(il seguente post è dedicato a Dany Verdesalvia, sperando che le piaccia.)
I ciclamini sono ormai andati in letargo e noi abbiamo scelto tra le cose giuste e quelle sbagliate, quel che è fatto è fatto e non ci starei più tanto a pensare. Sta di fatto che io, ora, sono qui che ciondolo nel vuoto e tu, tra poco, sarai di nuovo tra quelle che sono le ultime persone al mondo che vorresti dover incontrare ancora. Nello spazio vacante tra le nostre scelte (o non scelte?) aleggia il sospetto (che altri abbiano scelto per noi?) sul quale preferisco non indagare, e parecchi dubbi, i quali potrebbero dar origine a catene di pensieri infinite. Pensieri che ho deciso di non avere.
E invece mi piace restare in silente meditazione di sole e brezza e farmi carezzare dal fresco ricordo delle ultime ore passate in cucina, chez moi.
Deve essere divertente vederci da fuori, spiando di soppiatto. Mentre traffichiamo con alambicchi e formule, ognuno di noi, immerso in progetti densi.
Con le mani in pasta, pasticcio libero. Esercizi di fantasia. Così occupati che non importa che tempo fa fuori. Fuori, per inciso, diluvia. Sui panni stesi, sulle mamme con i bambini usciti da scuola e sui cani randagi.
Mentre piove questa primavera volubile, ognuno di noi, avvolto nella sua musica, si muove in un respiro unisono e silenzioso.
Diversi e vicini.
Lontani e simili.
Il tintinnio della frusta nella bastardella, frusciar di farina, sgusciar di uova. Impastando pensieri, coccolando sogni ambra come miele, croccanti come nocciole.
Ognuno per conto suo ma non da solo. Ognuno di fronte a se stesso ma intrecciato agli altri in questa danza lenta e sinuosa. Fiori di una stessa siepe.
Ed io ho bisogno di voi.
A te non ti ci vedo a ciondolare nel vuoto, invece ti vedo bene martire, con la tua faccia stanca e il sorriso enigmatico.
A volte capita così, che le cose giuste poi magari erano quelle sbagliate ed ogni cosa sbagliata, in fondo, era anche un po’ quella giusta. Per saperlo bisognerà vivere, sperando di non capire tutto con chiarezza quando sarà già troppo tardi.
Il silenzio è una musica che merita molta attenzione e, ad ascoltarlo, si potrebbe arrivare in tempo.
Se non fosse che sono arrabbiata. Diresti che non ne ho motivo ma io insisterei. E in ogni caso non mi interessa nessun condizionale : non cosa DIRESTI o cosa FARESTI; con un preciso indicativo presente, sprezzando l’assenza di coraggio, ecco: IO SONO. ARRABBIATA.
Ma ciondolo, che me ne importa?
Guarda il “Quattro quarti” alle gocce di cioccolato dell’Equador di Max: un disastro! Tre errori tre quando uno solo sarebbe bastato per ottenere un fallimento. L’aspetto del cake è misero e triste, afflosciato su sé stesso, implora perdono ma non spera in una fine men che ingloriosa.
Ma io ho una strana convinzione. La convinzione che le cose sbagliate nascondano qualcosa di giusto e che quelle giuste, anche se sembrano sagge, spesso sono solo banali e noiose.
In base a questo principio, affetto il povero cake stortino e mal cotto e faccio dorare le fette su entrambi i lati. Dolcemente.
Si scoprirà che ho ragione io. Nessuno degli altri dolci è più sbagliato di questo ma un guizzo l’ha salvato ed ora è il più buono di tutti. Fette morbide dentro, dorate e appena croccanti fuori, succose di cioccolato, implose in una melodia di profumi indescrivibile. Questi sono i miei superpoteri, caro Iron man.
E mentre ciondolo i piedi nel vuoto non posso resistere ad un sorriso beffardo.
Se vi è piaciuta questa storia, non ancora conclusa, ne trovate l’inizio qui e poi qui.