e amministrative “discutibili”. Dal 30 Luglio 2009 la società è commissariata. Inizia la fase di Amministrazione Straordinaria e appare subito chiaro che il salvataggio dell’azienda può avvenire solo attraverso l’acquisizione della stessa da parte di un’altra società.
Dopo circa un anno e mezzo di Amministrazione Straordinaria, quando lo stabilimento di Trezzano ha ormai perso la quasi totalità delle commesse dei propri clienti, il gruppo polacco Boryszew compra Maflow. Il 2 ottobre 2010 parte Maflow Boryszew con soli 80 dipendenti su 320 (a Trezzano).
I rimanenti 240 dipendenti rimangono in cassa integrazione straordinaria e continuano la lotta iniziata nel 2009, questa volta per riportare in azienda le molte commesse perse nell’ultimo anno (soprattutto di BMW, che rappresentava l’80% del fatturato) nella speranza che Maflow Boryszew cresca e possa riassumerli.
Ma non c’è niente da fare. A dicembre 2012, dopo i 2 anni obbligatori per contratto, senza avere mai attuato una strategia di rilancio dello stabilimento, dirottando meschinamente le commesse riconquistate dalla lotta dei cassintegrati in altri stabilimenti del gruppo, Boryszew chiude anche l’ultimo residuo di Maflow a Trezzano.
Maflow è morta.
Risurrezione
Fortunatamente i cassintegrati sono riusciti a vedere più in là del fallimento. Già da prima che il gruppo polacco chiudesse definitivamente i battenti, dopo mesi di lotte per il rilancio di Maflow Boryszew e di ricerche senza successo di un nuovo lavoro, si insinua fra i cassintegrati l’idea di costituire una Cooperativa, una Società di Mutuo Soccorso. Con il sogno di un nuovo futuro, per tutti. Nell’estate del 2012 viene individuato il settore in cui la Cooperativa debba lavorare: quello del riciclo dei rifiuti, soprattutto (ma non esclusivamente) tecnologici. Come possibile collocazione i lavoratori scelgono il sito di Trezzano (attualmente proprietà di Unicredit), sapendo che la fase ‘polacca’ di Maflow è vicina alla fine.
L’idea diventa più concreta e credibile a settembre 2012, quando anche il centro per l’impiego AFOL Sud Milano di Corsico istituisce un ulteriore intervento di formazione e di supporto per il particolare percorso imprenditoriale intrapreso dai cassintegrati. A fine anno anche Regione Lombardia prende in considerazione la loro idea nell’ambito del proprio progetto di “Impresa Sociale come rescue-company”.
La risurrezione di Maflow passerà per il riciclaggio e l’autogestione.
Il progetto Ri-Maflow
Eccoci ai giorni nostri. Maflow ha chiuso, mandando a casa 320 persone decise a prendere in mano le redini del proprio futuro lavorativo. “Questa fabbrica non appartiene né a Boryszew né a Unicredit – ci raccontano i cassintegrati durante un’intervista – ma a tutti noi lavoratori e lavoratrici Maflow che ci abbiamo lavorato per anni. Dovrebbe essere affidata a noi come risarcimento sociale e noi lo rivendichiamo”.
I lavoratori chiedono a Unicredit una parte dei capannoni in comodato d’uso per l’avvio della cooperativa. “La partita non è affatto chiusa con la fuga del polacco. Non vogliamo che questo sito industriale sia il teatro di una speculazione edilizia. Vogliamo intraprendere una strada di autogestione e produzione per garantirci un reddito, e vogliamo farlo subito”. I cassintegrati si sono uniti ad altri lavoratori espulsi dall’azienda ‘Novaceta di Magenta’, con cui hanno condiviso negli anni un percorso di lotta. “Condividiamo questa sfida anche con dei giovani, che pertecipano al progetto di cooperativa autogestita e che ci aiuteranno sia sul piano tecnico che materiale, a partire dall’autofinanziamento”, spiegano i cassintegrati.
Ri-Maflow potrebbe lavorare già da oggi, guadagnando dal trattamento in loco degli stessi rottami che il gruppo polacco Boryszew ha lasciato alle proprie spalle, ma manca l’accordo con la proprietà del sito: Unicredit. ”Se Unicredit ci concede i capannoni in comodato d’uso fa un grande affare – spiegano i lavoratori – perché con noi il sito industriale verrebbe preservato, sistemato e salvaguardato anche a loro vantaggio”. Nel frattempo i lavoratori occupano la loro vecchia fabbrica, rivendicando la solidezza del progetto industriale.
Questa è Ri-Maflow: Ri-nascita, Ri-uso, Ri-ciclo, Ri-appropriazione, Ri-volta, Ri-voluzione, e anche una maniera per dire “ecco di nuovo la Maflow, è risorta”.
di Marco Nurra | @marconurra
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