“C’è una storia, famosa negli ambienti zen, che parla di un fiore. Un giorno il Buddha mostrò un fiore a un’assemblea di 1250 monaci e monache. Per molto tempo non disse nulla. L’uditorio restò in perfetto silenzio. Tutti sembravano intenti a riflettere, cercando di capire il significato recondito del gesto del Buddha. Poi, d’un tratto, il Buddha sorrise. Sorrise perché uno dei presenti aveva sorriso a lui e al fiore. Il nome di quel monaco era Mahakashyapa. Era stato l’unico a sorridere; il Buddha sorridendogli di rimando disse: “Ho un tesoro di saggezza e l’ho trasmesso a Mahakashyapa.”
Questa storia è stata oggetto di discussione da parte di molte generazioni di studenti Zen, e ancor oggi si continua a ricercarne il senso. Per me, il significato è molto semplice. Quando qualcuno solleva un fiore e ve lo mostra, vuole che voi lo vediate. Se non smettete di pensare, perderete il fiore. La persona che non stava pensando, che era semplicemente se stessa, fu capace di un incontro profondo con il fiore, e quindi sorrise.
Ecco il problema della vita. Se non siamo noi stessi fino in fondo, se non siamo davvero nel presente, perdiamo tutto. Quando vi viene incontro un bambino sorridente, se siete nel futuro o nel passato oppure pensate ad altro, invece di essere lì, è come se il bambino non esistesse. Il metodo per essere vivi è ritornare a se stessi perché il bambino si mostri nella sua splendida realtà. Allora lo vedrete sorridere, e potrete stringerlo fra le braccia. Vorrei condividere con voi una poesia scritta da un amico che morì a Saigon a 28 anni, circa trent’anni fa. Dopo la sua morte si trovarono molte belle poesie composte da lui; questa mi colpì particolarmente. Sono pochi brevi versi, ma molto belli.Accanto allo steccato, silenziosa, sorridi col tuo incantevole sorriso.Resto senza parole, saturo dei suoni della tua bella canzone senza principio e senza fine. Ti saluto con un profondo inchino.Il poeta si rivolge a un fiore, a una dalia. Quella mattina, passando davanti a uno steccato, aveva visto quel piccolo fiore molto in profondità, e colpito da quella visione si era fermato a scrivere la poesia. A me piace moltissimo. Forse penserete che il poeta sia un mistico, per via dello sguardo profondo con cui vedeva le cose. Ma era una persona normale, come voi e me.Io non so come e perché fosse capace di guardare e vedere così, ma è esattamente il modo con cui pratichiamo la consapevolezza. Cerchiamo di essere in contatto con la vita e guardiamo in profondità mentre beviamo il tè, camminiamo, sediamo o disponiamo i fiori. Il segreto del successo sta nell’essere veramente ciò che si è, e quando siamo veramente ciò che siamo incontriamo la vita nell’attimo presente.” (Thich Nhat Hanh, La pace è ogni passo, Astrolabio)